FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 24
ottobre/dicembre 2011

Crisi

 

IL GATTO E IL TOPO IN SOCIETÀ

a cura di Annarita Verzola



Un gatto convince una topolina a dividere casa e provviste per far fronte ai rigori e alle ristrettezze dell'inverno. Si procurano un bel barattolo colmo di delizioso grasso e lo ripongono in chiesa, certi che nessuno lì oserà rubarlo. Il gatto avido e prepotente però non esita a ingannare la topolina e a cibarsi un poco alla volta della provvista. Quando la topolina se ne accorgerà e oserà protestare, avrà la peggio.
Questa favola è un'altra versione di quella omonima scritta dai fratelli Grimm ed è stata raccolta dal folclorista scozzese Andrew Lang in uno dei suoi dodici libri dedicati alle fiabe di tutto il mondo, precisamente nel Libro Giallo, pubblicato in Inghilterra nel 1894 (Le favole di Lang).


Una gatta aveva fatto conoscenza con una topolina, e le aveva parlato tanto del grande amore e dell’amicizia che nutriva per lei, che infine la Topolina acconsentì a vivere nella stessa casa con lei, e a dividere il governo della casa. “Dobbiamo rifornirci per l’inverno o patiremo la fame,” disse la Gatta “Tu, Topolina, non puoi avventurarti dovunque perché potresti finire in una trappola”. Il buon consiglio fu seguito, e fu acquistato un vasetto di grasso. Ma non sapevano dove metterlo. Alla fine, dopo una lunga consultazione, la Gatta disse “Non conosco nessun posto come la chiesa in cui potremmo tenerlo. Nessuno tenterà di portarlo via da là. Lo nasconderemo in un angolo, e non lo toccheremo finché non ne avremo bisogno.” Così il vasetto fu posto al sicuro; ma non passò molto tempo che la Gatta ne sentì una gran voglia, e disse alla Topolina. “Volevo dirti, Topolina, che mia cugina ha avuto un cucciolo, bianco a macchie marroni, e mi vuole come madrina. Lascia che io vada e prenditi cura della casa da sola.”

“Sì, vai pure,” replicò la Topolina “e quando mangerai qualcosa di buono, pensa a me; io sarei molto contenta di una goccia di vino rosso battesimale.”

Ma era tutto falso. La gatta non aveva una cugina e non era stata richiesta come madrina. Andò dritta in chiesa, sgattaiolò fino al vasetto di grasso, cominciò a leccarlo, e leccò via il primo strato. Poi fece una passeggiata sui tetti della città, guardò il panorama, si stiracchiò al sole, e si leccò i baffi ogni volta in cui pensò al vasetto di grasso. Quando fu sera tornò di nuovo a casa.

“Ah, sei di nuovo qui!” disse la Topolina; “Certamente hai avuto una giornata piacevole.”

“È andata molto bene.” Rispose la gatta.

“Come si chiama il piccolo?” chiese la Topolina.

“Primo strato,” disse ironicamente la Gatta.

“Primostrato!” ripeté la Topolina, “Davvero un nome stupendo e strano. È di famiglia?”

“Che c’è di strano?” disse la Gatta. “Non è peggio di Ladrodipane, come si chiama il tuo figlioccio.”

Non molto più tardi la Gatta fu di nuovo presa da una gran voglia di grasso. Disse alla Topolina, “Dovresti essere tanto gentile da accudire la casa da sola, perché sono stata chiamata una seconda volta a fare da madrina, e siccome questo cucciolo ha un anello bianco intorno al collo, non posso rifiutare.”

La gentile Topolina accettò, ma la Gatta si dileguò sotto il muro cittadino fino alla chiesa, e mangiò metà del vasetto di grasso. “Niente ha un sapore migliore” disse “ di ciò che si mangia da soli” e fu molto contenta di ciò che aveva fatto. Quando tornò a casa la Topolina chiese,”Come è stato chiamato questo piccino?”

“Mezzo Andato,” rispose la gatta.

“Mezzoandato! Che razza di nome! Non ne ho mai udito uno simile in vita mia. Non credo sia sul calendario.”

Presto la Gatta ebbe di nuovo l’acquolina dopo la faccenda delle leccatine. “Tutte le cose buone vengono a tre per volta,” disse alla Topolina; “Devo fare di nuovo da madrina. Il piccolo è tutto nero, ha le zampe bianchissime, ma non un solo pelo bianco in tutto il corpo. Ciò accade una volta ogni due anni, mi lascerai andare?”

“Primostrato! Mezzoandato!” ripetè la Topolina, “sono nomi così bizzarri, mi danno da pensare.”

“Oh, te ne stai chiusa in casa con la tua pelliccia grigio scuro e con la tua lunga coda” disse la Gatta, “e diventi fantasiosa. Questo accade quando non si esce tutto il giorno.”

La Topolina fece una bella pulizia mentre la Gatta era fuori, e mise in ordine la casa; ma la Gatta ingorda mangiò tutti i bocconcini di grasso.

“Quando è finito tutto ci si può riposare” si disse, e di notte tornò a casa satolla e soddisfatta. La Topolina chiese subito dopo il nome del terzo piccolo.

“Niente potrà piacerti senz’altro,” disse la Gatta, “È stato chiamato Pulizia Fatta”

“Pulizafatta!” ripetè la Topolina. “Non credo che questo nome sia stato scritto più degli altri. Puliziafatta” Che cosa può significare?” Scosse la testa, si raggomitolò e si mise a dormire.

Da allora più nessuno chiese alla Gatta di fare da madrina, ma quando venne l’inverno e non ci fu nulla fuori, la Topolina ricordò la loro provvista e disse, “Vieni, Gatta, andremo al nostro vasetto di grasso che abbiamo immagazzinato; avrà un gusto buonissimo.”

“Sì, in effetti,” rispose la gatta; “Per te avrà un gusto buono come se allungassi la tua linguetta fuori dalla finestra.”

Si avviarono, e quando lo raggiunsero, trovarono il vasetto al suo posto, ma completamente vuoto!

“Ah,” disse la Topolina, “ora capisco che cosa è accaduto! È tutto chiaro! Sei una vera amica per me! Hai mangiato tutto quando facevi la madrina, prima primo strato, poi mezzo andato, poi …”

“Stai zitta!” strillò la Gatta. “Un’altra parola e mangerò anche te.”

“Puliziafatta” era ancora sulla punta della lingua della povera Topolina, e la parola era appena uscita quando la Gatta fece un balzo su di lei, la afferrò e la ingoiò.

Vedi, così va il mondo.


Traduzione dall'inglese di Annarita Verzola

annver3@gmail.com