Quali scaturigini profonde ha il web sulla nostra vita, al di là di quelle che razionalmente, nel pro e nel contro, ci vengono servite sul piatto politicamente corretto della grande – e ufficiale – comunicazione? Che cosa si nasconde dietro i rapporti di potere, dietro le violenze non materiali di selezionatori che decidono la vita di non più giovani che cercano disperatamente di rientrare in quel mercato, sottoposti talvolta al macello della insensatezza? Che cosa si nasconde dietro il non senso e il dolore taciuto di chi passa il tempo tra cure, analisi, ricoveri nella speranza di una vita un po’ meno tribolata? Voglio distruggere il sito ed altri racconti di Andrea Giuseppe Graziano (Roma, 1966), tenta una risposta. La realtà non può essere ridotta ad una serie di byte. Non solo. Il tramonto della religione, almeno in apparenza, non ha liberato l’uomo, anzi. Lo ha preparato a subire passivamente i derivati e i necessari sostituti dell’altrove in un qui tangibile e visibile, quindi, per forza, reale. Materia, merci, a buon prezzo, per giunta. Tutto, assieme ai prezzi, scende, si priva di valore, diventa un pezzo inanimato da consumare per la scossa subitanea, un orgasmo delle papille gustative, degli occhi, del corpo. E poi?
Il racconto lungo che dà il titolo al libro parte dalla creazione di un sito letterario che si rivela gradualmente palestra di narcisi, di aggressività vestita di cultura esibita, rappresa in pulsione di difesa preventiva, ritorsioni e schermaglie per un like o una gratificazione di massa. Ma la realtà si affaccia sulla scena sotto forma di malattia e di morte. Soprattutto a questo punto emerge la grande attenzione di Graziano, vissuta in prima persona, per la dimensione del sacro, che è qualcosa di più di una appartenenza religiosa. È la riappropriazione di una necessità che alcuni hanno tentato di sottrarre all’uomo. Non gli si può togliere il nutrimento, che non è solo materiale, perché dietro il rischio del non nutrimento è la morte, dentro e fuori, due parole ormai insufficienti per descrivere la complessità dell’essere e l’interdipendenza tra le due approssimative categorie. Questo è l’errore compiuto attraverso i secoli, e non è vero che sia stato l’illuminismo sensista a compierlo, sarebbe profondamente ingiusto e riduttivo, come dire che tutti gli uomini di sinistra sono marxisti ortodossi: è vero in parte, ma non è la sola verità.
Gli errori ed orrori di un web inteso come guerra di tutti contro tutto e creazione di false – e illusorie – alleanze derivano da questa falsa partenza, perché internet è il prodotto anche di una concezione meccanicistica e riduttiva dell’essere. È questo uno dei punti che fanno di Voglio distruggere il sito un’opera davvero nuova e dirompente. Il presente è frutto del passato, nel bene e nel male. Presente è per questo persistenza di elementi arcaici messi in mora da visioni del mondo ancorate ad una razionalità puramente ideologica e non sostenuta da nessun vero approfondimento della abissale natura umana. L’amore come fascinazione primigenia, che ai nostri occhi socchiusi dalla rassegnazione, dall’ironia e dal senso del ridicolo, appare come residuo inattuale. E in realtà rivela la persistenza di Laure e Beatrici oltre il contingente, a dimostrazione della loro continua energia archetipa anche dopo il secolo breve e i suoi indicibili orrori. Il dolore non è inteso come scivolamento penoso verso il nulla, come in parte accade in una letteratura ancorata ad un nichilismo senza età, ma come rivelazione del vero volto dell’esistenza, in una riappropriazione non retorica del viaggio dantesco verso la grande luce: “Mi avvicinai a una luce che poteva essere un cerchio giallo e vidi ‘l’Io come Io’, la mia immagine fusa nell’impronta della Sostanza Divina”.
Voglio distruggere il sito mostra il collegamento tra il qui e ciò che non si avverte immediatamente, tra l’ombra e la luce, in cui le tecniche narrative non sono articolate per un aggiornamento di contenuti. Il religioso non è attaccato meccanicamente alla realtà, grazie anche ad un linguaggio in cui si fondono la visione del mondo – se pure ce ne è una – di chi ha in mano un potere con le ore contate, tanto sono veloci le trasformazioni del mercato, di chi affronta per l’ennesima volta l’inquisizione dei selezionatori che se ne ridono della pietas come di una foto ingiallita che mostri abiti talmente sorpassati da essere ridicoli, di chi tenta di nuovo parole che sappiano di emozioni non dettate da quel mercato che tutto regola, anche se non riusciamo a capirlo.
Graziano, che ha alle sue spalle importanti raccolte poetiche (è il caso di ricordare Dei silenziosi bui e Stanze critiche, ambedue edite da Aletti, più volte premiate dalla critica militante) riesce con la sua nuova fatica a parlare del presente senza cedere a mode, a tic espressivi, a tentativi di aggiornare il linguaggio uniformandosi alla Koinè attuale. È la manifestazione profonda di una letteratura che riesce a ritrovare antiche vene. L’acqua che ci serve per vivere non è né antica né moderna.
Andrea Giuseppe Graziano, Voglio distruggere il sito ed altri racconti, prefazione di Marco Testi e postfazione di Tonino Cantelmi, Edizioni Helicon, 2017, pp. 114, € 12, 50.
testi.marco@alice.it
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