FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 43
luglio/settembre 2016

Fughe

 

L’INFINITO MOVIMENTO CIRCOLARE DELLA VITA
in La carne quando è sola di Vera Lúcia de Oliveira

di Antonella Di Nobile



Ho letto il libro La carne quando è sola (2011, Premio internazionale di poesia “Piero Alinari”), di Vera Lúcia de Oliveira, come se si trattasse di un cerchio pieno, inteso come metafora dell’essere; ossia una figura composta di una linea circolare, un contenitore, il corpo, e dalla porzione in essa contenuta, l’anima. Il corpo, più spesso indicato come “carne” compare nel titolo apparentemente svincolato dal suo contenuto, l’anima. La carne quando è sola sembra richiamare una figura molto sfruttata in campo poetico e letterario, un simbolo universalmente condiviso. Presente già nel V canto del Purgatorio dantesco, in cui compare “la carne nuda [...] la carne sola”, essa fa riferimento al momento della morte, all’attimo in cui l’anima si stacca dal corpo lasciando un contenitore vuoto. Tuttavia, la lettura dell’ultima raccolta dell’autrice rende evidente che l’attenzione non è focalizzata sul corpo, tanto meno o non esclusivamente sul momento della morte. Più che altro, qui l’anima sembra staccarsi dal corpo, e la carne restare sola, a voler significare la presa di coscienza della dualità dell’essere umano, della persona, il suo essere quanto di più materiale (in quanto tangibile, caduco e deteriorabile) esista, e il suo essere immateriale, impalpabile. Quando la carne è sola, l’anima immensa e ingombrante si mostra senza impedimenti e nel farlo denuncia il paradosso di dimorare presso un corpo limitato e limitante, di necessitarlo e di avvertirlo al tempo stesso come un peso, come un ostacolo alla propria espansione verso l’infinito. La carne subisce il tempo, è debole, caduca e mortale, sottoposta al logorio perpetuo della vita; l’anima, indissolubilmente legata al corpo, subisce a sua volta il logorio della vita, sperimentando in tal modo il dolore in una lotta perenne, in una corsa spietata nel tentativo della propria crescita e affermazione, che si riempie di amarezza.

Il libro ripresenta, a mio avviso, la stessa struttura circolare nella profonda riflessione sulla vita. La vita, l’essere al mondo, viene percorsa nelle sue varie tappe, le diverse fasi o età dell’uomo. È notevole come per ogni fase sia adottato un diverso sguardo, inteso non come il guardare le cose da prospettive diverse, bensì come il guardare le cose con occhi diversi, come se a narrare fossero persone distinte, con esperienze dissimili, di differente sesso o età. Dalla riflessione sulla vita, seguendo quindi il suo percorso circolare, si giunge alla morte. Proprio il fatto che lo sguardo adottato è di volta in volta diverso, si può giungere a considerazioni opposte sulla morte ma non necessariamente contrastanti. Essa, infatti, può essere letta in un’accezione negativa, se l’ignoto che porta con sé si presenta come un perpetuarsi del dolore, della sofferenza, ovvero in un’accezione positiva se si pone come rinascita o nutrimento per la vita, tanto da meritare un proprio inno.

Lo stile del libro è molto personale, singolare, e particolare la costruzione del verso. C’è una forte musicalità in termini di consonanze e assonanze e la scelta lessicale presenta grande cura e attenzione. È interessante notare, ad esempio, l’utilizzo degli elementi naturali e degli oggetti (che a tratti sembrano prendere vita, creando figure antropomorfe) e dei colori, i quali sono evocativi e suggestivi e, a tratti, sembrano direttamente connessi a emozioni e stati d’animo.
Insomma, un libro profondo e complesso che però, nel suo essere leggibile a vari livelli, mi sembra accessibile a tutti e soprattutto in grado di suscitare impressioni e immagini molto forti e dense, anche per chi si avvicina alla poesia da profano.


Vera Lúcia de Oliveria, La carne quando è sola, Società Editrice Fiorentina, 2011 – Premio internazionale di poesia “Piero Alinari” 2009, prefazione di Alessio Brandolini, pagg. 69, euro 10.




5 POESIE DI VERA LÚCIA DE OLIVERIA
da La carne quando è sola
(2011)



*

non era venuto nessuno
aveva atteso per ore
il telefono non aveva suonato
il cuore si era precipitato
aveva riversato sul corpo
il dolore e ogni organo
ora martellava per
riempire il vuoto


*

ho messo dentro la terra un lettino
era autunno lasciavo le foglie
ammucchiarsi soffici sul suolo
facevo come un lenzuolo dorato
che si stendeva avvolgeva le orecchie
dentro la culla non so chi avevo
messo a dormire qualcuno c’era
piangeva a dirotto mai che avessi
potuto vedere il suo volto


*

annaffiare l’odio lucidarlo
carezzarlo cullarlo nel corpo
medicare la ferita inferta
con l’acido e l’aceto
pungere per il torto urtare
con il torto riportare
la piaga sul corpo


*

non era venuto nessuno
aveva atteso per ore
il telefono non aveva suonato
il cuore si era precipitato
aveva riversato sul corpo
il dolore e ogni organo
ora martellava per
riempire il vuoto


*

lo infastidiva ogni giorno di più
la vita non era tutto quel disperare
quel girarsi da una parte all’altra
per Dio! bisognava scavare una piccola
tana non vedi come fanno gli animali
quando vanno a morire lontano?
si accucciano non si fanno vedere
nascondono agli altri il dolore
gli esseri umani non hanno dignità
neanche un briciolo di decoro!




Vera Lúcia de Oliveira
nata in Brasile, è ricercatrice di Letterature Portoghese e Brasiliana presso l’Università di Perugia. È autrice di numerosi lavori su poeti contemporanei pubblicati in varie riviste italiane e straniere. Scrive in portoghese e in italiano. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il Premio Sandro Penna (1988), il Premio Nazionale Senigallia Spiaggia di Velluto (2000) ed è stata finalista vincitrice al Premio Internazionale di Poesia Pasolini (2006).
È presente in riviste e antologie pubblicate in Brasile, Italia, Spagna, Romania, Portogallo e Germania. In Italia fa parte della redazione della rivista online “Fili d’aquilone”


antonelladinobile@gmail.com