FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 32
ottobre/dicembre 2013

Geometrie

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli


Angoli della mente


J258-F320

There's a certain Slant of light,
Winter Afternoons -
That oppresses, like the Heft
Of Cathedral Tunes -

Heavenly Hurt, it gives us -
We can find no scar,
But internal difference,
Where the Meanings, are -

None may teach it - Any -
'Tis the Seal Despair -
An imperial affliction
Sent us of the Air -

When it comes, the Landscape listens -
Shadows - hold their breath -
When it goes, 'tis like the Distance
On the look of Death -

    V'è una certa Angolazione della luce,
I Pomeriggi d'inverno -
Che opprime, come la Gravità
Di Melodie di Cattedrali -

Una Celeste Piaga, ci procura -
Non ne troviamo la cicatrice,
Ma solo intime differenze,
Dove i Significati, stanno -

Niente può insegnarla - Nessuno -
È il Sigillo della Disperazione -
Un'imperiale afflizione
Mandataci dall'Aria -

Quando viene, il Paesaggio ascolta -
Le Ombre - trattengono il respiro -
Quando se ne va, è come la Distanza
Nello sguardo della Morte -

La luce obliqua dell'inverno, della disperazione, non colpisce la superficie delle cose ma si insinua al loro interno; è una luce pesante, come il suono austero e grave di un organo che pervade una cattedrale fin negli angoli più nascosti; colpisce dentro e, perciò, non lascia cicatrici visibili, ma cambiamenti profondi nell'intimo, in quel recesso dove dimorano i sentimenti più privati e meno esprimibili. Nessuno può insegnarci a difenderci da quella punta acuminata che ci entra nel profondo, da una disperazione sigillata nel nostro io e impermeabile a interventi esterni. Quando arriva, sembra che il mondo si fermi, come se trattenesse il fiato in attesa di un nuovo, illusorio, momento di liberazione, così simile alla impercettibile distanza che ci separa dallo sguardo della morte.
È una poesia molto commentata; particolarmente suggestive le parole di Harold Bloom (Il canone occidentale, Bompiani, Milano, 2000, traduzione di Francesco Saba Sardi, pagg. 270-271 - ediz. orig. 1994): "La sua poesia è un trasporto di negazioni, che sublimemente cattura il vuoto dei vuoti nel centro di un bersaglio di visione, un'ossimorica 'celeste Piaga' ovvero 'Imperiale afflizione'. I sostantivi sono 'piaga' e 'afflizione'; la luce porta il dolore della disperazione, eppure gli aggettivi, 'celeste' e 'imperiale', suggeriscono che la luce potrebbe essere la benvenuta in quanto portatrice di qualcosa di mirabile. Essere oppressi dal Peso di accordi da cattedrale è una peculiare modalità di espressione, accessibile solo a una sensibilità pronta ed esasperata. Da pragmatica emersoniana qual era, la Dickinson scoprì 'l'interna differenza' che fa differenza, un'alterazione di significati che trascende la possibilità di ulteriori indicazioni."

 

J1047-F1089

The Opening and the Close
Of Being, are alike
Or differ, if they do,
As Bloom upon a Stalk -

That from an equal Seed
Unto an equal Bud
Go parallel, perfected
In that they have decayed -

    L'Aprirsi e il Chiudersi
Dell'Essere, sono simili
O differiscono, se si vuole,
Come Fioritura e Stelo -

Che da un uguale Seme
In un'uguale Gemma
Vanno in parallelo, perfezionati
Dal comune decadimento -

Lo sbocciare e il richiudersi della vita sono avvenimenti simili, entrambi si confrontano col nulla o con la fede in qualcosa che c'era prima e ci sarà dopo. Se proprio vogliamo trovare una differenza possiamo paragonarli allo sbocciare di un fiore e allo stelo che lo sostiene: entrambi provengono da un unico seme e producono un germoglio comune, come comune sarà la loro sorte di rapido decadimento.
In questa poesia la vita è come intrecciata sin dal suo inizio alla morte: il seme che ci permette di nascere è lo stesso che ci condanna a morire, in un percorso che non conosce sostanziali differenze, che si apre e si chiude senza un'apparente ragione, se non per il fatto in sé.
Al verso 4 credo che "upon" sia da intendersi come "relativo a, vicino a, insieme a", anche in relazione al "go parallel" del verso 7. Ho perciò tradotto con la semplice congiunzione, che mi sembra lasci inalterato il senso.

 

J1158-F1158

Best Witchcraft is Geometry
To the magician's mind -
His ordinary acts are feats
To thinking of mankind -
    L'Incantesimo migliore è Geometria
Per la mente del mago -
I suoi gesti ordinari sono grandi imprese
Agli occhi dell'umanità -

Dal punto di vista del mago gli incantesimi migliori sono quelli che applicano in maniera abile e perfetta le regole della razionalità, è poi la sua abilità a far sì che ciò che per lui è diventata un'azione ordinaria appaia magica agli occhi di chi lo guarda.
Qui ED usa due termini legati alla magia vera e propria (witchcraft e magician) ma il riferimento alla "geometria" mi sembra indicare abbastanza chiaramente che in realtà intenda riferirsi ad un mago che fa giochi di prestigio (propriamente "juggler"), con un'apparenza di "magia" soltanto per chi ne è spettatore.
Non è da escludere che la "geometria" si riferisca alle leggi di natura, intrinsecamente semplici ma che, per la loro complessità, ci appaiono talvolta ammantate di magico mistero. In questo caso il "magician" non sarebbe altri che Dio, il creatore che le governa con azioni per lui ordinarie e per noi così complicate da capire.

 

Dalla lettera 154 del 15 gennaio 1854
a Susan Gilbert Dickinson

I'm just from meeting, Susie, and as I sorely feared, my "life" was made a "victim." I walked - I ran - I flew - I turned precarious corners - One moment I was not - then soared aloft like Phoenix, soon as the foe was by - and then anticipating an enemy again, my soiled and drooping plumage might have been seen emerging from just behind a fence, vainly endeavoring to fly once more from hence. I reached the steps, dear Susie - I smiled to think of me, and my geometry, during the journey there - It would have puzzled Euclid, and it's doubtful result, have solemnized a Day. How big and broad the aisle seemed, full huge enough before, as I quaked slowly up - and reached my usual seat!
In vain I sought to hide behind your feathers - Susie - feathers and Bird had flown, and there I sat, and sighed, and wondered I was scared so, for surely in the whole world was nothing I need to fear - Yet there the Phantom was, and though I kept resolving to be as brave as Turks, and bold as Polar Bears, it did'nt help me any. After the opening prayer I ventured to turn around. Mr Carter immediately looked at me - Mr Sweetser attempted to do so, but I discovered nothing, up in the sky somewhere, and gazed intently at it, for quite a half an hour. During the exercises I became more calm, and got out of church quite comfortably. Several roared around, and, sought to devour me, but I fell an easy prey to Miss Lovina Dickinson, being too much exhausted to make any farther resistance.
She entertained me with much sprightly remark, until our gate was reached, and I need'nt tell you Susie, just how I clutched the latch, and whirled the merry key, and fairly danced for joy, to find myself at home! How I did wish for you - how, for my own dear Vinnie - how for Goliah, or Samson - to pull the whole church down, requesting Mr Dwight to step into Miss Kingsbury's, until the dust was past!
Sono appena tornata dall'adunanza, Susie, e poiché ero tanto impaurita, la mia "vita" era diventata una "preda". Camminavo - correvo - volavo - aggiravo angoli precari - Per un istante non c'ero - poi mi libravo in alto come la Fenice, non appena l'avversario era vicino - e poi anticipando un nuovo nemico, il mio piumaggio sudicio e afflosciato appariva al di là di un recinto, nel vano tentativo di fuggire di nuovo da lì. Ho raggiunto gli scalini, cara Susie - ho sorriso pensando a me, e alla mia geometria, durante il tragitto - Avrebbe sconcertato Euclide, e il suo incerto risultato, ha reso solenne la Giornata. Quanto sembrava grande e vasta la navata, prima colma a dismisura, mentre mi riprendevo lentamente - e raggiungevo il mio solito posto!
Ho cercato invano di celare le tue penne - Susie - penne e Uccello erano fuggiti, e io sedevo là, e sospiravo, e mi meravigliavo di essere così spaventata, perché di certo nel mondo intero non c'era nulla di cui dovessi aver paura - Eppure là c'era un Fantasma, e anche se avevo deciso di essere coraggiosa come un Turco, e audace come un Orso Polare, la cosa non mi ha aiutata. Dopo la preghiera iniziale mi ero azzardata a girarmi intorno. Mr Carter mi ha immediatamente guardata - Mr Sweetser si è sforzato di farlo, ma io non ho scoperto nulla, da qualche parte lassù in cielo, e ho tenuto lo sguardo fisso, almeno per mezz'ora. Durante le preghiere mi sono calmata, e sono uscita dalla chiesa piuttosto tranquilla. Qualcuno ruggiva là intorno, e, cercava di divorarmi, ma sono diventata facile preda di Miss Lovina Dickinson, essendo troppo esausta per fare ulteriore resistenza.
Mi ha intrattenuta con commenti molto brillanti, finché non abbiamo raggiunto il cancello, e non c'è bisogno che te lo dica Susie, come ho afferrato il chiavistello, e girato festosamente la chiave, e letteralmente ballato dalla gioia, di trovarmi a casa! Quanto avevo voglia di te - quanto, della mia cara Vinnie - quanto di Golia, o Sansone - per radere al suolo la chiesa intera, il che avrebbe costretto Mr Dwight ad andare in quella di Miss Kingsbury, fino a quando non fosse calato il polverone!

Le lettere di Emily Dickinson sono ormai considerate parte integrante del suo corpus poetico, non solo perché contengono molto spesso dei versi, ma soprattutto perché il linguaggio rimanda allo stile delle sue poesie: frammentato, elusivo, con pause che riempiono i vuoti grammaticali. Questa lettera può esserne un esempio. Susan Gilbert era un'amica d'infanzia di ED che poi sposò il fratello Austin. A lei sono indirizzate moltissime lettere e dedicate decine di poesie.
Qui siamo di fronte a una sorta di "racconto" di una funzione domenicale, che assume caratteri fantastici, quasi "gotici", mescolati alle "banalità" della vita di tutti i giorni: il "fantasma" e gli sguardi curiosi dei vicini, il ruggito di "qualcuno" e la signorina ansiosa di fare due chiacchiere (Miss Lovina Dickinson era di Amherst ma non era una parente di ED), il sollievo di ritrovarsi a casa e l'immagine della chiesa rasa al suolo, con la sorella Vinnie (Lavinia, che in qui giorni era in viaggio con il padre) accostata a Golia e Sansone. L'inizio è una sorta di summa dei voli di fantasia familiari a chi conosce i suoi versi: "Camminavo - correvo - volavo - aggiravo angoli precari [...] mi libravo in alto come la Fenice [...] il mio piumaggio sudicio e afflosciato appariva al di là di un recinto, nel vano tentativo di fuggire di nuovo da lì", con l'immagine di una "geometria che avrebbe sconcertato Euclide", contrapposta a quegli scalini così regolari che conducono al tempio di una verità piena di dubbi, quei dubbi che sembrano alla fine provocare la caduta del "tempio", un'immagine ancora una volta accostata alla banale necessità di Mr Dwight di servirsi di un'altra chiesa.
Non si può fare a meno di pensare ai versi di una delle sue poesie più famose, dove il poeta: "È colui Che / Distilla un senso sorprendente / Da Significati Ordinari - / Ed Essenza così immensa / Da avvenimenti familiari".

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F"). Il numero della lettera è quello attribuito nell'edizione Johnson del 1958.


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