FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 43
luglio/settembre 2016

Fughe

 

JANINE GDALIA
Tra qui e l'altrove

di Viviane Ciampi



La poesia di Janine Gdalia è quella dello sradicamento, dell’erranza senza tregua. Nata in Tunisia – di cui ha conservato “il gusto degli orizzonti, delle case bianche, delle navi che s’aprono verso l’altrove” – dove ha vissuto fino all’adolescenza. Francofona, Ebrea, originaria da una famiglia di Sefarditi (nome dato agli Ebrei emigrati in Spagna all’epoca della diaspora e ai loro discendenti) passati dalla Toscana (Livorno, da parte del padre). Appartiene alla quarta generazione di Ebrei nati in Tunisia per cui si ritrova con multiple identità, ricche di cultura, “in tripla fedeltà, ma identità difficili talvolta da assumere”. Le “lettere perdute” di cui parla, sono quelle appartenenti all’alfabeto ebraico che – purtroppo – non le è stato insegnato dalla sua famiglia francofona.

Per riassumere, se le tradizioni sono ebree, la lingua è quella francese, poiché quella ebraica resta ignorata, mentre l’arabo dialettale è stato parlato nell’infanzia ma presto quasi del tutto dimenticato a partire dal suo esilio in Francia nel 1961. Ci tiene a dire che il suo interesse per la Tunisia non si è mai smentito – lo dimostra anche un suo libro d’interviste Femmes et Révolution en Tunisie, apparso nel 2013 – benché ella consideri ormai la sua cultura, la sua lingua, soprattutto francese.

Se esiste una poesia dell’essenziale questa le appartiene con versi di sottile trama che si “anti-vede e si anti-legge”. Fu un luogo mitico a darle vibrazioni in un certo senso mistiche: il deserto del Sinai. Una delle sue raccolte è infatti intitolata “Déserts” (Deserti). I suoi versi sono marcati da una attualità incisiva e rovente.

Certo, l’esilio, la ricerca delle proprie radici sono sempre esistiti, ma non è facile dirlo con pudore e J. Gdalia ci riesce con un sguardo retrospettivo sul raccapriccio, sullo spavento (sempre acutizzati oggi, da nuovi orrori), basti pensare alle due stragi tunisine a un mese di distanza: quella del Museo del Bardo e quella della spiaggia di Sousse, ad opera di jihadisti, nell’annus horribilis 2015, anche se in realtà, qui, le due tragedie non sono mai nominate.

E il Paese di Janine, a pochissimi anni dalla rivoluzione dei gelsomini che provocò la fine della dittatura e accese la miccia della primavera araba ripiomba nell’incubo del terrorismo. Non solo, lo stato nordafricano considerato oasi di sicurezza, oggi è valutato il maggior esportatore di jihadisti: “Ma che cosa sfuggire esattamente?” recita un suo verso che può far pensare sia alla diaspora sia ai fatti tunisini oppure a quelli francesi del 13 novembre 2015.

La poetessa francese, con una acuta riflessione sull’estraneità e l’alterità, fa ascoltare la propria voce nel cuore antropologico della relazione al mondo in poesie smilze, di pochi aggettivi, senza punteggiatura – o quasi – ad abbellire l’enunciato, allontanando ogni tentazione di lirismo per meglio arrivare al nocciolo, dando così la priorità alla nuda interpellanza dei ritmi e delle parole: “Sono l’onda che / mai s’incaglia / affrontando gli arenili / una sponda / l’altra / un’altra ancora / scossa dalla risacca / senza trovare riposo”. Vivere tra il qui e l’altrove significa anche sentirsi stranieri un po’ ovunque e nel contempo esplorare nuovi territori dell’estraneità, nell’estrema punta dell’ignoto. Ecco che sbuca la nostalgia, anche se tenuta a bada: “Laggiù / nulla mi trattiene / ma tutto mi è essenziale / sparite le dune / i paesaggi odierni sono / per me menzogne”. Sono vocaboli schietti, usciti dal disastro. Sempre, Janine Gdalia torna alla poesia per far cessare la confusione che illusione e disincanto producono, per “andare a cercare / qualche coccio del vaso / per aggiustare il Mondo” (qui vi è una allusione alla Kabbalah, alla mistica ebraica e ai vasi supremi, i più forti, mentre quelli inferiori si ruppero disperdendo l’energia) per rimanere vicino all’infanzia, a ciò che può avere di sconcertante. Restano sulla pagina versi d’un cordoglio tardivo per un paese che non ha più il volto del chiarore sperato, dove è bello fermarsi. Resta una fragile sponda. “Ovunque cercai / di ravvivare il terriccio della mia memoria”. Ma vi è un’altra domanda sottesa: “Apparteniamo a un Paese in cui siamo nati? o abbiamo ricevuto un ordine di partenza”.

In una intervista, in cui spiega il suo laboratorio di scrittura, racconta di essere stata profondamente influenzata dal poeta Edmond Jabès (anch’egli figlio di ebrei italiani ma cresciuto in Egitto e di lingua francese) che ha frequentato per lunghi anni.
Anche le poesie che mettono in allerta i sentimenti d’amore e disamore, sono scritte a partire da ignote risonanze, in estrema economia di parole: si deve al fatto che Janine Gdalia ha il potere di “vedere” il pensiero con precisione, come un’arte dell’evidenza.




EXTRAITS DU « PONT ETROIT »

Avant être

Naissance
immobile
inaudible
couchée
elle attend la mort
la délivrance


Prima essere

Nascita
immobile
inaudibile
distesa
lei attende la morte
la liberazione


*

sortir de soi-même
de cette étouffante camisole
briser le moule
qui l’enserre
aller chercher
quelques brisures du vase
et réparer le monde


uscire da se stessi
da questo soffocante camice
rompere lo stampo
che la costringe
andare a cercare
qualche coccio del vaso
e aggiustare il mondo


*

Ne pas s’arrêter
courir
toujours plus vite
jusqu’à épuisement
épuisement du souffle
mais fuir quoi au juste ?


Non fermarsi
correre
sempre più in fretta
fino allo sfinimento
sfinimento del respiro
ma che cosa fuggire esattamente?


*

pousser jusqu’à l’ultime
pousser loin
trop loin
là où jamais n’arrivera
quête de sens
inassouvie
impossible à combler
elle croise des frères d’infortune
errant dans les détours


spingere fino all’estremo
spingere lontano
troppo lontano
laddove mai arriverà
ricerca di senso
inappagata
impossibile da colmare
lei incrocia fratelli di iattura
che errano nelle deviazioni


*

je suis allée au-delà de la raison
je n’ai trouvé que magma
lettres en transes
en quête
de nouvelles alliances
pour donner sens
à l’apparence de nos vies


mi sono spinta al di là della ragione
non ho trovato che magma
lettere in trance
alla ricerca
di nuove alleanze
per dare senso
all’apparenza delle nostre vite

Frammenti da Le pont étroit


*

D’une rive, l’autre

mon jardin est la plage
l’infini mon horizon
les voiliers
mes pensées fugitives
le paquebot
lointain
rejoint
les rives de mon enfance


Da una riva, l’altra

il mio giardino è la spiaggia
l’infinito il mio orizzonte
i velieri
i miei pensieri latitanti
la nave
in lontananza
raggiunge
le sponde della mia infanzia


*

Je suis la vague qui
jamais ne s’échoue
abordant les rivages
une rive
l’autre
une autre encore
secouée par le ressac
sans trouver le repos.


Sono l’onda che
mai s’incaglia
affrontando gli arenili
una sponda
l’altra
un’altra ancora
scossa dalla risacca
senza trovare riposo.


*

Je suis ville frontière
je suis d’ici et
d’ailleurs
de l’autre côté
l’autre part de moi
même
à jamais dissociée.


Sono città frontiera
sono di qui e
d’altrove
dall’altra parte
l’altra parte di me
stessa
per sempre dissociata


***

Là-bas
rien ne m’y retient
mais tout m’est essentiel
les dunes ont disparu
les paysages aujourd’hui me
sont mensonges


Laggiù
nulla mi trattiene
ma tutto mi è essenziale
sparite le dune
i paesaggi odierni sono
per me menzogne


*

Je n’ai d’espace que
la mémoire
ligne du temps
habitée du désert aux
vallées des vallées aux
ports de génération
en génération
Dans ces exils
s’ancrent mon
origine mes territoires
sont les paroles répétées
du Livre
inlassablement labouré.


Come spazio
ho solo memoria
linea del tempo
abitata dal deserto alle
valli delle valli ai
porti di generazione
in generazione
In questi esilii
si ancorano la mia
origine i miei territori
sono le parole ripetute
del Libro
costantemente arato.


***

Poèmes nomades

Ici
ailleurs
le ciel est
parchemin

s’y inscrit
notre histoire
celle d’hier comme
celle d’aujourd’hui

les cendres du passé
ont fécondé la terre
couleur
miel
la nostalgie s’est enrichie.


Poesie nomadi

Qui
altrove
il cielo è
pergamena

vi s’iscrive
la nostra storia
quella di ieri come
quella di oggi

le ceneri del passato
hanno fecondato la terra
color
miele
la nostalgia si è arricchita.


*

Eclairs déchirés
révolte incandescente
seule la parole demeure
insoumise

les lambeaux s’assemblent
en un rouleau

on ne revient pas
sur ce qui a été écrit

on écrit encore
on écrit toujours
jusqu’à l’étonnement.


Lampi strappati
rivolta incandescente
solo la parola rimane
indocile

i lembi si assemblano
in un rullo

non si torna
su ciò che è stato scritto

si scrive ancora
si scrive sempre
fino alla meraviglia.


***

Divers

Chanson 2

j’ai partout cherché
les bougainvilliers
et les effluves du jardin
à la nuit tombée

j’ai partout cherché
le bleu profond de la mer
la lumière blanche du ciel
les maisons
aux découpes régulières

j’ai partout cherché
la lumière aveuglante
du soleil de midi
qu’on ne peut affronter
mais que l’on devine
ici
au-dessus de nos têtes
et qui nous enveloppe
jusqu’à l’anéantissement

j’ai partout cherché
à raviver le terreau de ma mémoire


Varie

Canzone 2

ovunque cercai
le buganvillee
e gli effluvi del giardino
all’imbrunire

ovunque cercai
l’azzurro profondo del mare
la luce bianca del cielo
le case
dalle sagome regolari

ovunque cercai
la luce accecante
del sole di mezzogiorno
a cui non si fa fronte
ma che s’indovina
qui
al di sopra delle nostre teste
e che ci avvolge
fino all’annientamento

ovunque cercai
di ravvivare il terriccio della mia memoria


***

Face à Face

LUI

Je cherche sur
ton visage
un signe
la trace de
l’être

J’ explore dans
ton visage mon
reflet
ou son
contraire

regarder
ton visage
imaginer
l’infini où
se rejoignent
nos destins

Je suis le visage que
tu aimes contempler
jusqu’à t’y perdre les
jours d’amour

Les jours de haine je
suis l’Autre que tes
yeux fuient
foudroient


Faccia a Faccia

LUI

Cerco sul
tuo volto
un segno
la traccia
dell’essere

esploro nel
tuo volto il mio
riflesso
o il suo
contrario

guardare
il tuo volto
immaginare
l’infinito dove
si raggiungono
i nostri destini

sono il volto che
tu ami contemplare
fino a smarrirti dentro nei
giorni d’amore

I giorni dell’odio
sono l’Altro che i tuoi
occhi respingono
fulminano


ELLE

Laisse voir
sur ton
visage
les traces de la
vie traversée

Ton visage défie
le temps
ta parole m’est une
musique où je
me love

Ton visage est ma
vérité
ce lieu ultime
où s’abîme mon
désir

Je cherche sur ton visage mon paysage profond celui
où je lirai ton désir
rechercher le mien

Mes traits deviennent alors ceux
de l’Ennemie que tu
n’avais vue venir car
déjà tu ne me regardais plus


LEI

Lascia intravedere
sul tuo
volto
le tracce della
vita attraversata

il tuo volto sfida
il tempo
la tua parola
è per me una
musica dove
mi raggomitolo

Il tuo volto è la mia
verità
quel luogo conclusivo
dove s’infrange il mio
desiderio

Cerco sul tuo volto il mio intimo paesaggio quello
dove leggerò il tuo desiderio
mentre cerca il mio

I miei tratti diventano allora quelli
della Nemica che tu
non avevi visto arrivare perché
già non mi guardavi più


*

Je suis un pont
un entre-deux
Je vais de l'un à l'autre
messager
jamais je ne m'arrête
longtemps

Je m'inscris dans les
marges
Dans l'au-delà
du texte
note en bas de
page
ou postscriptum.

Je suis arbre
déraciné
plusieurs fois replanté
jusqu'à trouver une terre qui
me ressemble
noyée
de soleil et de lumière.


Sono un ponte
un intermezzo
vado dall’uno all’altro
messaggero
non mi fermo mai
a lungo

M’iscrivo nei
margini
Nell’al di là
del testo
nota a piè di
pagina
o postscriptum.

Sono albero
sradicato
più volte ripiantato
fino a trovare una terra che
mi assomiglia
inzuppata
di sole e di luce

Frammento da Pas d’ici, pas d’ailleurs


Traduzione dal francese di Viviane Ciampi




Janine Gdalia
è nata in Tunisia, dove ha vissuto fino all’adolescenza. Studi letterari alla Sorbona. Entra nella vita professionale dove ricopre (spesso simultaneamente) vari ruoli: si trova alla direzione d’istituti culturali, pur lavorando in case editrici (direttrice di collane: Ed. Jean-Claude Lattès e Albin Michel), si dedica anche al giornalismo e alla scrittura poi all’insegnamento (istituti superiori e università). Vive a Parigi prima di installarsi a Montpellier nel 1998. Poeta, traduttrice, saggista anima regolarmente laboratori di scrittura e festival internazionali.
Pubblicazioni: Femmes et révolution en Tunisie, Ed. Chèvre feuille étoilée, 2013 (testimonianze); Le Pont étroit, illustrations Félix Rozen, Ed. Encre et Lumière, 2008 (poesie); Mai 68, échos du Languedoc, collectif, Ed. Cap Béar, 2008 (racconti); Déserts, Ed. Japhet, 2007 (poesie); Juifs de Tunisie, collectif, Ed. Le Scribe, 1989 (documentario); Le Judaïsme au féminin, co-autrice Annie Goldman, Ed. Balland, 1985, riedizione 2015 (sociologia); Cultures juives méditerranéennes et orientales, collectif, Ed. Syros, 1982 (documentario); Guide Juif de France, collectif, Ed. Migdal, 1971 (documentario); L’étoile du berger (opera collettiva, Ed. Frontignan).
Come traduttrice: Don Quichotte, di Miguel de Cervantes, illustrazioni Manuel Boix, tradotto dallo spagnolo, Ed. Pascal, 2009 (per ragazzi); Les Juifs du mellah di Schlomo Deshen, tradotto dall’inglese, Ed. Albin Michel, 1992 (documentario).
I testi di Janine Gdalia sono stati tradotti in arabo, spagnolo, italiano.

(Foto di Lino Cannizzaro)


viviane.c@alice.it