Non baderei a mura
J398-F554
I had not minded - Walls - Were Universe - one Rock - And far I heard his silver Call The other side the Block -I'd tunnel - till my Groove Pushed sudden thro' to his - Then my face take her Recompense - The looking in his Eyes - But 'tis a single Hair - A filament - a law - A Cobweb - wove in Adamant - A Battlement - of Straw - A limit like the Vail Unto the Lady's face - But every Mesh - a Citadel - And Dragons - in the Crease - |
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Non baderei - a Mura - Fosse l'Universo - Una Rocca - E lontano sentissi il suo argenteo Richiamo Dall'altro lato dell'Ostacolo -Scaverei - finché la mia Galleria Si spingesse d'improvviso entro la sua - Poi il mio volto riceverebbe la sua Ricompensa - Guardarlo negli Occhi - Ma non è che un Capello - Un filo sottile - un cavillo - Una Ragnatela - tessuta col Diamante - Un Bastione - di Paglia - Un limite come il Velo Sul volto della Dama - Ma ogni Maglia - una Cittadella - E Draghi - in ogni Piega - |
Niente mi terrebbe lontana da lui. Se l'universo fosse una rocca con torri merlate e mura di difesa scaverei nella roccia fino ad incontrarlo. Ma ci dividono veramente mura, rocche, bastioni? O fra noi non ci sono che fili sottili, ragnatele - anche se adamantine -, bastioni di paglia? In realtà ciò che ci divide è molto sottile, come un velo che non cela il volto di chi lo porta, ma è un tessuto che inganna: "in ogni maglia - una cittadella - e draghi - in ogni piega". È un esempio di come ED sappia viaggiare nelle parole come in un ottovolante: inizia con rocche, bastioni, mura, gallerie sotterranee scavate nella roccia; plana sull'etereo: filamenti, ragnatele adamantine, fili di paglia, e poi ritorna elegantemente, ma inesorabilmente, all'origine, anche se lascia correre la fantasia con draghi e cittadelle.
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J474-F708
They put Us far apart - As separate as Sea And Her unsown Peninsula - We signified "These see" -They took away our Eyes - They thwarted Us with Guns - "I see Thee" Each responded straight Through Telegraphic Signs - With Dungeons - They devised - But through their thickest skill - And their opaquest Adamant - Our Souls saw - just as well - They summoned Us to die - With sweet alacrity We stood upon our stapled feet - Condemned - but just - to see - Permission to recant - Permission to forget - We turned our backs upon the Sun For perjury of that - Not Either - noticed Death - Of Paradise - aware - Each other's Face - was all the Disc Each other's setting - saw - |
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Ci tennero disgiunti - Separati come il Mare E la Sua incolta Penisola - Rivelammo "Questi vedono" -Ci strapparono gli Occhi - Ci sbarrarono la strada con Fucili - "Io Ti vedo" Ciascuno subito replicò Con Segnali Telegrafici - Con Prigioni Sotterranee - provarono - Ma attraverso i più spessi artifici - E la più impenetrabile Muraglia - Le nostre Anime vedevano - come prima - Ci chiamarono a morire - Con dolce alacrità Ci alzammo sui piedi inchiodati - Condannati - solo - a vedere - Salvacondotto per rinnegare - Salvacondotto per dimenticare - Noi voltammo le spalle al Sole A un tale spergiuro - Nessuno dei Due - badò alla Morte - Del Paradiso - consapevoli - L'uno dell'altro il Volto - fu il solo Disco Che l'uno dell'altro tramontando - vide - |
Una bellissima, solenne ode all'amore. Costruita con un crescendo (la separazione, gli occhi strappati, i fucili, la prigione, la condanna a morte e in ultimo la promessa della vita in cambio della rinuncia) senza strepito, con la solennità e l'andamento maestoso di un corale, con tesi via via più cruente e antitesi che reiterano il verbo "see" oltre ogni ostacolo. Solo nella penultima strofa non c'è questo verbo, ma è quella dove i due rinunciano insieme alla vita, voltando le spalle al sole pur di non rinnegare il loro giuramento. Molto intensi gli ultimi due versi, con il tramontare di due vite che sostituiscono al sole l'uno il volto dell'altro, come ultima immagine ancora una volta scandita dal "saw" finale.
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J550-F666
I cross till I am weary A Mountain - in my mind - More Mountains - then a Sea - More Seas - And then A Desert - find -And My Horizon blocks With sudden - blinding - Grains Of unconjectured quantity - As Asiatic Rains - Nor this - defeat my Pace - It hinder from the West But as an Enemy's salute One hurrying to Rest - What merit had the Goal - Except there intervene Faint Doubt - and far Competitor - To jeopardize the Gain? At last - the Grace in sight - I shout unto my feet - I offer them the Whole of Heaven The instant that we meet - They strive - and yet delay - They stagger - Do we die - Or is this Death's Experiment - Reversed - in Victory? |
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Attraverso fino a stancarmi Una Montagna - nella mia mente - Altre Montagne - poi un Mare - Altri Mari - E poi Un Deserto - trovo -E il Mio Orizzonte blocca Con improvvisi - accecanti - Granelli Di incalcolabile quantità - Come Piogge Asiatiche - Neanche questo - vince il mio Passo - Lo ostacola da Occidente Non più di come gli onori di un Nemico Chi si affretti al Riposo - Che merito avrebbe la Meta - Se non si frapponessero Un vago Dubbio - e un lontano Concorrente - A mettere a repentaglio la Conquista? Alla fine - la Grazia in vista - Incito i miei piedi - Offro loro l'Intero Cielo Nell'istante in cui ci incontreremo - Essi si sforzano - eppure indugiano - Vacillano - Moriamo - O è questo Esperimento di Morte - Tramutato - in Vittoria? |
Che cosa cerco attraversando gli ostacoli della mia mente (montagne, mari)? La chiave è al primo verso della quinta strofa "At last - the Grace in sight -" Ma il percorso interiore sovente finisce in un deserto, un desolato luogo senza risposte che impedisce, con i suoi improvvisi e accecanti granelli di sabbia (come fossero i monsonici acquazzoni asiatici) di guardare al di là dell'orizzonte. Ma io sono determinata, neanche questo deserto ferma il mio passo, è solo un ostacolo che proviene dalle terre dell'occidente, quelle terre che sono il simbolo della morte, dell'aldilà, che comunque non riescono a ostacolarmi più di tanto, non più di quanto le salve di saluto del nemico riescano a farlo per chi ormai si sta affrettando verso il meritato riposo (eterno?). D'altronde, che merito avremmo nel raggiungere la meta, se il suo raggiungimento non fosse messo a repentaglio da qualcosa, sia essa un dubbio o un concorrente che cerca di rubarcela? Ed ecco che, dopo tanti ostacoli, finalmente la meta, la Grazia, è in vista. Io incito i miei piedi a correre, a non fermarsi, a non tenere conto delle difficoltà, offro loro l'intera posta, nel momento in cui riusciremo a raggiungerla. Essi si sforzano, ma ancora indugiano, vacillano. Riusciamo infine nell'impresa: moriamo. Ed ecco i due ultimi, enigmatici, versi. La morte e la vittoria si confondono, non sappiamo più se la morte è cercata per vincerne la paura o magari per avere la conferma della grazia, o se la terribile, angosciante morte, che contiene in sé tutti i dubbi sulla grazia e sull'immortalità, non sia altro che il passaggio obbligato per accedere alla vittoria. Ho scelto due varianti: al verso 7: "sudden - blinding" al posto di "steady - drifting" ("costanti - vaganti"); al verso 23 "stagger" al posto di "perish" ("periscono").
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J1029-F1041
Nor Mountain hinder Me Nor Sea - Who's Baltic, Who's Cordillera? |
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Non mi ostacoli Montagna Né Mare - Chi è il Baltico, Chi è la Cordigliera? |
Come per molte altre, anche per questa poesia Johnson ipotizza l'invio di un fiore. Stavolta però non mi sembra ci siano elementi a favore di questa ipotesi. A me sembra piuttosto un voler affermare la propria libertà d'azione, per poi mitigarla con la possibilità che vi sia qualcuno capace di fermare questa volontà di libertà, magari con l'amore. L'interpretazione è sorretta anche dalla struttura formale dei versi: due di negazione seguiti da due di domanda, con una struttura speculare confermata dal Mare/Baltico del secondo e terzo e dalla Montagna/Cordigliera del primo e quarto.
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J1043-F1000
Lest this be Heaven indeed An Obstacle is given That always gauges a Degree Between Ourself and Heaven. |
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Affinché non sia questo il Cielo vero Un Ostacolo è dato Che sempre misura un Grado Fra Noi e il Cielo. |
È vana la nostra speranza di giungere alla comprensione del divino. Guardiamo in alto e ci illudiamo di vedere un cielo che contiene l'immortalità, ma è, appunto, soltanto un'illusione; quello che vediamo non è il cielo vero, dal quale saremo sempre divisi dallo spazio della ragione e del dubbio, due ostacoli che non possono abdicare al loro ruolo di razionali misuratori di tale distanza, magari un misero grado, ma per noi invalicabile.
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J1070-F991
>To undertake is to achieve Be Undertaking blent With fortitude of obstacle And toward EncouragementThat fine Suspicion Natures must Permitted to revere Departed Standards and the few Criterion Natures - here |
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Intraprendere è ottenere Sia l'Impresa unita Alla fermezza davanti all'ostacolo E verso l'IncitamentoQuel sottile Sospetto alle Nature deve Permettere di riverire I Modelli passati e i pochi Elementi del Criterio - qui |
L'inizio è ovvio, sembra una parafrasi di "volere è potere"; l'impresa dev'essere compiuta con fermo coraggio di fronte agli ostacoli e, soprattutto, ci deve suggerire che il dubbio connaturato alla nostra natura non deve impedirci di riverire e onorare i modelli passati (qui presumo che ED si riferisca alla religione, intesa come eredità che ci viene dai nostri padri) e, nello stesso tempo, quei pochi, più concreti modelli che sperimentiamo qui, ovvero nella nostra vita mortale. Si può dire che in questa poesia ED cerchi di trovare un punto unificante, che permetta di far convivere il dubbio connaturato in noi, la fede in un aldilà così insistentemente cercato nella storia dell'uomo e, infine, il rispetto per quello che ci è concesso dalla nostra vita mortale. Nello stesso tempo, l'utilizzo di due termini come "standard" e "criterion" associati al Cielo (se accettiamo i "modelli passati" come immagine della religione) e alla Terra ("here") e di "fine" riferito a "suspicion" fa pensare a una non equivoca scala di valori, che mette comunque al primo posto il dubbio. All'ultimo verso ho tradotto "Natures" con "Elementi" pensando anche alla variante "sources" delle altre due versioni.
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Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").
ierolli@hotmail.com
www.emilydickinson.it
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