FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 50
settembre/dicembre 2018

Aurora

 

HÉCTOR CAÑÓN HURTADO
Prima delle onde, l'acqua

di Alessio Brandolini



Héctor Cañón Hurtado è nato a Bogotá nel 1974, dove attualmente risiede, ma ha vissuto anche in Ecuador dove l’ho conosciuto nel giugno del 2015 e ricordo che mi parlava con fervore della natura e del contatto avuto con sciamani che vivono in boschi isolati su montagne quasi irraggiungibili. La sua raccolta Los viajes de la luz (2015) mi aveva sorpreso per la maturità, nonostante fosse il suo primo libro di poesia, “accontentandosi” l’autore per anni di viaggiare e di scrivere le sue poesie “come un pazzo / sul palmo della mano” e mi aveva colpito, inoltre, per una sottile ironia (il libro è dedicato, per esempio, ai “poeti inediti”) che a ben guardare deriva proprio dall’esperienza dell’uomo annodata in modo stretto al viaggio, alla fatica, al suo camminare per il mondo e, nel frattempo, anche in sé stesso o, meglio, dentro il senso di noi stessi, nell’uomo “straniero nella notte”, in luoghi lontani dalla propria casa lì dove “svaniscono le strade conosciute” e si procede tra paura ed enigma. Un viaggio “nella luce”, infatti, come detta il titolo del suo primo lavoro e, quindi, misterioso, umile e più basso (o più alto, dipende dai punti di vista), un percorso, comunque, in cui è indispensabile ridurre l’ingombro del proprio io se si vuole avanzare di qualche millimetro nella luce, nella verità.

In questo secondo libro, esiguo in confronto al precedente (sono 33 le poesie riunite), Antes de las olas, el agua [Prima delle onde, l’acqua] uscito nel 2016 e pubblicato dallo stesso editore (el Ángel Editor, del poeta Xavier Oquendo Troncoso), torna più nitido il discorso sulla natura e soprattutto sull’acqua, non a caso il libro è dedicato al fiume Palomino (Colombia, all’interno del Parco Nazionale “Sierra Nevada de Santa Marta”), ma c’è altresì la presenza di un mondo ancestrale, prima della parola, originario, lì dove le ombre afferrano visioni di morte, di violenza, dove gli uomini si mescolano tra di loro e non hanno sponde, né profilo: come un unico corpo, tra di loro e con tutto ciò che li circonda. Un richiamo, probabilmente, alla Mitologia Kogui (antico gruppo etnico della Colombia) quanto c’era soltanto “la madre mare” e la madre non era persona, né niente, né cosa alcuna “era Aluna, spirito di quello che sarebbe accaduto ed era pensiero e memoria”.

In Prima delle onde, l’acqua il fiume riflette i pianeti, li culla come se fossero i suoi pesci del cielo. Visioni, certo, ma che incendiano il reale, generano una musica di onde e di uccelli che regna senza affanno, visioni che tagliano in due il fiume Palomino (e quindi il tempo, il prima e il dopo), ne fanno un río “senza inizio né fine”. Quando si è osservati dagli occhi liquidi e vuoti del fiume, dicono i versi di Héctor Cañón, anche l’aria si riempie di acqua, si resta stupiti dai granchi azzurri e si ascolta quel flusso persino con gli occhi, la vita diventa uno specchio d’acqua, il desiderio si fa spuma e allora avviene uno scambio tra uomo e fiume: “C’è un fiume che sogna di essere un uomo / e un uomo che fluttua nella corrente”.




POESIE DI HÉCTOR CAÑÓN HURTADO
da Prima delle onde, l’acqua [Antes de las olas, el agua]
El Ángel Editor, 2016


SOMBRAS

He visto un animal
comerse a otro vivo en un instante,
he visto mis manos suplicándole al vacío
no regodearse en la danza de la muerte,
he visto mis ojos sedientos de río
y el horizonte ancho que refleja el cambio.

He visto los planetas de miradas cerradas,
he visto la semilla en el bosque de la mente:
dispuesta, radiante, como una ola sencilla
que se replica sin fin al amparo de los astros.

He visto a las sombras confundir los cuerpos
cuando hay solo una estrella en el firmamento.
He visto que no existe el tiempo un instante,
antes de la vida y de la muerte,
he visto mi sombra
ladrándole al río del día,
a la sal del aire,
a los barcos de cristal hundiéndose en el horizonte.


OMBRE

Ho visto un animale
divorarsene un altro vivo in un istante,
ho visto le mie mani supplicare il vuoto
non deliziarsi nella danza della morte,
ho visto i miei occhi assetati di fiume
e l’ampio orizzonte riflettere i mutamenti.

Ho visto i pianeti di sguardi chiusi,
ho visto il seme nel bosco della mente:
disposta, radiante, come una semplice onda
che si replica all’infinito al riparo degli astri.

Ho visto le ombre confondere i corpi
quando c’è solo una stella nel firmamento.
Ho visto che non esiste il tempo un istante,
prima della vita e della morte,
ho visto la mia ombra
abbaiare al fiume del giorno,
al sale dell’aria,
alle barche di cristallo che sprofondano nell’orizzonte.


EL CIELO Y EL RÍO

La piedra del fondo
viaja aún más rápido
que las esbeltas nubes.

Donde dos espejos se miran
desaparecen las orillas.

Nunca estuve aquí
aunque no me hayas visto,
dice el agua sin palabras.


IL CIELO ED IL FIUME

La pietra del fondo
viaggia in modo più rapido
delle slanciate nuvole.

Dove due specchi si osservano
scompaiono le sponde.

Non sono mai stato qui
benché non mi abbia visto,
dice l’acqua senza parole.


DOS GOTAS DE AGUA

La muerte reposa
en el musgo del fondo,
donde el silencio confiesa
cómo el agua une
dos gotas de agua.

La respiración del bosque
insiste siempre en su imperio
y algunas hojas se rinden a la corriente
mientras flotan en islas de mediodía.


DUE GOCCE D’ACQUA

La morte riposa
nel muschio del fondo,
dove il silenzio confessa
come l’acqua unisce
due gocce d’acqua.

Il respiro del bosco
insiste sempre nel suo impero
e alcune foglie si arrendono alla corrente
fluttuando in isole di mezzogiorno.


ANTES DE LAS OLAS, EL AGUA

Antes de las olas, el agua
y no hubo mar aquí para atestiguarlo.

Antes de la luna flotando en la corriente
los planetas corrían como un río.

Antes de la palabra el aire era claro
y no habían orillas en el cuerpo.

Antes del hombre, la semilla
y el árbol aún no soñaba pájaros.


PRIMA DELLE ONDE, L’ACQUA

Prima delle onde, l’acqua
e qui non c’è stato un mare per testimoniarlo.

Prima della luna che fluttua nella corrente
i pianeti correvano come un fiume.

Prima della parola l’aria era chiara
e nel corpo non c’erano rive.

Prima dell’uomo, il seme
e l’albero ancora non sognava uccelli.


AL ALCANZAR LA OTRA ORILLA

Al alcanzar la otra orilla
la sombra abandona al pájaro
volando más rápido que él.

Los ojos cruzan como canoa
tras la fragancia de su música.

El río es dos ríos sin principio ni final,
escribo
hasta que la música de la corriente
nos oye regresar.


RAGGIUNGENDO L’ALTRA RIVA

Raggiungendo l’altra riva
l’ombra abbandona l’uccello
volando più rapido di lui.

Gli occhi attraversano come canoe
dietro la fragranza della sua musica.

Il fiume è due fiumi senza inizio né fine,
scrivo
fin quando la musica della corrente
ci sente ritornare.


CUERPO DE BAMBÚ

El agua deja hoy al río
para cederle al viento la corriente:
una bandada borra con su vuelo las orillas.

El horizonte permanece intacto
y basta un pelícano para estar vivo:
las olas también son arena.

No hay hambre, sueño ni frío
mientras el cuerpo de bambú alimenta al aire:
su música es la coartada del testigo.


CORPO DI BAMBÙ

Oggi l’acqua lascia il fiume
per cedere il suo flusso al vento:
uno stormo col suo volo cancella le sponde.

L’orizzonte resta intatto
e basta un pellicano per sentirsi vivo:
anche le onde sono di sabbia.

Non c’è fame, sonno né freddo
mentre il corpo di bambù alimenta l’aria:
la sua musica è l’alibi del testimone.


EL AGUA REGRESA

El agua regresa
porque la orilla sabe
guardar su secreto.

Aunque hoy el viento tenga el oficio
de arrancarle pájaros al fondo del mar,
el río siembra su eco a los pies del bosque
como navegante en tierra
que aún no sabe cuándo vuelve a zarpar.

Aunque más tarde el hombre abandone
al viento en su incierto destino
mientras escribe olas sonámbulas,
el río revela
que el agua en el agua es corriente y orilla.


L’ACQUA RITORNA

L’acqua ritorna
perché la sponda sa
mantenere il suo segreto.

Anche se oggi il vento ha il compito
di strappare uccelli dal fondo marino,
il fiume semina la sua eco ai piedi del bosco
come navigante in terra
che ancora non sa quando tornerà a salpare.

Anche se più tardi l’uomo abbandonerà
al vento il suo incerto destino
mentre scrive onde sonnambule,
il fiume rivela
che l’acqua sull’acqua è corrente e riva.


HAY PLANETAS FLOTANDO EN EL RÍO

Hay planetas flotando en el río,
hay un río hablando de prisa
como si estuviéramos muriendo
y un hombre soñando la corriente
de su reflejo en el cielo.

Hay hojas en la corriente del río.
Hay también un hombre
un río
y planetas en la corriente del hombre.

Hay un río soñando que es hombre
y un hombre flotando en la corriente.


CI SONO PIANETI CHE FLUTTUANO NEL FIUME

Ci sono pianeti che fluttuano nel fiume,
c’è un fiume che parla in fretta
come se stessimo morendo
e un uomo che sogna la corrente
del suo riflesso nel cielo.

Ci sono foglie nel flusso del fiume.
C’è anche un uomo
un fiume
e pianeti nella corrente dell’uomo.

C’è un fiume che sogna di essere un uomo
e un uomo che fluttua nella corrente.


SIEMPRE EN EL RÍO

Las islas son silencios del agua
y el reflejo de los peces del río
es una bandada de pelicanos.

Al mar lo sacude el humor de los planetas
y cada ola lleva el aliento de Dios
desde su fondo a nuestras costas.

Las penas son como el cuerpo
que pierde importancia en el agua
y la vida del hombre
–si es vida–
atardece siempre en el río.


SEMPRE NEL FIUME

Le isole sono silenzi dell’acqua
e il riflesso dei pesci del fiume
è uno stormo di pellicani.

Il mare è scosso dall’umore dei pianeti
e ogni onda porta l’alito di Dio
dal suo fondo alle nostre coste.

Le pene sono come il corpo
che nell’acqua perde importanza
e la vita dell’uomo
– se è vita –
imbrunisce sempre nel fiume.


RÍO PALOMINO

Los planetas
son peces del cielo.

Esta noche vinieron todos
porque sienten curiosidad
de mirarse en un mar en reposo.

Las olas continúan trabajando
y su música
es luz en las orillas.

Hace calor.
El árbol no da sombra
y sus hojas están tan calladas
que oímos el pulso azul de los planetas
flotando en la corriente
y los secretos que la orilla
guarda del agua.


FIUME PALOMINO

I pianeti
sono pesci del cielo.

Questa notte sono venuti tutti
perché spinti dalla curiosità
di vedersi in un mare in riposo.

Le onde continuano a lavorare
e la loro musica
è luce sulle sponde.

Fa caldo.
L’albero non dà ombra
e le sue foglie sono così silenziose
che sentiamo il polso azzurro dei pianeti
che fluttua nella corrente
e i segreti che la sponda
conserva dell’acqua.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Héctor Cañon Urtado
è nato a Bogotá, dove attualmente risiede, nel 1974. Ha pubblicato articoli sui principali periodici e riviste del Messico e della Colombia. Finalista più volte a premi di giornalismo e un suo articolo è stato pubblicato in un lavoro collettivo di cronache bogotane.
Ha pubblicato i libri di saggi En la intimidad de sus bibliotecas e Hazañas colombianos.
Con la casa editrice ecuadoriana El Ángel ha pubbicato le raccolte poetiche Los viajes de la luz (2015), Antes de las olas, el agua (2016) e Cuarteto Elemental (2018) con il quale ha vinto il Premio Internazionale di Poesia “Paralelo Cero” (Ecuador).
Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue.


alexbrando@libero.it