C’era una volta un anziano re, saggio e buono, molto amato da tutti i sudditi. Viveva in un grande castello arroccato sull’orlo di una profonda gola, con il ponte levatoio sempre abbassato per permettere a chiunque di venire a parlare con il re e con la regina.
Ogni giorno il cortile del castello era affollato di sudditi che chiedevano udienza o portavano semplici doni, di cavalieri e di dame che venivano a offrire servigi o a rendere omaggio, di mercanti che esibivano le merci più belle e rare per la gioia della regina e della splendida principessa Fiordalisa. Ognuno poteva chiedere liberamente un consiglio, un aiuto, un giudizio e i sovrani erano sempre felici di dare ascolto alla voce del popolo. I soldati erano fieri di servire una famiglia reale così benvoluta. Durante la bella stagione sul prato davanti al castello veniva costruito un padiglione dalle tende a righe bianche e rosse, sotto il quale la famiglia reale assisteva ai tornei fra i più valorosi cavalieri provenienti da ogni reame.
La vita nel regno e nel castello scorreva dunque con calma, serena e felice, ma un giorno in cui il re era nella biblioteca, immerso nella lettura, un drappello di guardie accorse per avvertirlo che stava accadendo un fatto strano e terribile.
Il re seguì frettolosamente i soldati in un giro di perlustrazione intorno alle mura del castello, che mostravano qua e là inquietanti buchi neri, come se qualcosa le avesse colpite a aperto delle brecce. Le guardie assicurarono di non aver notato nulla di strano e così il re andò subito a interrogare il mago Alabastro, che viveva nei sotterranei del castello, circondato da libroni di magia e sfere di cristallo, da filtri e pozioni.
Insieme con lui si affrettarono a scendere anche la regina e con la principessa, turbate dalla strana novità.
- Dimmi, mago, questi strani segni vogliono dire che un oscuro pericolo ci sovrasta?
Il mago Alabastro passò più volte le mani sulla sfera di cristallo, nella quale fluttuava una densa nebbia grigia che ben presto si dissolse e mostrò una grande costruzione semi diroccata, al centro di una foresta oscura e minacciosa.
- Ecco la dimora del perfido e potente Mago del Nord. Egli è il protettore e il consigliere del re Corvino, che domina quelle fredde terre lontane dal suo immenso castello. Ciò che sta accadendo è sicuramente opera dello stregone! - sussurrò il mago Alabastro.
Le sue parole furono coperte da un forte scalpitio sul ponte levatoio. I sovrani ed il mago uscirono rapidamente dai sotterranei e si trovarono di fronte un cavaliere, completamente coperto da una lucente armatura nera, il quale piantò a terra una bandiera con un’aquila nera, lo stemma del re Corvino.
- Sono venuto con un ordine del mio sovrano: consegnatemi subito la principessa Fiordalisa oppure il Mago del Nord ridurrà il castello in un cumulo di macerie!
Il re e la regina rimasero sgomenti di fronte all’assurda e incomprensibile pretesa di re Corvino; che cosa poteva volere quel lontano e sconosciuto sovrano dalla loro adorata figliola, che neppure conosceva?
Non restava altro da fare che consultare di nuovo il mago Alabastro e il responso non fu affatto piacevole.
- Il re Corvino ha veduto un ritratto della principessa Fiordalisa e la vuole in sposa! – sussurrò il mago, seriamente addolorato di dover dare quella terribile notizia ai suoi amati sovrani.
- È inaudito! Quel re crudele e prepotente non avrà mai la nostra cara figliola! - urlò il re, mentre la regina stringeva fra le braccia la principessa spaventata. – Guardie, preparatevi a difendere la principessa e il castello fino all’ultimo respiro!
Il re non ebbe bisogno di dire altro. Tutto il regno si mobilitò subito per fronteggiare l’attacco del Mago del Nord; furono organizzati drappelli di soldati e di semplici cittadini che si offrirono volontari per fare turni di guardia intorno al castello e alle stanze della principessa Fiordalisa, perché nessuno avrebbe permesso al messaggero del re Corvino di portarla via.
Nel borgo, solitamente animato, scese un silenzio carico di tensione, tutti erano pronti a difendere la principessa anche a costo della vita, ma il messaggero aveva assistito imperturbabile a quei frenetici preparativi e ripeté il minaccioso ultimatum, che naturalmente fu ignorato. Il cavaliere rimase fermo qualche minuto, poi voltò il cavallo e se ne andò senza aggiungere parola.
I sovrani e i soldati sugli spalti, il popolo per le strade, tutti si guardarono meravigliati e increduli, ma il loro sollievo durò poco. Un vento freddo e fortissimo si levò all’improvviso e avvolse tutto il castello e il borgo in un turbinio di polvere. Per parecchio tempo nessuno poté vedere più nulla e quando il vento improvvisamente cadde e la polvere si posò, tossendo e lacrimando tutti si accorsero con sgomento che qua e là, nelle mura del castello e del borgo, si erano aperte altre grosse brecce.
Il re trascorse gran parte della notte a visitare il borgo e il castello con i capomastri per verificare la gravità dei danni e il mattino seguente, alla luce del giorno, la situazione apparve ancora più seria. Immediatamente i muratori si misero all’opera, lavorando alacremente per buona parte della giornata mentre il mago Alabastro studiava i suoi libroni nel tentativo di scoprire una magia che potesse contrastare l’incantesimo del Mago del Nord, ma il forte vento si rialzò all’improvviso e con esso il misterioso polverone, e tutto il faticoso lavoro andò perduto. Fu così per giorni e giorni, e tutti cominciavano a perdersi d’animo, al punto che la principessa Fiordalisa, stanca di piangere inutilmente sulla rovina del proprio paese, prese la coraggiosa decisione di recarsi volontariamente al castello di re Corvino.
Vani furono i tentativi dei genitori per dissuaderla dal triste proposito, anche i cittadini erano affranti, malgrado i faticosi e inutili sforzi per la ricostruzione.
- Neppure il mago Alabastro finora è riuscito ad aiutarvi perciò come potete pensare di opporvi con le vostre sole forze alla perfidia del Mago del Nord? Non esiste altra soluzione, devo andare subito dal re Corvino. – concluse la principessa Fiordalisa davanti al gran consiglio riunito e nessuno poté smentirla.
Senza la compagnia delle dame, che la principessa non aveva voluto sacrificare, Fiordalisa salì in una bella carrozza bianca e ordinò al cocchiere di partire al galoppo verso il lontano castello del re nemico.
Furono giorni e giorni di sconforto e di pianto, l’apatia cadde su tutti e nessuno aveva più voglia di lavorare alla ricostruzione del castello e del borgo, che cominciarono a prendere un aspetto malinconico e trascurato, ma una mattina tutti furono destati da gioiosi squilli di tromba.
I sovrani corsero ad affacciarsi alla torre più alta del castello mentre il popolo faceva ressa sugli spalti. Un cavaliere dall’armatura argentea galoppava verso il castello, precedendo la carrozza bianca dalla quale scesero la principessa e un giovane straniero.
Grida di giubilo fecero tremare le mura e tutti riconobbero subito ser Meleandro, un giovanissimo cavaliere del borgo che era sparito il giorno stesso della partenza della principessa Fiordalisa. Dietro la carrozza della principessa arrancava incatenato un omone con una gran barbaccia nera.
- È il Mago del Nord! - strillò il mago Alabastro, raddrizzandosi il cappello a cono scivolato per l’emozione!
Il re e la regina non la finivano più di abbracciare e baciare la loro figliola, tornata sana e salva, e tutti erano ansiosi di sapere come si fosse liberata. Fiordalisa chiese che fosse allestito un sontuoso banchetto e promise di raccontare tutto.
Quella sera, nel salone adorno e illuminato a giorno con migliaia di candele, la principessa fu accolta da un silenzio profondissimo e carico di aspettativa.
- Amati genitori e cari sudditi, se sono di nuovo qui con voi lo devo al coraggio e all’astuzia di ser Meleandro, il quale seguì velocemente la mia carrozza e giunse fino al castello del re Corvino senza farsi scoprire da nessuno, tranne che da me, per rassicurarmi e promettermi che avrebbe trovato il modo per liberarmi. Giunta al castello fui accolta dal Mago del Nord in persona e condotta in quel nero castello semi diroccato, in un tetro appartamento riservato a me dal quale attesi con ansia di essere chiamata e condotta al cospetto di colui che voleva per forza diventare mio sposo, ma i giorni passavano e della presenza del re Corvino non vi era traccia. Incontravo solo il mago e la scorbutica servitù che badava al castello, ma nel mio cuore la speranza della salvezza era mantenuta viva dalla consapevolezza che il prode ser Meleandro attendeva con pazienza il momento più opportuno per mettere in pratica il proprio piano.
L’occasione giunse grazie a un violento temporale e a un acquazzone che per tutto un giorno si abbatté sul castello. Appena scesa la notte, ser Meleandro venne a chiedere ospitalità al castello, presentandosi come un cavaliere che aveva smarrito la strada. Il mago non intendeva accoglierlo, ma la serva che gli aveva riferito la sua richiesta gli fece notare che non era molto saggio insospettirlo negandogli ospitalità, tanto il mattino dopo se ne sarebbe andato e non l’avremmo visto mai più. Per fortuna il mago accettò il suggerimento e ser Meleandro fu accolto. Io mi trovavo nel salone con il mago, il quale ogni sera mi faceva chiamare e mi rammentava che presto avrei incontrato il mio futuro sposo, con il quale avrei dovuto mostrarmi gentile e premurosa altrimenti la sua ira si sarebbe scatenata contro la mia gente e il mio paese. Io tremavo come una foglia, ma quella sera il pensiero che ser Meleandro era arrivato mi rincuorava.
Il giovane cavaliere ringraziò cerimoniosamente il mago per l‘ospitalità e trasse da sotto il mantello una bottiglia di vino, che gli offrì. Il dono fu molto gradito, il mago era un buongustaio e prediligeva il buon vino così, messo di ottimo umore dall’inatteso dono, ordinò alla cuoca di allestire una cena per me e per l’ospite. Il vino era davvero delizioso e il mago mostrò di apprezzarlo molto, tanto che ser Meleandro si dichiarò felice di fargli dono dell’intera cassa che stava trasportando con sé.
Una dopo l’altra le bottiglie furono aperte, e il mago, piuttosto brillo, ci fece una sorprendente confessione: rivelò che non esisteva nessun re Corvino e che in realtà era lui che intendeva sposarmi! Io rimasi senza parole, ma ser Meleandro, con grande disinvoltura, cominciò a lodarlo per la sua astuzia e la sua bravura e si disse davvero fortunato di averlo conosciuto, concludendo che la sua felicità sarebbe stata completa se avesse avuto l’onore ed il piacere di assistere ad alcune magie.
Il mago, completamente ubriaco, non se lo fece ripetere due volte e cominciò a trasformarsi negli animali e negli oggetti più strani, scoppiando in sonore risate di fronte al finto sbalordimento di ser Meleandro, e infine gli confidò che in suo onore gli si sarebbe mostrato sotto l’aspetto di una fiammella, l’unica trasformazione davvero pericolosa per la sua incolumità perché sarebbe bastata un po’d’acqua per annientarlo e fargli perdere gran parte dei suoi poteri. Appena il mago eseguì l’incantesimo, ser Meleandro gli rovesciò addosso un’intera brocca di acqua che stava sul tavolo ed egli riprese il proprio aspetto umano, restando a terra svenuto.
A quel punto accadde ciò che non potevamo immaginare. Tutto il castello fu avvolto in una spirale di luce colorata e si mostrò a noi nel suo vero aspetto, cioè un bellissimo luogo popolato di gentili persone che si svegliavano lentamente da un profondo sonno insieme con il loro giovane sovrano Fiorenzo. Ci raccontarono di essere vittime dell’incantesimo del perfido mago, il quale con la minaccia dell’inesistente re Corvino li teneva nel terrore, e ringraziarono con grande commozione il prode ser Meleandro per averli liberati.
Re Fiorenzo gli offrì qualunque ricompensa desiderasse, ma il nostro liberatore chiese soltanto di poter tornare presto al borgo per sposare la sua amata Altea, una delle mie più giovani dame. Fiorenzo ed io restammo per un po’ in silenzio a guardarci e poi trovammo il coraggio di rivelarci a vicenda il sentimento che era nato incontrandoci in quella strana circostanza. E così siamo qui, miei cari genitori, a chiedere la vostra benedizione per le nozze, le nostre e quelle di Meleandro e Altea.
La fine del racconto della principessa fu accolto da grida di giubilo e naturalmente i sovrani dettero immediatamente il loro consenso per le duplici nozze, che furono celebrate con grandi feste e divertimenti per tutti. Non si sa come, il perfido Mago del Nord riuscì a liberarsi e a fuggire, rifugiandosi in un luogo misterioso nel quale piano piano recuperare le forze e i poteri perduti, ma questa è un’altra storia.
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