Che Goffredo fosse un principe a tutti gli effetti lo dicevano il suo albero genealogico, alto quasi sei metri, la sua carnagione delicata che non tollerava il minimo fastidio (era cugino di secondo grado di quella principessa divenuta famosa per aver passato la notte in bianco a causa di un pisello secco nascosto sotto venti materassi e venti piumini) e la piccola e graziosa corona di diamanti che portava vezzosamente inclinata sulle ventitré.
Le loro maestà lo avevano affidato sin da piccolo a esperti insegnanti e a giudiziose governanti. Se gli uni avevano riversato con zelo nella sua regale testolina un sontuoso distillato di umano sapere, le altre avevano coltivato il suo regale cuoricino con avvincenti storie d'amore e di gloria in cui il coraggioso principe di turno sconfiggeva draghi e nemici a bizzeffe per liberare la bella principessa addormentata e risvegliarla con il bacio del vero amore.
Goffredo affrontava coscienzioso i misteri della scienza, le teorie dei pensatori, le strategie dei generali, ma ben altri interrogativi oscuravano come nubi minacciose il limpido orizzonte della sua mente. Perché dovevano essere sempre i principi a combattere draghi e nemici a bizzeffe? Perché doveva essere sempre un principe a svegliare una principessa addormentata con il bacio del vero amore?
Il principe sosteneva incondizionatamente le sacrosante rivendicazioni delle principesse che aspiravano al trono come sovrane a pieno titolo e non solo come graziose consorti del re. Perché dunque le stesse principesse si ostinavano a cadere vittime degli incantesimi per farsi risvegliare da un principe?
La questione stava rapidamente salendo ai primi posti nella classifica delle sue priorità e così un giorno Goffredo si decise a porla alle sue giudiziose governanti. La loro unanime disapprovazione lo sconcertò. C'era una volta e sempre ci sarà un principe coraggioso che libererà dall'incantesimo una principessa con il bacio del vero amore. Fine della discussione.
Se ci fosse stata una scuola del buonsenso, Goffredo l'avrebbe frequentata col massimo del profitto. Saggiamente, non replicò e decise di affrontare a modo proprio la questione, risolvendola come più gli aggradava.
In una gara di ingenuità, il suo professore di filosofia si sarebbe aggiudicato il primo premio stracciando gli avversari, a giudicare dalla facilità con cui Goffredo trovò sulla sua scrivania, tra rotoli di pergamene e mucchi di penne d'oca, il quadernino nero con la scritta Segretissimo.
Siamo d'accordo, frugare tra le scartoffie del professore era assai poco regale, ma quel libricino conteneva un'informazione indispensabile per Goffredo.
Il viaggio durò cinque giorni e cinque notti e infine il principe giunse davanti all'ingresso di una grande caverna, così profonda che il passaggio si perdeva nelle tenebre dopo pochi passi. Senza alcun timore Goffredo avanzò nel buio, verso la debolissima luce che brillava come una minuscola stella in fondo a tutta quella oscurità.
"Chi sei e che cosa ti ha spinto ad affrontare un così lungo viaggio per giungere al mio cospetto?" chiese una voce cavernosa, perché il suo proprietario viveva da anni in una caverna. E detto tra noi, la domanda era perfettamente inutile visto che si trattava di un vecchissimo mago che sapeva già tutto, ma gli piaceva fare così.
"Potente Alibrando, giungo al tuo cospetto per implorare il tuo aiuto e avere una magica pozione", rispose Goffredo con un inchino, ben conoscendo le regole dell'etichetta davanti a un grande mago.
"Vuoi che faccia di te il principe più bello e più forte di tutti i reami? O che ti costruisca un castello d'oro tempestato di diamanti?" Erano le richieste più alla moda.
"Nulla di tutto ciò, potente Alibrando, ti chiedo una pozione che mi faccia cadere in un magico sonno dal quale mi possa risvegliare una principessa con il bacio del vero amore."
Alibrando rimase senza parole, non aveva previsto una simile richiesta e credette di aver capito male, anche perché, con l'età, era diventato un po' sordo. Se la fece ripetere e rimase per un po' in silenzio a fissare il fuoco.
"Mi chiedi una cosa che va assolutamente contro ogni regola del mondo delle favole…" cominciò in tono conciliante, ma Goffredo lo interruppe con un gesto della mano.
"So benissimo che la mia richiesta è strana, ma voglio sposare solo la principessa che mi sveglierà", ripeté caparbio.
"Ti rendi conto che potresti dormire per anni, per secoli, prima di trovare una principessa disposta a sovvertire le consuetudini e a svegliarti con il bacio del vero amore?" lo ammonì Alibrando.
"Sono pronto a rischiare", esclamò Goffredo e fece un'altra riverenza al mago.
Alibrando sospirò. "Siedi su quella poltrona, cocciutissimo principe, e firma questo modulo di istruzioni che dovrà essere collocato bene in vista accanto alla tua testa. Naturalmente vorrai essere disteso in una bara di cristallo, su un letto di velluto blu", disse Aliprando, senza sollevare la testa dal calderone nel quale stava preparando la pozione.
"Rosso, se non è troppo disturbo", precisò Goffredo. "Sai, il rosso è il colore dell'amore."
Alibrando annui e indicò con un cenno il fondo della caverna. "Sei fortunato. A una svendita mi sono aggiudicato la bara di Biancaneve, che è giustappunto di cristallo e foderata di velluto rosso. Hai pensato all'immenso dispiacere che darai ai tuoi genitori? Li priverai di un figlio e dell'erede al trono."
"Ho lasciato loro una lunga lettera in cui spiego le mie ragioni e sono certo che mi capiranno. Hai qualcuno che possa aiutarmi a portare la bara vicino al castello?" s'informò Goffredo, dopo averne saggiato la notevole pesantezza.
Alibrando schioccò le dita e dal buio spuntò un ometto smilzo. Per educazione Goffredo non fece commenti e si limitò a guardarlo con sano scetticismo.
"Ecco fatto", esclamò Alibrando, versando in un'ampolla un liquido roseo e profumatissimo. "Quando avrai trovato il posto adatto, fatti sistemare la bara da Lioberto, sdraiati e metti bene in vista il foglio che hai firmato poi bevi e buona fortuna. Spero che non ti debba pentire di questa scelta avventata", concluse il mago scrollando la testa.
"Come posso ripagarti, possente Alibrando?"
"Ricordati di invitarmi al tuo matrimonio. Voglio vedere bene in faccia la principessa che ti avrà risvegliato con il bacio del vero amore."
A un cenno del mago, Lioberto sollevò senza alcuno sforzo la bara e si accodò al principe, che riprese la via del ritorno.
In men che non si dica si sparse la voce del principe addormentato nel bosco. Se ne parlava alle feste, nelle corti vicine, nei mercati. I sovrani, imbarazzatissimi, cercavano di minimizzare e parlavano vagamente di un percorso di ricerca interiore.
Le più sbalordite, persino scandalizzate, erano le principesse. Quando si riunivano per i tè non la smettevano un minuto di parlare del principe Goffredo addormentato nel bosco. Che follia! Che cosa inaudita! Che impudenza! Che scandalo! Tuttavia, di nascosto l'una dalle altre, in poche seppero resistere alla tentazione di fare una capatina nel bosco a sbirciare la bara di cristallo, compresa la stessa Biancaneve benché fosse felicemente sposata da vari anni.
Un giorno una snella e agile figura si mosse con rapidità tra i cespugli, sulle tracce di un animale, ma la ricerca finì nella radura. Il giubbino e la calzamaglia attillata, il copricapo ben calcato sulla fronte facevano pensare a un giovane cacciatore, ma quando un ramo basso lo fece cadere, una massa di soffici riccioli biondi si liberò dall'acconciatura e la ragazza si avvicinò incuriosita alla bara di cristallo. Vedendo il giovane principe addormentato, non ebbe un istante di esitazione; sollevò con le robuste braccia il pesante coperchio di cristallo e posò un lungo bacio sulle labbra di Goffredo, che si svegliò con una serie di starnuti.
"Chiedo scusa, forse il mio profumo muschiato è troppo forte!" si schermì, arretrando di qualche passo.
Goffredo si sollevò a sedere e si guardò intorno. Rammentava tutto benissimo e fu con vera gioia che si rivolse alla bella ragazza vestita da uomo. "Ti ringrazio, bella principessa, per avermi svegliato dal mio sonno con il bacio del vero amore!"
"Scusa se ti interrompo, ma devo essere onesta con te. Io non sono una principessa, sono solo la figlia del taglialegna che vive ai margini del bosco."
Goffredo si grattò la testa e si raddrizzò la coroncina. "Allora non hai letto le istruzioni sul foglio?"
"Il foglio? Quale foglio… ah, quello posato sul tuo cuscino. Veramente no, ti ho visto e non ho potuto fare a meno di avvicinarmi per darti un bacio. Non sapevo potesse svegliarti solo una principessa. Credi che ci saranno problemi?"
Goffredo guardò la ragazza, con quell'espressione mesta era ancora più bella.
"Come ti chiami?"
"Zara"
"Mia carissima Zara, qui il mago ha scritto chiaramente che mi avrebbe risvegliato una principessa e perciò credo che tu non sia davvero la figlia del taglialegna. Mi vuoi sposare? Faremo fare ricerche agli esperti di araldica del mio regno per scoprire le tue vere origini."
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, fu con grande sollievo che Goffredo scoprì di aver dormito per un tempo assai più breve di quanto avesse temuto e con gran contentezza che riabbracciò i genitori. I sovrani, altrettanto felici, non fecero nessuna obiezione alle nozze con Zara.
Il mago fu invitato come ospite d'onore e per un po' di tempo le principesse dei regni vicini spettegolarono tra di loro sulle umili origini della nuova principessa, ma si capiva benissimo che erano invidiose e anche un po' dispiaciute per non aver avuto il suo coraggio.
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