FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 47
luglio/dicembre 2017

Mezzanotte

 

JEAN-LUC PARANT
Dello specchiarsi

di Viviane Ciampi



Poeta, pensatore e artista plastico, scrive da sempre testi sugli occhi e fabbrica – in quanto scultore – sfere d’ogni sorta: bolle, bocce, oggetti rotondi.
Conosce l’arte di se mettre en boule (appallottolarsi), l’arte degli éboulements (smottamenti), colleziona uova d’ogni sorta di materiale (legno, marmo, carta) e gioca con l’insaisissable (l’inafferrabile).
Qualcuno potrà dire che si tratta di una ossessione, di un gioco nevrotico ma è il tema centrale della sua opera e forse della sua vita. Così scivola dalla parola all’arte o dall’arte alla parola. In questo fa pensare a un altro artista che da una vita si occupa di nodi, ne studia i grovigli: l’artista in questione è Christian Jacquard che, intervistato dal poeta, drammaturgo, critico d’arte e intellettuale francese Bernard Noël, nel libro Roman de regard (Ed. P.O.L) dice: “Quando fai un nodo entri nell’infinito”. Ma per Parant l’infinito è una cosa così grande e inafferrabile, con movimenti talmente numerosi e continui che anche quando la terra si capovolge “non sentiamo nient’altro che l’addormentarsi della notte o l’alzarsi del giorno”.

Che Jean-Luc Parant, nelle sue introspezioni infinite fabbrichi bocce e scriva di occhi e cose rotonde perché il senso non gira più nel modo giusto? Che racchiuda qualcosa all’interno di quelle sfere? Angosce? Ricordi d’infanzia? Dolore? Non ci è dato sapere. O forse si tratta d’altro. Ne parla come quando ci si scambiano racconti davanti al fuoco. Difficile interromperlo tuttavia, foss’anche per una domanda, quando il pensiero si fa acuto e intricato. L’interlocutore deve seguire anche i gesti. Il dito del poeta-artista punta in alto, verso la luna (altra sfera!) che guarda caso fa capolino nel cielo di Nervi all’imbrunire, dove ci troviamo a convegno. Persino i passanti si fermano, incuriositi, ad ascoltare. Tutti guardano il dito puntato verso la luna. Penso, con irriverenza, che Parant vorrebbe forse misurargli perfino il giro della testa! Con fare sornione, occhi azzurri e maliziosi del bambino che era, che è stato, che è ancora adesso: “Fabbrico bocce per poter entrare nelle mie mani e andare laddove i miei occhi non vanno, dove non sono mai andato con loro, dove non mi ricordo di essere stato visibile. Per andare là, nella materia, nel mio corpo sulla terra. Scrivo testi sugli occhi per poter entrare nei miei occhi e andare laddove il mio corpo non va, dove non sono mai andato con lui, dove non mi ricordo d’essere stato toccabile. Per andare laggiù sulla pagina, nella mia testa, nello spazio”.

A ben riflettere, non si tratta né di un discorso indecifrabile né impermeabile al senso logico. Non siamo di fronte a combinatorie surreali ma dentro l’esperienza quotidiana di un artista visionario. E ci si addentra, con forza, in leggi terribilmente affascinanti e necessarie. Poiché tutto gira e “la terra gira senza che la sentiamo girare”.




Lo specchio cieco 1


1. DI FRONTE A NOI STESSI

Restiamo a lungo la stessa persona perché non vediamo noi stessi per intero. Molte parti del nostro corpo essendo a noi stessi del tutto invisibili, il bambino che eravamo, malgrado gli anni trascorsi, è profondamente ancorato in noi. È molto difficile cambiare per noi stessi soprattutto perché le parti di noi stessi che non vediamo sono quelle che ci permettono di essere riconosciuti. Non è diventando adulti che non ci riconosciamo più. Non vedendoci, laddove siamo riconoscibili, non potremo mai più riconoscerci.
Perché dovremmo vederci laddove non ci vediamo? Noi ci riconosciamo senza aver bisogno di vederci con gli occhi. Noi sappiamo chi siamo, non ci siamo mai persi di vista, poiché siamo incessantemente di fronte a noi stessi.
Se non ci vedessimo più per trent’anni, saremmo certamente molto cambiati, ma per noi medesimi che non ci siamo mai visti, e che siamo rimasti sempre inaccessibili ai nostri occhi, non saremmo cambiati così tanto. Se mi vedessi come mi vedono, forse non potrei riconoscermi. Se sento il mio corpo invecchiare, laddove non aveva male, nello sguardo dei miei occhi che non mi vedono, nulla s’è mosso. Non mi sono mosso, solo la terra ha girato ma non l’ho sentita girare. L’infinito è così vasto, i movimenti in lui sono così continui e così numerosi che anche quando la terra si ribalta e si rovescia, noi non sentiamo nient’altro che l’addormentarsi della notte o il levarsi del giorno.
Viviamo in una esplosione smisurata senza fine dove il silenzio è in se stesso il punto centrale dove il clangore è al culmine della rumorosità. Non udiamo niente, non sentiamo niente. I giri che fa la terra su se stessa e tutt’attorno al sole sono inaudibili. Percepiamo soltanto la notte che ci fa addormentare seguita dal giorno che ci sveglia. Solo l’autunno poi l’inverno, la primavera poi l’estate. Appena la pioggia e il vento, la neve e il temporale, le nuvole e l’azzurro del cielo, mentre ciò che gira e si rigira, si riavvicina e appare, s’allontana e sparisce. Come se fossimo noi stessi questa esplosione dove tutto nasce e muore incessantemente.
Non udiamo più niente, non vediamo più niente, non sentiamo più niente tranne il freddo poi il caldo, il giorno più lungo, la notte più corta. Il nostro corpo che si sdraia e si alza, che avanza e si ferma, che vede e non vede più, che tocca e non tocca più. Soltanto i rumori e i movimenti esterni più infimi ci rimangono percettibili. Tutto resta immobile nel vuoto infinito mentre la terra gira e avanza a una velocità inverosimile.
Se non vi fossero gli specchi per vedermi, sarei rimasto piccolo malgrado le mie gambe e le mie braccia che vedo e sono cresciuti. Abbiamo così tanta difficoltà a vederci in piedi, di fronte o di spalle che il nostro corpo ha cambiato misura senza che ce ne accorgiamo veramente. Così come la terra gira e percorre milioni di chilometri ogni giorno e ogni notte senza che ce ne accorgiamo veramente; milioni di chilometri che ci fanno avanzare nel tempo, aggiungendo giorni e anni alla nostra età.
Vedere la terra girare sarà anche vedere il proprio corpo intero invecchiare ogni giorno e ogni notte, ogni notte e ogni giorno?
Non vedo la terra girare per non vedere arrivare la morte, per non vedere la fine del mondo. Non posso vedere la terra girare, sono troppo vicino, sono nel suo movimento, giro con lei, esplodo nel sole.
Anch’io sono l’universo senza fine.
Se il nostro corpo è proprio il nostro, la terra appartiene a noi soltanto. Se non vediamo girare la terra sotto i nostri piedi, non vediamo affatto di più l’età del nostro corpo avanzare. Anche se il cambiamento dalla notte al giorno e dal giorno alla notte, dall’inverno alla primavera, dalla primavera all’estate, dall’estate all’autunno e dall’autunno all’inverno ci fa sentire i giri che fa la terra su se stessa e tutt’attorno al sole, non vediamo mai girare la terra. Anche se il cambiamento della misura dei nostri piedi e delle nostre mani, delle nostre gambe e delle nostre braccia, dalla più piccola alla più grande, ci ha fatto sentire la tensione del nostro corpo su se stesso e tutt’attorno a lui, non abbiamo mai visto il nostro corpo crescere. Non ci muoviamo, l’esplosione è così forte che siamo rimasti immobili.
È facile fare il confronto tra i movimenti invisibili che fa il nostro corpo per svilupparsi, crescere e invecchiare, a mano a mano che il tempo passa, e i movimenti sempre così invisibili che fa nascere la terra girando su se stessa e tutt’attorno al sole per creare il giorno e la notte, l’autunno e l’inverno, la primavera e l’estate: tutti quei movimenti che non vediamo compiersi sotto i nostri occhi e fanno avanzare il tempo.
Non ci vediamo crescere attorno a noi stessi così come noi non ci vediamo crescere attorno al sole. Se siamo in parte ciechi del nostro corpo grazie al quale esistiamo lo siamo anche della terra sulla quale viviamo.
Siamo all’interno di tutto ciò che non vediamo. Siamo all’interno dell’invisibile, all’interno della nostra testa, all’interno di tutti i pensieri, all’interno dell’infinito, interamente molto lontano nell’infimo.
Non vedo la mia testa, la tocco, non la tocco come le altre parti del mio corpo che vedo, la tocco nella notte, la tocco a tastoni nella splendente oscurità del sole che mi rischiara. Se non possiamo vivere senza la nostra testa che non vediamo, è perché siamo entrati interamente in essa e, senza di essa, saremo senza noi stessi.

Perché vederci noi stessi dal momento che non ci lasceremo mai? Finché potremo toccare ciò che non vediamo, neppure lo vedremo. Vedrò un giorno i miei occhi intoccabili? Vedere è poter non più vedere, è poter allontanarsi andando molto distanti. Gli occhi esistono solo grazie allo spazio senza fine che li circonda e nel quale tutto può comparire. Ciò che ci appare è destinato soltanto a scomparire. Se riuscissi a vedermi, non avrei nessuna possibilità di esistere più di un istante.
Mi vedo mani e piedi, braccia e gambe, vedo ciò che mi permette di vivere qui per spostarmi e poter afferrare e toccare ciò che mi circonda. Ma ho soprattutto bisogno della mia testa e dei miei occhi che non vedo per vivere qui naturalmente, ma non solo, per vivere anche altrove ovunque nell’universo. Senza le mie mani e i miei piedi, senza le mie braccia e senza le mie gambe, non potrei più vivere qui, ma senza la mia testa e senza i miei occhi, non potrei più vivere da nessuna parte. Potremo lasciare la terra sotto i nostri piedi, ma non la testa sulle nostre spalle.
Noi non ci vediamo, non ci siamo visti mai per intero, portiamo la nostra stessa scomparsa poiché noi siamo interamente ricoperti dallo spazio senza fine, e tutto ciò che non vediamo di noi stessi ci permetterà un giorno o una notte di percorrere questo spazio interamente.
Se non posso parlare della mia infanzia è perché sono sempre quel bambino. Non sono morto bambino. Non mi vedo e sono sempre quel bambino, sono sempre vivo in lui.
Il nostro corpo che è cresciuto ha sempre conservato in sé tutte le sue età. Non è perché abbiamo trenta o sessant’anni che non possiamo avere tre anni o quindici anni. Non sono né morto a tre anni né morto a quindici anni. Con il nostro corpo che si corica e si alza, che si alza e corica, con i nostri occhi che si aprono e si chiudono, che si chiudono e si aprono, attraversiamo tutte le età, non un giorno e una notte di più, non una notte e un giorno di più, non un giro e un altro giro di terra neppure. Noi percorriamo il tempo del nostro corpo, d’un giorno a una notte e da una notte a un giorno, d’un giro della terra attorno al sole a un altro giro e così incessantemente, come un lungo viaggio che ci porti ovunque nel nostro corpo.
Noi abbiamo avuto tre anni, dieci anni, ma quanti giorni e notti ce ne separano, quanti giri? Non ci sono che decine di giri attorno al sole che ci hanno allontanati dal bambinetto che eravamo. Non ci sono che decine di primavere e di estati, di autunni e d’inverni. Non ci sono che migliaia di giorni e di notti, nel movimento della terra mentre gira su se stessa, ad averci allontanati dal ventre del corpo nel quale ci siamo formati per divenire noi stessi un corpo con un ventre, braccia e gambe, mani e occhi, con una testa e un sesso. Non c’è che un movimento di spostamento smisurato, che un lungo e immenso viaggio nello spazio senza fine.
Eretto con la terra sotto i piedi, sotto al mio corpo sdraiato, sdraiato in piedi sul terreno, ho percorso milioni di chilometri. Milioni di chilometri mi separano da me bambino. Non mi vedo più perché mi sono perso di vista. Sono sparito attorno al sole nel movimento della terra attorno alla luce. Il fuoco mi ha consumato, ha bruciato tutto, la luce ha cancellato tutto.
Milioni di chilometri attorno al sole mi separano dal bambino che sono stato. Distanze immense me ne allontanano. Non ho potuto fermarmi e rimanere il bambino che sono stato poiché la terra gira e mi trascina con sé. Soltanto se la terra smettesse di girare su se stessa e tutt’attorno al sole, manterrei per sempre l’età che ho.
Come ritornare nell’infanzia: rifare il giro del sole in senso contrario un certo numero di volte fino a ritrovare l’inizio del viaggio attorno alla luce? Senza la terra come mezzo di locomozione, metteremmo milioni di anni per ritornare nel punto da cui siamo partiti.
Se non ci riconosciamo più, è perché non abbiamo mai più potuto ritornare da dove veniamo. Non siamo mai ritornati perché siamo andati troppo lontano. Non abbiamo nessuna macchina sulla quale potremmo salire, capace di farci fare il viaggio di ritorno senza mettere tanti milioni di anni per portarci laddove tutto è cominciato. Abbiamo lasciato tutto e nessuno mai ci rivedrà.
Non ci vediamo perché passiamo a una velocità incredibile davanti a noi? Il vuoto che ci circonda è così grande che il nostro corpo gettatosi in lui non può più smettere di cadere. Siamo partiti per sparire? Lo spazio è senza fine e poiché non possiamo fermarci, siamo condannati a sparire.
Non sarà che non vediamo noi stessi per intero per non aver da vederci crescere e mantenere in noi tutte le età attraverso le quali il nostro corpo ci ha fatto passare? Per mantenere in noi tutte le distanze percorse dal nostro corpo?
Più cresciamo, e più lo spazio in noi è grande. Come se avessimo mantenuto dentro di noi tutti i giri attorno alla luce e all’oscurità, tutti i risvegli e tutti i sonni che ci hanno destati e coricati.
Le distanze percorse dal nostro corpo lo hanno trasformato, dal minuscolo al piccolissimo, dal grande al più grande, dal molto giovane al molto vecchio, dalla nascita alla morte, dall’infimo all’infinito.
Esistiamo poiché il vuoto attorno a noi è senza fine, altrimenti non avremmo potuto crescere né invecchiare e sparire.
Siamo partiti dal visibile dove eravamo per andare così lontano – non potendo il nostro corpo smettere di avanzare – che un giorno attingeremo il luogo dell’invisibile.
Da piccoli, non sapendo ancora camminare né parlare, poi da molto grandi in piedi spostandoci di continuo per non essere un ostacolo al mondo, circolando attraverso tutto, allontanandoci fino a sparire. Noi non ci vediamo e chi ci dice che non siamo più ciò che siamo stati, che non siamo più un neonato, un bambino, un adolescente? Indossiamo tutte le nostre età. Siamo in un movimento perpetuo. Non siamo morti, il nostro corpo è vivo. Tutto è vivo in me. Noi ci trasformiamo di continuo. Ci muoviamo sempre, non abbiamo età, siamo senza età.
Grido sempre, piango ancora in me, posso cadere camminando, inciampare correndo. Ho fame, ho voglia, ho bisogno. Sogno, amo, detesto, sbaglio, rido.
Sento che porto nel mio corpo questo piccolissimo corpo che ha cominciato a svilupparsi da solo in un altro corpo fino a che appaia qui per sparire altrove.
Sento che porto nel mio corpo tutte le giravolte del sole che lo hanno fatto crescere, tutti i giorni e tutte le notti che mi hanno rischiarato al di fuori e al di dentro del mio corpo.
Sento che porto nel mio corpo questo lungo viaggio attorno alla luce, questo lungo viaggio che lo ha abbagliato, queste distanze smisurate che ho percorso senza muovermi sulla terra con lui. Ho 72 anni e ho fatto 72 giri completi attorno al sole. Ma se la terra non fosse stata sotto i miei piedi, quanti chilometri avrei dovuto percorrere senza di lei, quanti anni sarebbero occorsi per farne il giro fosse anche per una sola volta?
Se la terra non fosse stata sotto i miei piedi, migliaia di anni sarebbero bastati per percorrere i milioni di chilometri che ha percorso in settantadue anni attorno al sole?
Sono certamente molto più vecchio di quel che si crede. Ho da solo diversi millenni? Lo spazio tra ogni primavera corrisponde a diverse decine o centinaia di anni?
Come abbiamo potuto passare da questo ventre da dove eravamo così piccoli a questo mondo molto grande? Da questo ventre a questo ventre, o da questo mondo a questo mondo dove siamo così grandi?
Siamo rimasti sempre della stessa misura? Abbiamo semplicemente cambiato luogo, dal ventre al mondo, dal ventre piccolissimo al mondo molto grande? Siamo sempre questo bambinetto che è cresciuto per nascere e essere soltanto alla misura del mondo che lo circonda, come è stato alla misura del ventre che lo ha riempito?
Se non siamo più soli nel mondo come siamo stati soli in un ventre – il mondo era più grande che questo ventre –, il nostro corpo è sempre così piccolo o riempiamo il mondo col nostro pensiero per non disturbare gli altri e lasciar loro il posto per esistere? Oppure eravamo ancora più grandi in questo ventre dove avevamo allora appena il posto per muoverci e da dove siamo usciti per continuare a vivere?
Moriamo per trovare il posto per continuare a esistere? Arriveremo in un mondo ancora più grande, in uno spazio immenso, dove potremo finalmente volare?
Invecchieremo fino a riempire il mondo e non aver più abbastanza spazio per muoverci. Non potremo più muoverci, lo spazio attorno a noi non sarà più abbastanza grande per respirare. L’orizzonte non sarà ormai che i contorni di un ventre nel quale saremo rinchiusi. Cercheremo l’aria, l’aria per le nostre ali come abbiamo cercato la terra, la terra per i nostri piedi e le nostre mani. Ci solleveremo fino a involarci, come ci siamo alzati fino a metterci in piedi e camminare.

Non è perché ci siamo riflessi mille volte in uno specchio che ci riconosciamo fra mille in una fotografia. Non esistiamo attraverso la nostra immagine. Non siamo un’immagine. Ci riconosciamo perché tocchiamo le parti del nostro corpo che non vediamo e da dove possiamo riconoscerci. È grazie alle parti del nostro corpo che tocchiamo che ci riconosciamo, non grazie alle parti del nostro corpo che vediamo. D’altronde noi stessi non di più di quelli che ci vedono non riconoscono le parti del nostro corpo che vediamo. È perché gli altri non vedono i posti attraverso i quali li riconosciamo che li riconosciamo. Vedere ci cancellerebbe forse le differenze che esistono tra tutte le cose che vediamo nel mondo? La vista metterebbe tutto sullo stesso piano, i nostri occhi si meraviglierebbero di vedere. Tutto risulterebbe liscio e senz’anima. La vista ci permetterebbe di catturare soltanto l’infimo e l’infinito?
Come se la nostra propria vista su di noi medesimi potesse farci sparire nella notte e ci rendesse invisibili negli specchi. Saremmo allora totalmente anonimi se potessimo vederci interamente? È perché non ci vediamo interamente che non somigliamo a nessuno. Se vedessimo tutto del mondo, ogni luogo del mondo somiglierebbe a tutti gli altri. Con la notte, soltanto con le mani, il mondo non somiglia che a se stesso, noi non assomigliamo che a noi stessi.
L’invisibile ci nasconderebbe ciò che è così differente tanto da non poterlo neppure immaginare? Tutto ciò che non vediamo, non l’abbiamo mai visto. Se i nostri occhi sono ancora aperti, se i nostri occhi possono ancora aprirsi, non è per vedere ciò che hanno già visto, ma per vedere ciò che non hanno mai visto. Se i nostri occhi possono ancora aprirsi, è perché non hanno ancora visto tutto.
Perché guardarsi in uno specchio se non per assomigliare a ciascheduno e mischiarsi con tutti?
Sono le parti del nostro corpo da noi stessi toccati poiché invisibili ai nostri occhi che ci fanno riconoscere a noi medesimi. Se non vedessimo più le nostre mani, saremmo probabilmente riconoscibili alla loro sola vista o al loro solo sfioramento. Le nostre mani portano il mistero della nostra identità passata. Se le nostre mani portano tracce che ci fanno riconoscere dopo la nostra scomparsa, i nostri occhi ne portano altre che fanno sì che ci riconosciamo all’istante appena ci mostriamo. Come se i nostri occhi portassero il mistero della nostra identità presente.
Non possiamo avere veri ricordi d’infanzia senza che siano inventati attraverso un specchio.
Non ci ricordiamo della nostra infanzia come non ci ricordiamo l’immagine del nostro stesso corpo a quella età. Perché siamo prima di tutto vivi e toccabili. L’immagine del corpo che abbiamo attualmente non sostituisce quella che abbiamo potuto avere in altre età, a tutte le età perché non siamo mai stati intoccabili, non siamo mai stati un’immagine, anche da piccolissimi quando non eravamo che un corpo, eravamo già noi stessi. Non siamo mai cambiati, il nostro corpo è soltanto cresciuto e invecchiato agli occhi di coloro che ci vedono. Ma per quanto mi riguarda non ho mai lasciato l’infanzia né l’adolescente che sono stato né l’adulto che sono diventato. Sono sempre stato me stesso, nel momento presente, adesso.
Se rinasco ogni giorno a ogni istante, non mi ricordo del mio sesso piccolo e glabro, ancor meno della fessura dalla quale sono passato per arrivare fin qui. Il mio sesso piccolo è sempre nel mio sesso più grande. Le mie piccolissime mani che hanno toccato il mondo la prima volta e i miei piccolissimi piedi che mi hanno permesso di fare i miei primi passi sulla terra sono rimasti rannicchiati nelle mani e nei piedi con i quali tocco e mi sposto oggi. Il mio volto porta sempre le tracce del mio volto infantile, i miei occhi e il mio sguardo non si sono mossi poiché non mi scorgo per intero. Tra me a tre anni e me oggi, ho preso coscienza veramente di questo enorme cambiamento che è avvenuto nel mio corpo e nella mia testa? Se mi ricordassi del mio corpo che è cresciuto, penso che mi ricorderei del passaggio attraverso il quale sono uscito per arrivare sin qui, mi ricorderei del sesso attraverso il quale sono passato, e anche del ventre nel quale ho sostato a lungo prima di presentarmi al mondo.
Non vedendomi, sono sempre rimasto me stesso. Mi sono talmente rischiarato all’interno, un po’ ogni giorno ciecamente. È perché il sole non mi rischiara interamente che provo a rischiararmi interiormente per intero. Poiché ciascuno ha un sole per sé che lo rischiara lui stesso per intero. Se non abbiamo luce per vedere gli altri all’interno, è perché il sole che li rischiara interamente ci impedisce di entrare in loro. Come il cielo assolato ci impedisce di entrare nel cielo senza fine.
Non ci vediamo crescere, ci vuole troppo, non ci vediamo per non più riconoscerci o per poter sempre riconoscerci. Se trent’anni dopo non mi si può riconoscere, per fortuna, nulla è cambiato per me stesso. Posso invecchiare, avere un giorno cent’anni, mi riconoscerò sempre come a vent’anni.
Per me, non vi è età nell’uomo. Non vi sono tutte queste frontiere che ci imprigionano. Non vi è all’inizio il neonato, poi il bambino, l’adolescente poi l’adulto, e alla fine il vecchio. Non sono mai stato diviso in pezzi, anche se mi vedo solo in diverse parti, porzione di corpo dopo porzione di corpo, il giorno e la notte mi colmano di continuo, sono sempre stato tutto intero, una sola persona. Così come la terra è tutta intera un solo pianeta che il giorno e la notte ricoprono incessantemente, dividendo la terra in mille parti.
La notte ci perseguita ad ogni età? Siamo una parte più un’altra parte più ancora un’altra parte e così senza fine? Non vivo che il presente, non sono né prima né dopo. Sono adesso, oggi, in questo istante.

Mi sono sempre guardato con i miei propri occhi, con ciò che la luce mostrava loro. Vedo ciò che il sole mi rischiara, ciò che rischiara di me stesso. Sono quasi invisibile ai miei occhi. E sarebbe mentire il fatto di raccontare ciò che non ho visto, non voglio parlare di me attraverso lo sguardo degli altri. Non posso parlare della mia infanzia, non ho mai visto di me che una spalla a sinistra e un’altra a destra, le mie mani e le mie braccia, i miei piedi e le mie gambe, e dopo non vedo più niente. Non ho volto, non ho occhi, sto nel buio. Sono passato attraverso tutte le età senza vedermi, è per questo che scrivo a proposito degli occhi, è perché non ho mai visto i miei. Non mi sono accecato davanti a uno specchio dicendomi che vedevo i miei occhi, gli occhi che vedo attraverso lui sono loro che vedono i miei occhi, non sono i miei occhi che li vedono poiché non sono i miei occhi.




Jean-Luc Parant
è nato a Mégrine-Côteaux nei pressi di Tunisi. Abita in Normandia, vicino al mare dove la linea d’orizzonte è curva.
Dalla fine degli anni ‘60, non sentendosi più artista che poeta e non sapendo come qualificare il suo strano lavoro, si definisce “fabbricante di bocce e di testi attorno agli occhi” poi, all’inizio del Duemila, “stampatore della sua propria materia e del suo proprio pensiero”, come se con questo avesse inventato il suo proprio e unico mestiere.
Il lavoro poetico di Jean-Luc Parant è inseparabile dal lavoro di artista plastico. Infatti, la sua opera, concepita nella stretta dualità dei suoi temi, è affare di testi e di bocce, di visione e di sfioramento, di giorno e di notte, d’infimo e d’infinito.
Da più di 50 anni, Jean-Luc Parant non ha smesso di ripetere la stessa cosa senza mai ripetere una sola volta la stessa cosa. Scrivere sugli occhi con cinquecento parole, e tentare di scrivere mille libri. Fare bocce con le due mani e tentare di farne milioni senza che una sola frase si ripeta né che una sola boccia somigli ad un’altra. Vivere intensamente giorno e notte e notte e giorno, i giorni e le notti che si ripetono, seguire la terra che gira, il sole che spunta e tramonta, che tramonta e spunta, e così di continuo, fino a poter affidare la sua vita e la sua opera al caso.

(foto di Marine Blot)


Mostre personali

2015
Mémoire du Merveilleux, Musée Paul Valéry, Sète
Éboulement, musée des beaux-arts, Chambéry
Écritures du paysage (avec Jacqueline Salmon), Galerie Mathieu, Lyon
Mots & Merveilles, Galerie du Mirail, Toulouse
2014
Graphotopophotologies (avec Jacqueline Salmon), Ar[t]senal, Dreux
Dans l’œil du collectionneur, Hôtel de Sens, Bibliothèque Forney, Paris
Les seules frontières sont les frontières animales ou Petite musique du dedans, Galerie Lara Vincy, Paris
2012
Mots et merveilles, Galerie Lara Vincy, Paris
Mémoire du merveilleux, Galerie Pierre-Alain Challier, Paris
Le Bout des Bordes de Jean-Luc Parant, Centre International de Poésie, Marseille
2011
Les boules en manœuvres, installation dans la Boulangerie de la Forteresse de Salses, Salses-le-Château
La Traversée du feu, Galerie Virgile/Daniel Legrand, Paris
2010
Manger des yeux, Musée du Compa – Conservatoire de l’Agriculture, Chartres
Nuit des temps, Château de Saint-Privat d’Allier, Haute-Loire
Parantosaures, Galerie Lara Vincy, Paris
Rêve de boules, Galerie José Martinez, Lyon
2009
Galerie « Le Préau », Librairie « L’Esperluète » et Librairie « Les p’tits papiers », Chartres
Galerie de l’hôtel Ty Mad, Douarnenez-Tréboul
Jean-Luc Parant L’Évasion du regard, Médiathèque Voyelles, Charleville-Mézières
2008
(L)ivre de nuit, Galerie Lara Vincy, Paris
Collections d'un curieux, Château Gaillard, Vannes
Jean-Luc Parant, Galerie Doyen, Vannes
La Coopérative, Centre d’Art et de Littérature, Montolieu, Aude
2007
Jean-Luc Parant, Galleria Roberto Peccolo, Livorno, Italie
Titi et Jean-Luc Parant, Chapelle du Méjan, Arles
Titi et Jean-Luc Parant, Galerie Ô quai des arts, Vevey, Suisse
2006
Bibliothèque idéale, Galerie Lara Vincy, Paris
Les Bibliothèques idéales de JLP, Musée d’Art moderne et contemporain, Strasbourg
De l’infime à l’infini, Chapelle Saint-Savinien, Melle
Titi et Jean-Luc Parant, Chapelle de la Visitation, Thonon-les-Bains
2005
Animaux, Le dos et la face des animaux, Musée Denys Puech, Rodez
2004
Éboulement, Musée d’Art Contemporain, Lyon
Boules ?, Galerie Lara Vincy, Paris
De boule en couple, Galerie José Martinez, Lyon
À Boulevue, Abbatiale de Saint-Philbert de Grand-Lieu, Loire Atlantique
De couple en boule, Jean-Luc et Titi Parant, Le Mai de l’Art, Musée départemental de l’Oise, Beauvais
2002
Les Yeux ouverts, Hôtel Beury, L’Échelle, Ardennes
La Disparition, Musée Rimbaud et Musée de l’Ardenne, Charleville-Mézières
La Voiture rouge, Musée d’Art Contemporain, Marseille
La Matière du regard, Espace Écureuil, Fondation Caisse d’Épargne, Toulouse
2001
Le Voyage des yeux, Chapelle du Genêteil, Château-Gontier
2000
Éclats, Galerie de France, Paris
1999
Éboulements, Réserve Géologique de Haute-Provence, Digne
1999 et 1 boules, Centre International de Poésie, Marseille
1997
L’Adieu aux animaux, Chapelle Saint-Jacques, Saint-Gaudens
Le Voyage des yeux, Musée des Arts d’Afrique et d’Océanie, Paris
1994
i>The Parant Family, Thomas Babeor and Co Gallery, San Diego, USA.
1993
Galerie Montaigne, Paris
Galerie Michel Rein, Tours
1992
Galerie Bernard Cats, Bruxelles, Belgique
1991
Le Bouleversement, Musée National d’Art Moderne / Centre Georges Pompidou, Paris
Galerie Montaigne, Paris
Centre de Création Contemporaine, Tours
1990
Le Bouleversement, La Chartreuse, Villeneuve-lez-Avignon, France.
1989
Galerie du Jour Agnès B., Paris
1987
Pascal de Sarthe Gallery, San Francisco, USA
Galerie Marie Paccard, Paris
1986
100 001 boules, Musée municipal des beaux-arts, Toulon
1985
100 001 boules, Musée d’Art Moderne, Villeneuve d’Ascq
100 001 boules, Musée d’Art Moderne, Paris
1984
Deux éboulements, Galerie J. et J. Donguy, Paris
1983
Deux éboulements, Musée des Augustins, Toulouse
1982
Visite à Jean-Luc Parant, Centre Georges Pompidou, Paris
Musée des Beaux-Arts André Malraux, Le Havre
1980
Rétrospective 1960-1980, Galerie Obliques, Paris
Galerie La Hune, Paris
1978
29 manuscrits, Galerie Katia Pissarro, Paris
400 boulesV, Galerie Chantal Svennung, Paris
1976
365 boules et leurs textes, Fondation Maeght, Saint-Paul de Vence
1975
Théâtre Obliques, Paris
1971
Rieuchaud 71, Château de Rieuchaud, Buis-les-Baronnies, Drôme
1963
84 bas-reliefs d’yeux, Hôtel Colbert de Torcy, Paris


Mostre collettive

2015
Vivant végétal, musée des beaux-arts, Vannes
2014
ImageTexte3, Espace Topographie de l’art, Paris
Collection de la Villa Tamaris : une relecture, Villa Tamaris, La Seyne-sur-Mer
Cabinet Da-End 04, Galerie Da-End, Paris
2013
Le Musée éphémère, Villa Tamaris, La Seyne-sur-Mer
Le Roman d’un monde, 30 ans d’acquisitions et de donations, Le Compa, Chartres
Cabinet Da-End 03, Galerie Da-End, Paris
2012
ImageTexte2, Espace Topographie de l’art, Paris
2011
Festival Ap’Art, Chapelle Jean de Renaud, Saint-Rémy de Provence
2010
Michel Butor et les peintres, « Les mots entrent en peinture », Musée des Beaux-Arts, Brest
i>Unique, exposition collective en hommage à Bernard Lamarche-Vadel, Galerie Michèle Chomette, Paris
On emménage au Château, exposition collective « Génération hors-cadre », sur une idée de Jean Le Gac, Commissariat : Evelyne Artaud, Château de La Roche-Guyon, Val d’Oise (2010-2012)
2009
L’abbaye Saint-André fête ses 30 ans, Centre d’art contemporain, Meymac (4 juillet-11 octobre)
Dreamtime, Musée des Abattoirs de Toulouse (du 14 mai au 30 août), et salle du chaos de la Grotte du Mas d’Azil (du 16 mai au 14 novembre)
Juste des livres, la collection des livres d’artistes des éditions Dumerchez, Musée départemental de l’Oise, Beauvais (du 6 mai au 15 août)
2008
L’Art dans les chapelles, chapelle Saint-Gildas de Bieuzy-les-Eaux, Morbihan
2007
Festival international de la Photographie, Le Capitole, Arles
2004
Dix-sept artistes à 17 ans, Musée Arthur Rimbaud, Charleville-Mézières
2003
Singuliers Voyages, Domaine départemental de Chamarande, Essonne
2000
La Beauté in Fabula, Palais des Papes, Avignon
1999
Animal, Musée Bourdelle, Paris
1997
Made in France 1947-1997, Centre G. Pompidou, Paris
1993
120 poètes d’aujourd’hui, Centre G. Pompidou, Paris
1991
Autour de l’œuvre de J.L. Parant, Forum des Cordeliers, Rectorat de l’Académie de Toulouse et FRAC Midi-Pyrénées
1990
Les Peintres et les livres, Centre Régional d’art contemporain Midi-Pyrénées
1985
Création ou métiers d’art, Centre Culturel d’ Albi
1978
Artistes artisans, Musée Cantini, Marseille
1977
Avec des dessins de Titi et 30 boules, Mostra del Larzac
1976
La Fabrique, Toulouse
1975
Le Plein et le délié, Pujols
1973
Michel Butor et ses peintres, Musée des beaux-arts, Le Havre


Pubblicazioni

  • La main sous le mot (con Bernard Noël), Le Bousquet-La Barthe, 2015
  • Mémoire du Merveilleux, Actes Sud, 2015
  • Graphotopophotologies, Marcel le Poney, 2014
  • Des boules en or, éditions Tarabuste, 2014
  • À quatre mains dans le jour et la nuit autour du soleil, Le Cadran ligné, 2014
  • Dans l’œil du collectionneur, éditions de l’Œil, 2014
  • L’infini ne finit pas, Caedere, 2014
  • Le Feu des yeux, Au coin de la rue de l’enfer, 2014
  • Les Yeux suite sans fin, Fata Morgana, 2014
  • Mots & Merveilles, éditions de l’Œil, 2013
  • L’Horizon de nos yeux, éditions Mona Lisait, 2013
  • Les Mots et les Mains (essai sur JLP par Noémie Parant), éditions de Corlevour, 2013
  • Le Vol c’est la vue, Fata Morgana, 2012
  • Les Très Hauts, Argol, 2012
  • L’Aveuglement des yeux, Derrière la Salle de Bains, 2011
  • Dix autres chants pour continuer de tourner en rond, La Différence, 2011
  • Nos yeux sont intacts (illustrations de Titi Parant), Mona Lisait Books Factory collection, 2011
  • La Traversée du feu (illustrations de Titi Parant), Virgile Legrand éditions, 2011
  • Des yeux de Dieu, Fata Morgana, 2011
  • Manger des yeux, Conservatoire de l’Agriculture, 2010
  • Jean-Luc Parant, Musée éphémère du Château de la Roche-Guyon, 2010
  • Le Bout des Bordes n°11-14, Actes Sud, 2010
  • Nuit des temps, Château de Saint-Privat d’Allier, 2010
  • Le Je des yeux, Atelier La Feugraie, 2010
  • Mes yeux aveugles, Zéro, l’infini, 2009
  • Les yeux ouverts les yeux fermés, Dilecta, 2009
  • Le sexe des yeux, Ragage, 2009
  • L’Évasion du regard, collectif, Médiathèque Voyelles Charleville-Mézières, 2009
  • Le Ventre des animaux, La Regondie, 2008
  • Mirador de nos yeux, Rencontres, 2008
  • Les yeux aveugles, Ici poésie, 2008
  • Nous ne voyons pas nos yeux comme nous ne voyons pas le soleil la nuit, La Cave Littéraire, collection Les Poémiers, 2008
  • Des yeux pour changer le monde, Vent de terre, 2008
  • Le Livre ouvert II, Atelier Marie-Sol Parant, 2008
  • 176 hiéroglyphes déchiffrés sur les voûtes étoilées du ciel, Al Dante, 2008
  • Le regard à l’œuvre, n°24 de la revue « Lisières », 2008
  • La femme et l’homme – L’homme et la femme, Alain-Lucien Benoît, 2008
  • Ouvrir les yeux jusqu’à ouvrir des milliers d’yeux, Voixéditions, 2008
  • Des yeux pour changer le monde, edizioni Peccolo, 2008
  • Le Fou parle, Marcel le Poney, 2008
  • Du pareil au même, CIPM, Le cahier du refuge n°165, 2008
  • Toi qui as ouvert les yeux, Dernier Télégramme, 2008
  • Des yeux pour changer le monde, Croatian PEN Center, 2007
  • Deux ronds comme deux yeux, Deyrolle éditeur, 2007
  • Jean-Luc Parant, edizioni Roberto Peccolo, 2007
  • Manifeste pour une œuvre authentique, New Al Dante, 2007
  • Histoire d’yeux et de mains, tiré à part de la revue « Les Nouvelles de l’estampe », 2007
  • Le soleil dans notre corps, Le Temps volé, 2007
  • De l’infime à l’infini, et retour, Actes Sud, 2007
  • Nous voyons l’univers, La Regondie, 2006
  • Les Yeux sans mesure, Fata Morgana, 2006
  • Carnet pour Jean-Pierre Bertrand, Jean Dubuffet…, éditions Virgile, 2006
  • Les yeux LII, Cumav, 2006
  • Traité de physique parantale, Jean-Michel Place éditeur, 2006
  • Les Bibliothèques idéales de JLP, Musée d’Art moderne et contemporain de Strasbourg, 2006
  • Nuits Dorées, École des Arts décoratifs de Strasbourg, 2006
  • Les Yeux quatre – L’Envolement des yeux, José Corti, 2006
  • Dix nouveaux chants pour tourner en rond, La Différence, 2006
  • Les Yeux déployés, Musée départemental de l’Oise, 2006
  • Mes yeux se sont ouverts devant toi, Al Dante, 2006
  • Le Livre ouvert, Atelier Marie-Sol Parant, 2005
  • Les Yeux nouveaux, Lettres Vives, 2005
  • Dix-sept artistes à 17 ans, CIPM, Marseille, 2005
  • Portraits de boules, Galerie Porte-Avion, 2005
  • Le territoire des boules de JLP au musée de l’Ardenne, Musée de l’Ardenne, 2005
  • Nos yeux, Ragage éditeur, 2005
  • Animaux, le dos et la face des animaux, éditions du Rouergue, 2005
  • Le journal du Bout des Bordes n°9/10, Al Dante, 2005
  • Le Livre des yeux, Dumerchez, 2004
  • Le petit JLP illustré, Fage, 2004
  • La vie vaut la peine d’être visage (avec Céline Masson), Encre Marine, 2004
  • Une terre pour tous, un soleil pour chacun, Dumerchez 2004
  • Compte des mille et une boules, Instantané n°49, Frac des Pays de la Loire, 2004
  • A boulevue, Joca Seria, 2004
  • Eboulement deux, Musée d’art contemporain de Lyon, 2004
  • Jean-Luc Parant – Imprimeur de sa propre matière et de sa propre pensée, collectif sous la direction de François-Marie Deyrolle, José Corti, 2004
  • Comme si le cillement des yeux, collection "Ikko", éditions le corridor bleu, 2003
  • Les yeux deux, éditions José Corti, 2003
  • Les yeux trois, éditions José Corti, 2003
  • Le journal du Bout des Bordes n°7/8, Le journal de la Maison de l’Art vivant, Al Dante, 2003
  • Les yeux au monde, Fata Morgana, 2003
  • Rimbaud et son double (avec Kristell Loquet), Domaine départemental de Chamarande, 2003
  • Les yeux, éditions José Corti, 2002
  • Le moindre pas de nos yeux ou Lumière sur Alberto Giacometti, éditions Complicités, 2002
  • L’Isolement des images, éditions de l’œil, 2002
  • De l’œil du corps au feu de l’univers, Bibliothèque du Lion, 2002
  • Rimbaud ailé, éditions du musée bibliothèque Arthur Rimbaud, 2002
  • Les yeux ouverts, éditions Rencontres, 2002
  • Les yeux de Clara, éditions de l'œil, 2002
  • Jean-Luc Parant : La matière du regard, Espace Ecureuil (cat. d’exposition), 2002
  • Portrait d’une boule, Espace Ecureuil, 2002
  • En échange, ENSBA, 2001
  • De si près aveuglément, Mémo, 2001
  • Le Voyage des yeux, Chapelle du Genêteil, 2001
  • Les animaux, le retour, Fata Morgana, 2001
  • À la trace des yeux, Voix éditions, 2001
  • L'œil né, Fata Morgana, 2001
  • Le grand livre de JLP, La Différence, 2001
  • Eclats, Galerie de France (catalogue d’exposition), 2000
  • Les yeux, les textes, n°82, CIPM, 2000
  • Les mains, les boules, n°81, CIPM, 1999
  • Les yeux encore, La conscience du vilebrequin, 1999
  • Les yeux, les boules, les boules, les yeux, Réunion des Musées nationaux (cat. d’exposition), 1999
  • Autoportrait, La Différence, 1999
  • La petite fille et la mer de Sophia de Mello Breyner (illustrations de JLP), La Différence, 1999
  • Les frontières de l'insaisissable, Spectres familiers, 1998
  • Et je fais des boules, Jannink, 1998
  • La taille du monde, Cahiers de nuit, 1997
  • De l'apparition à la disparition, Aiou, 1997
  • Titi mon amour, L'équipement de la pensée, 1996
  • Éboulement, Musée d'Art contemporain de Lyon, 1996
  • Dix chants pour tourner en rond, La Différence, 1994
  • Vues de boules, vues de couples, Ecole d’art du Havre, 1994
  • Dessins d’yeux, Voix éditions, 1993
  • Les machines à voir LXXXII DCCLVIII, La différence, 1993
  • Polyptyques & éboulements, Galerie Montaigne, 1991
  • Les animaux, les enfants, les femmes et les hommes, La Différence, 1991
  • Oiseau, Les éditeurs évidant, 1990
  • Nuit, Les éditeurs évidant, 1990
  • Les yeux goinfres, Voix, 1990
  • Wie Eine Kleine Erde, Blind, Martin Zietgler, Stuttgart, Legueil, 1990
  • De couple en boule, Fata Morgana, 1990
  • Le vertige, Créaphis, 1990
  • Le voyage immobile, Créaphis, 1990
  • Atlas d'horloge, Voix, 1990
  • Le bouleversement, La Différence, 1990
  • Entre la fente de la bouche et le sexe, Indifférences, 1988
  • L'adieu aux animaux, Bourgois, 1988
  • Le génie des yeux, Les écrits des forges, Québec, 1988
  • La face et le profil, Lettres vives, 1988
  • La main gauche et la main droite, Gris banal, 1988
  • La femme, l'homme et les animaux, Encrage, Artothèque de Limoges, 1987
  • Au temps des boules, Voix, 1987
  • 100 001 Boules : Le temps des boules, Le Castor Astral (cat. d’exposition), 1986
  • Titi et Jean-Luc Parant, Pascal de Sarthe Gallery (cat. d’exposition), 1985
  • Le chant des yeux, Tribu, 1984
  • Les xuey, Ecbolade, 1984
  • Le voyage des yeux, Carte Blanche, 1984
  • Toi, tu marcheras devant, avec Claude Margat, Collection Apsara, 1984
  • Le hasard des yeux ou la main de la providence, L'Originel, 1983
  • Comme une petite terre aveugle, Lettres vives, 1983
  • Titi et Jean-Luc Parant, Maison de la Culture du Havre (cat. d’exposition), 1982
  • La couleur des mains, Aencrage & Co, 1981
  • La couleur des yeux, Aencrage & Co, 1980
  • Jeux de boules, avec M. Butor et A. Villers, 1980
  • L'opéra des yeux (musique de M. Goldmann), France Musique, France Culture, 1980
  • Le mot boules, Fata Morgana, 1980
  • Le mot yeux, Fata Morgana, 1980
  • Le Bout des Bordes n°5/6, Obliques, 1980
  • Les trous du corps, Parisod, 1980
  • Lire les yeux, Les cahiers des brisants, 1979
  • Pense-bêtes, Marie Morel, Les petites éditions, 1979
  • Comment toucher mes boules, Les petits classiques du grand pirate, 1978
  • Les Yeux DXVIII, Ed Vrac's n°9, 1978
  • Les yeux de la violence, Céeditions, supplément à la revue Cée n°6, 1978
  • Les yeux du rêve, Bourgois, 1978
  • Les yeux CXIV, Francois Norguet, Ed. Pages sans titre, 1978
  • Le journal du Bout des Bordes n°4, 1978
  • La joie des yeux, Bourgois, 1977
  • Les xueyetêterret, Atelier des Grames, 1977
  • Le journal du Bout des Bordes n°3, 1977
  • Des yeux du sexe au sexe des yeux, avec J.P Héraud, 1977
  • La fenêtre dans les yeux, avec J-P Héraud, 1977
  • Les Yeux CIIICXXV, Fata Morgana, 1976,
  • Les yeux CCCXCVIII, supplément à la revue Impasses n°4, 1976
  • Le journal du Bout des Bordes n°2, 1976
  • Histoire de comptes, avec Théodore Babou, collection Génération, 1976
  • Les Yeux MMDVI, Bourgois, 1976
  • Le journal du Bout des Bordes n°1, 1975
  • La boule invisible, Encres vives, 1975
  • Les yeux CCLXXXVI, Atelier de l'Agneau, 1975
  • 351 560 petites boules les yeux ouverts et les yeux fermés, Théâtre Oblique, 1975
  • L'Yeux dit autour de JL Parant (avec Titi), 1975
  • Les boules intouchables, Encres vives, 1973
  • Les cahiers du chemin n°10, Gallimard, 1970


    CD

    Partir, Aloo Matta, Centre Culturel André Malraux, 1997


    Opere di Jean-Luc Parant in collezioni pubbliche

    Fondation Maeght, Saint-Paul de Vence
    Fonds national d’art contemporain, Paris
    Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Paris (entre autres : donation Daniel Cordier)
    Musée d’Art Moderne de la ville de Paris, Paris
    Centre National des Arts Plastiques, Paris
    Collection de la Direction des affaires culturelles de la Ville de Paris
    École Nationale Supérieure des beaux-arts de Paris
    Mobilier National, Paris
    Musée d’Art Contemporain, Lyon
    Musée d’Art Contemporain, Marseille
    Musée des Abattoirs, Toulouse
    Musée d’Art Moderne et Contemporain, Strasbourg
    Musée d’Art Moderne, Villeneuve d’Ascq
    Musée d’Art Moderne, Saint-Étienne (donation Vicky Rémy)
    Musée des Beaux-Arts, Nantes
    Musée des Beaux-Arts, Le Havre
    Musée des Beaux-Arts, Toulon
    Musée des Beaux-Arts, Vannes
    Musée des Beaux-Arts, Épinal
    Musée Ziem, Martigues
    Musée départemental de l’Oise, Beauvais
    Musée Arthur Rimbaud et Musée de l’Ardenne, Charleville-Mézières
    Médiathèque Voyelles, Charleville-Mézières
    Musée Denys Puech, Rodez
    Musée d’art et d’archéologie du Périgord, Périgueux
    Musée-promenade Saint-Benoît, Réserve Géologique de Haute-Provence
    Musée Le Compa, Conservatoire de l’Agriculture, Chartres
    FRAC : Provence Alpes Côte d’Azur, Centre, Pays de la Loire, Picardie, Midi-Pyrénées
    Bibliothèque Nationale de France, Paris
    Bibliothèque Forney, Paris
    Fondation d’entreprise pour l’art contemporain de la Caisse d’Épargne Midi-Pyrénées, Toulouse
    Fondation Stämpfli, Sitgès (Espagne)
    Musée Royal de Mariemont, Morlanwelz (Belgique)
    Villa Tamaris, La Seyne-sur-Mer
    Musée Paul Valéry, Sète


    viviane.c@alice.it