FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 24
ottobre/dicembre 2011

Crisi

 

UNA PROSPETTIVA OLTRE I VICOLI CIECHI
Intervista a Laura Puppato

a cura di Elvio Cipollone



Laura Puppato, trevigiana e madre di 2 ragazzi Annagiulia e Francesco, appartiene al folto gruppo dei piccoli imprenditori veneti. Ha sempre tenuto vivo l'impegno civile e ambientale: tra il 1990 e il 1995 in favore delle popolazioni vittime del conflitto nell’ex Jugoslavia, in particolare in Croazia e in Bosnia, e per oltre 15 anni è stata attivista del WWF. Dal 2002 al 2010 è stata sindaco della città capitale mondiale dello sport system: Montebelluna. Grazie alla sua attività e alle sue forti convinzioni, Montebelluna è diventata nel 2003 uno dei “9 enti Italiani per Kyoto”, per le politiche virtuose sui rifiuti, mobilità sostenibile, produzione di energia da fonti rinnovabili e risparmio energetico; notevoli i riconoscimenti nazionali per le politiche giovanili intraprese e quelle familiari.
Dal 2009 ricopre il ruolo di Presidente del Forum Ambiente del PD. Nel marzo del 2010 è stata eletta consigliere regionale del Veneto con 26.230 preferenze. Oggi è capogruppo in Regione del Partito Democratico.


L’attuale sconvolgimento economico e finanziario si è tradotto nella recessione dei paesi occidentali e ora nella crisi dei debiti sovrani, tra i quali quello italiano. Come è potuto succedere? Non si poteva evitare questo contagio universale?

Ritengo che la crisi che stiamo attraversando sia la diretta conseguenza di un deficit della politica a tutti i livelli: globale, europeo e ovviamente anche italiano. I mancati controlli sono dovuti al fatto che Stati Uniti, Europa e paesi emergenti hanno interessi che non coincidono. Il Fondo monetario internazionale è una struttura asimmetrica e la stessa Banca centrale europea deve convivere con l’Unione Europea.
Gli attori del mercato finanziario hanno così potuto approfittare della creazione di barcollanti strumenti di debito, ma non pagheranno il grosso del costo della crisi che ricadrà sulle spalle degli investitori finali. A causa dei meccanismi della finanza internazionale attuati senza scrupoli da banche e finanziarie conniventi, con i soli titoli "derivati" che moltiplicano fino a 70 volte il valore effettivo di un bene si è reinventato il meccanismo di stampare carta straccia a cui si è dato un valore fittizio.
La crisi ha contagiato tutti e soprattutto intaccato l'economia reale, contribuendo a far lievitare il debito, a mangiare le imprese e ad aumentare la disoccupazione ma soprattutto ridurre la speranza e la fiducia. Solo un’Europa politicamente forte avrebbe potuto limitare i danni e purtroppo, anche a causa della credibilità nulla del nostro governo, oggi l’agenda è dettata da Francia e soprattutto Germania.

Il liberismo espansionista degli ultimi trent’anni presupponeva una disponibilità illimitata di risorse, anche per questo si sono erose senza scrupoli le risorse naturali e aggredito come mai prima l’equilibrio ambientale. La salvaguardia dell’ambiente è un vincolo o un fattore di sviluppo?

La necessità vitale – dunque inderogabile – di salvaguardare l'ambiente (ovvero aria, acqua, terra) del nostro pianeta è un vincolo perché impone un cambiamento rispetto alle attività umane fin qui prodotte, ma è divenuto un fattore di grande sviluppo economico.
Banalizzando, vi è da cambiare l'esistente per metterlo a norma rispetto alla necessità di ridurre sprechi, emissioni, inquinanti etc. Inoltre è necessario attivare ricerca, sperimentazione e quindi produzione di beni di consumo sostenibili, veicoli e mezzi di trasporto non inquinanti e alimentati diversamente, edifici, macchinari e attrezzature molto più efficienti, riutilizzare e riciclare con un obiettivo 100%; insomma l'obiettivo che ci stiamo offrendo è il vero motore del nuovo sviluppo capace di offrire piena occupazione.

Il concetto di sostenibilità in economia, avanzato prima dagli ambientalisti e divenuto patrimonio comune della sinistra democratica, è un costo o un valore?

... e arriviamo al concetto di sostenibilità in economia. Inutile negarci che l'economia ha annusato il business prima di alcuni governi e molte aree politiche che, ancora oggi, non hanno valutato l'enorme valore economico che sottende alle corrette scelte ambientali. Scelte che siano coerenti con le necessità dichiarate ormai in modo convinto e pressoché unanime dall'intero consesso degli scienziati mondiali.
Se diamo uno sguardo alle borse mondiali, vediamo che il mercato ha valutato prima con interesse poi con espliciti e sempre crescenti acquisti la forza delle imprese che operano nei settori chiave della Green economy. L'economia si è tinta di verde, e anche le industrie e i settori per così dire tradizionali – per esempio alimentari, abbigliamento, mobili e auto – stanno modificando la loro produzione in questa direzione o almeno hanno attivato speciali linee di produzione che rispondano alla richiesta di "sostenibilità e qualità priva di prodotti chimici" che viene dai clienti. Parlare di green oggi è parlare di salute.

Una gran parte delle problematiche ambientali grava sulle aree urbane (sprechi, costi, difficoltà energetiche). Quale cambiamento è possibile?

Le città oggi sono l'infrastruttura del mondo, in Italia si è superato l'80% di popolazione che vive in nuclei urbani, il resto del mondo raggiungerà questa percentuale nel 2050. Anche se il PIL viene prodotto nelle aree urbane in egual percentuale, la necessità energetica si moltiplica per 2/3 volte rispetto a un tipo di vita campagnolo o più diffuso sul territorio e dunque parrebbe una "mission impossible" pensare alle città come motore verde del mondo. Invece è li dove la sfida si fa più difficile che la miglior qualità politica esce allo scoperto. Tanti esempi, anche in Italia, di buone pratiche e sensibilità ambientale hanno portato all'evidenza ben 1300 comuni italiani (su 8500) che hanno aderito al "patto europeo dei sindaci per l'ambiente". L'adesione implica il raggiungimento degli obiettivi EU: ovvero il 20% di energia da fonti rinnovabili, +20% di efficienza energetica, -20% di emissioni in atmosfera.
Gli esempi europei quali Friburgo o Zermatt dimostrano l'ottima capacità di migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso innovative politiche urbanistiche e mobilità. Ci vuole coraggio, coinvolgimento e obiettivi chiari, certo con qualche risorsa economica in più rispetto ai comuni italiani mai così gravemente danneggiati dalla politica di un governo centralistico privo di alcuna pianificazione e capacità di visione qualitativa.

Il quorum raggiunto ai referendum contro il nucleare e per l’acqua pubblica, il milione e duecento mila firme raccolte per abrogare la legge elettorale “porcellum”, l’adesione di massa alle manifestazioni sindacali, il risveglio della protesta studentesca, gli indignati, l’altissima partecipazione alle discussioni sul web in varie forme: inizia una nuova stagione?

Nessuno può negare la fondamentale importanza di una crescita collettiva su questi temi e quindi condizione essenziale per la riuscita del lavoro amministrativo e politico è che vi sia partecipazione. Non solo intesa come trasmissione di un pensiero, per quanto positivo, ma invece come autentico scambio e coinvolgimento.

Come deve adeguarsi la politica per dare una prospettiva ai giovani? Dove e come cercare, irrobustire, dare voce e visibilità alle ragioni di speranza?

Conosciamo tutti e comprendiamo bene quale enorme danno per un'intera generazione sia avvenuto nel nostro Paese, ben oltre i dati che registrano la disoccupazione e la scadente occupazione, perché l'assenza di meritocrazia e quindi di giustizia e correttezza negli accessi formativi e nei posti di lavoro è un'aggravante non da poco. Come lo è l'assenza di politiche per la piena occupazione e la Green economy.
La classe politica, ora, subito è chiamata ad una "lectio magistralis" sul valore del servizio ai cittadini, soprattutto ai più giovani che devono iniziare a sentirsi parte del processo produttivo, economico e di ri-costruzione di questo Paese.
L'ambiente è il tema dei temi per far tornare la prospettiva dopo che i vicoli ciechi in cui ci siamo cacciati hanno cancellato l'orizzonte per mantenere in piedi un modello feudale fatto di privilegi da una parte e povertà dall'altra, del lavorare per l'immediato e piegarsi a logiche sempre più distorte.
Uno studio di Confindustria confermato da IRES-CGIL dimostra in modo inequivocabile che l'Italia può ripartire e tornare a essere un Paese traino recuperando oltre 1milione e seicentomila posti di lavoro confidando sulle proprie riconosciute capacità di innovare e fare impresa, orientando i programmi politico amministrativi verso mobilità, trasporti, recupero della materia prima dai rifiuti, efficienza energetica e produzione di energia da fonti rinnovabili, costruzioni e agricoltura biologica e poi bonifiche, messe in sicurezza, innovazione...
Insomma un mondo che cambia e che ha bisogno di un'Italia che sappia voltare pagina. Una sfida da vincere per il bene di tutti.


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