Nei suoi romanzi lo scrittore statunitense Dan Brown (1964) utilizza sistematicamente delle tecniche per catturare l’attenzione del suo lettore. Nei suoi libri, dai più famosi come il Codice da Vinci ai meno conosciuti come Crypto o La verità del ghiaccio, ci sono degli elementi comuni che si ripetono e che concorrono sensibilmente al mantenimento e alla crescita della suspense. Tanti secoli fa il filosofo Aristotele nella sua Poetica affermava con sicurezza che una storia aveva successo se creava la catarsi, la purificazione, nello spettatore o nel lettore. Tale catarsi si poteva raggiungere solo attraverso la mimesi, cioè l’immedesimazione. In poche parole una storia, per avere successo deve permetterci di immedesimarci nella trama e nel protagonista. Sarà per questo forse che il protagonista dei romanzi di Dan Brown è sempre un professore universitario, bello, scapolo e quarantenne. Il suo personaggio più famoso è Robert Langdom, professore universitario specializzato in simbologia che si trova coinvolto in quasi tutti i romanzi più famosi dell’autore, quasi fosse un vero e proprio alter ego dell’autore. Ovviamente lo studioso deve essere brillante, ricco di successi accademici, atletico e spregiudicato come una specie di moderno James Bond. Al suo fianco c’è sempre una ragazza problematica, molto sensibile, legata in qualche modo alla storia, che contribuirà non poco al successo delle indagini di Langdom.
Ovviamente per simili protagonisti occorrono degli antagonisti all’altezza: massoni, servizi segreti deviati, società segrete occulte, scienziati folli e imprevedibili. Tutto deve concorrere alla tensione della storia, alla eterna lotta tra bene e male senza che però l’autore parteggi a priori per il bene… a volte il dubbio su quale sia veramente il bene continua anche dopo la fine del libro: Dan Brown è un maestro nel non prendere decisioni nette. Questo probabilmente è anche il motivo per cui molti lo accusano di ideologie deviate, di essere un anticristiano e di stare al limite della bestemmia. Ma dimenticano sempre che un romanziere non sta facendo né un saggio storico né un trattato filosofico. Lui espone le sue idee molto vaghe e ci crea delle irrealistiche prove solo per il gusto della narrazione.
Nel suo famosissimo Codice da Vinci Dan Brown arriva a teorizzare che Gesù si sia sposato con la Maddalena e abbiano avuto dei figli. Tutti ad andargli contro e a gridare alla bestemmia! Ma era uno stratagemma letterario, uno strumento che serviva alla narrazione. Un po’ come la peste servì a Manzoni per far terminare bene i Promessi sposi… ovviamente Manzoni è più storico e più bravo di Dan Brown. Ma non credo sia necessario storcere il naso sulle invenzioni dell’americano se poi riescono a creare suspense e a interessare fino all’ultimo il lettore. Ormai è tempo che il romanzo si stacchi dal vecchio preconcetto verista che l’arte serve soprattutto a educare. Nel mondo odierno l’arte deve soprattutto divertire, anche perché ha come competitori dei rivali molto ottusi e agguerriti come la televisione e la playstation. Se vogliamo salvare le future generazioni dalla piattezza totale di un programma tv o di un videogioco dobbiamo invogliare sempre di più i nostri giovani a leggere. Allora ben vengano i romanzi di Dan Brown, le storie di Harry Potter, o i vampiri buoni di Twilight.
Tornando ai romanzi di Dan Brown altro fattore molto importante è dato dalle location in cui si ambientano le sue storie: ci sono le grandi città d’arte, i posti dove si esercita il potere, gli uffici segreti del governo americano e i luoghi dove si incontrano le varie società segrete. Si passa velocemente da Roma a Parigi, da Firenze a Washington, dal polo Nord alla Casa Bianca. Il tutto rende ancora più piacevoli le pagine dei racconti, farcite di inseguimenti, fughe spettacolari, scoperte incredibili di luoghi spesso visitati da tutti ma mai osservati con l’occhio indagatore dei personaggi di Brown. Ad esempio l’ultimo suo romanzo intitolato Inferno è ambientato in una moderna Firenze che rivolge gli occhi al passato. E le fughe ambientate in Palazzo Pitti e nel corridoio Vasariano riescono a mantenere alta la tensione, fanno scorrere al lettore molto velocemente le pagine, ci mostrano degli aspetti che, sebbene chi vi scrive abbia visitato parecchie volte quelle zone di Firenze, non erano mai stati notati prima.
La struttura dei paragrafi poi è un vero e proprio capolavoro geometrico. I vari fili in cui si dipana la storia vengono interrotti sempre nel momento più importante e costringono il lettore ad andare avanti per comprendere il colpo di scena che sta avvenendo in quel momento. In pratica la narrazione è talmente avvincente che il lettore ha difficoltà a staccarsi dal racconto per una pausa. Solo alla fine tutto sarà spiegato e tutte le curiosità saranno soddisfatte, almeno fino al prossimo romanzo.
L’unica reale difficoltà che l’autore inserisce nella struttura narrativa è la scientificità degli esperti. In Crypto ad esempio ci sono parecchi paragrafi dove si tenta di spiegare al lettore la complessità della scienza di decifrazione dei documenti, in La verità del ghiaccio si spendono innumerevoli pagine per tentare di dare una spiegazione scientifica sulle meteoriti e sui grandi ghiacciai del polo nord, così come il professor Langdom tenta ogni volta che può di istruirci sulla storia dell’arte rinascimentale. La bravura di Dan Brown è proprio quella di riuscire a rendere meno noiose possibili queste nozioni scientifico culturali, mostrando tutto come un inevitabile passaggio per scoprire la verità e risolvere l’enigma.
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