FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 21
gennaio/marzo 2011

Futuro

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Intervista a Hugues Bersini

di Viviane Ciampi



«Mi pesano gli anni venturi» scriveva Ungaretti in una sua famosa poesia.
Ma quando si chiedeva ai bambini degli anni 70 come immaginavano il 2000 – un 2000 che pareva così lontano e invece era lì, a due passi – ci si trovava dinanzi alle risposte più svariate: «Si andrà a scuola con le ali bioniche»; «Si parlerà con gli extraterrestri»; «Si pianteranno i cavoli su Marte»; «Ci sarà il telefono televisivo».

Gli adulti erano più cauti: avvertivano che le nuove tecnologie avrebbero potuto portare qualche cambiamento nel modo di essere, d’interagire, ma ancora non immaginavano fino a che punto sarebbero entrati nella vis compulsiva, nello zapping, nel pensiero agile di Internet, nell’occhio del Grande Fratello in ogni ora della vita, nell’era della fretta per la fretta. E non mancavano nuovi argomenti nei libri, al cinema, alla tv e nei simposi.
La Grande Rivoluzione è avvenuta come in un sogno e quasi non ce ne siamo accorti.

E ora? Ora che abbiamo lasciato alle spalle la fatidica frontiera del 2000 continuiamo a sollevare il coperchio ammaliante della scatola del futuro, scatola di cui alcuni dicono possa contenere le chiavi d’una quasi eternità mentre altri ipotizzano guerre cibernetiche, vendicativi robot senza etica e chissà quante altre diavolerie.

Certo, viene il dubbio che tracciare lo scenario preciso di un giorno futuro diventi un acrobatico esercizio. Eppure, l’esercizio appare così affascinante che vorremmo tentare di fare il punto con uno dei maggiori esperti nel campo dell’intelligenza artificiale, Hugues Bersini, tanto per capire se siamo sul bordo di un nuovo inizio o di una cruenta notte.



Intelligenza artificiale, elaborazione grafica di Lino Cannizzaro


Che cosa s’intende quando si utilizza il termine di intelligenza artificiale?

In origine, col termine di intelligenza artificiale s’intendeva la capacità dei computer a imitare il comportamento umano in ciò che ha di più intelligente: giocare agli scacchi, prendere decisioni, risolvere teoremi matematici, riassumere storie, tradurre da una lingua all’altra. Oggi qualsiasi compito umano informatizzato appartiene al campo dell’intelligenza artificiale, compresi i compiti apparentemente più stupidi come riconoscere un volto, muoversi nello spazio, capire ed enunciare il linguaggio parlato.

L’intelligenza umana e l’intelligenza artificiale potrebbero tuttavia entrare in conflitto come si vede spesso nei film?

Oggi il computer è capace di maggiore intelligenza dell’essere umano. Tuttavia, l’essere umano avrà sempre l’ultima parola perché, in principio, in ogni possibile conflitto, il regno umano è superiore al regno delle macchine. È una petizione di principio che dobbiamo rispettare. L’uomo possiede la responsabilità morale, ma non le macchine. Se le due cose entrassero in conflitto, e per esempio, volessero prendere delle decisioni differenti, sarà l’uomo ad aver ragione perché solo l’uomo può perorare la sua causa in tribunale.

Gli uomini sono sempre stati combattuti tra la paura e l’entusiasmo per le nuove macchine. Si ha l’impressione che molta gente, se non è capace di adattarsi a questo mondo in continua accelerazione si sentirà esclusa e di conseguenza accantonata dalla società.

L’informatizzazione e l’automatizzazione delle nostre società accrescono il fossato che esiste tra quelli capaci di domare e di programmare queste tecnologie e quelli che le utilizzano senza comprenderle.
È chiaro che per ritrovarsi dal lato giusto del fossato, bisogna accettare un adattamento continuo alle nuove tecnologie. Ma se si sceglie questa via, la vita professionale può diventare estremamente ricca di promesse e di opportunità. Bisognerebbe iniziare a educare al più presto i nostri bambini alle tecnologie informatiche. L’Europa è molto in ritardo su questo punto (soprattutto i paesi del Sud).

Ad ogni modo sarebbe auspicabile che i ricercatori si applicassero a rendere le tecnologie più accessibili, più facili da utilizzare…

Purtroppo non avviene necessariamente così: i ricercatori talvolta costruiscono strati tecnologici su quelli preesistenti. Se gli strati precedenti sono imperfetti, arrivano i guai. Da qui, il bisogno continuo di adattamento. Del resto, se adesso siamo in grado di manipolare un iPhone o un GPS è solo perché in passato abbiamo imparato a manipolare un puntatore di programmazione e delle icone su uno schermo. E poi, basti osservare la generazione degli ultrasettantenni: sono decisamente sperduti. Ciò che ai bambini sembra facilissimo mette quelle generazioni in gravi difficoltà.

Varie scuole di pensiero in particolarità quella scuola chiamata “singolarità tecnologica” ipotizzano che a breve ci sarà una tale dose d’intelligenza artificiale creata, da rendere impossibile prevedere o immaginare qualunque cosa.

Non lo credo. Penso invece che il computer non può essere creativo poiché gli manca la componente emotiva necessaria per esserlo. La razionalità, pur iperpotente del computer, non è sufficiente. Per innovare, creare, occorre una capacità prettamente umana dello “stare al mondo”, sentire e commuoversi del mondo. L’iper-razionalità informatica ci è estremamente preziosa ma resterà al servizio della nostra emotività e del nostro bisogno di sopravvivere (non condivisibile con le macchine).

I ricercatori che fino a qualche anno fa lavoravano a ciò che sarebbe poi diventato Internet, potevano prevedere un tale coinvolgimento? Per esempio potevano immaginare che persone di tutte le età e tutti i ceti sociali ne avrebbero fatto un uso così massiccio? Si ha l’impressione che sono stati superati dalle loro stesse previsioni.

L’uomo è sempre stato un pessimo preveggente. Cinquant’anni fa nessuno parlava di Internet. Steve Jobs e Bill Gates negli anni 70 e all’inizio degli anni 80 non avrebbero scommesso un copeco per la storia allora strampalata di una rete informatica su scala planetaria. In compenso pensavano che negli anni 80 tutti i computer sarebbero stati capaci di riconoscere un volto, cosa che non sempre avviene.

Quindi, mi sta dicendo che non si può prevedere il futuro delle tecnologie!

Non mi chieda di provare perché ho sbagliato troppe volte! La realtà è questa: appare molto difficile, se non impossibile, prevedere il futuro delle tecnologie oltre un arco di tempo di dieci anni.

Allora ci faccia sognare sul futuro immediato: Che cosa faranno o non potranno fare i robot cosiddetti umanoidi?

Oggi possono già passare l’aspirapolvere, poi potranno stirare, rifare il letto ecc. La cosa richiede molta destrezza sensorio-motrice (raffinata percezione visiva, coordinazione motrice complessa). Ci vorrà molto più tempo affinché impari a cucinare, apparecchiare, ma ci arriveranno.

Quindi nella robotica, ci sono ancora alcuni settori in cui i robot non hanno oltrepassato l’intelligenza umana.

Per esempio, i robot non riescono a elaborare certe cose molto semplici per noi (ma che nascondono nelle nostre sinapsi una straordinaria complessità): riconoscere un volto, muoversi con scioltezza, riconoscere abbastanza correttamente il linguaggio parlato, imparare nuovi compiti. Cosa molto buffa è osservare i robot mentre giocano a calcio: sono goffi perché non hanno la nostra capacità sensorio-motrice.

Leggeranno anche fiabe o storie ai bambini, agli adulti… Sì, ma la componente emotiva della lettura rimarrà molto difficile perché per farlo bisogna capire una storia e restituirla con tutta la sensibilità. Ma che cosa vuol dire la sensibilità parlando di una macchina?

Ci muoveremo in un mondo di solitudine.

Una solitudine rinforzata, certo, e che andrà di peggio in peggio. Del resto le nostre società sono già estremamente individualiste: Internet, IPhone, cuffie nelle orecchie, paura dell’altro. La robotica non farà che amplificare questo fenomeno. Ma non credo di dire nulla di nuovo!

Robot al servizio della disabilità: a che punto siamo?

Vi sono molti progressi nel campo dell’handicap. Di questo sono certo. È un’estensione della robotica industriale. Si comincerà da piccoli automatismi estremamente precisi e pratici: la sedia a rotelle molto automatizzata, riconoscere gli ordini vocali, fare gesti molto semplici (mettere un disco, sollevare la cornetta del telefono, versare liquido in un bicchiere. Si prevedono costanti miglioramenti in questo settore.

Internet, nel suo insieme, può essere definito come un cervello artificiale?

E sia. Ma in realtà non porta a nulla definirlo così in quanto si tratta di una denominazione più che altro spettacolare. Non è Internet a essere intelligente, è il tipo di programma che andremo a eseguire su Internet che lo sarà. Ma non vi è, in questo momento, nessun tipo di programma tanto intelligente da assorbire Internet nella sua globalità e che permetta di denominarlo in tal modo.

L’avanzata sistematica del virtuale nel nostro mondo ci dovrà costringere a ripensare il nostro modo di essere?

Lo penso fondamentalmente. Dimentichiamo i meccanismi elementari di cooperazione, di solidarietà, di reciprocità. Il computer ci allontana dal contatto con l’altro la cui presenza resta indispensabile ad ogni manifestazione generosa. La biologia ci ha concepiti per aiutare le persone vicine a noi e non quelle che ci sono lontane o appena rappresentate. Abbiamo bisogno di essere vicino all’altro per aiutarlo. Il fallimento commerciale di Second Life è la prova che troppo virtuale nuoce. Abbiamo finalmente buoni meccanismi di difesa. Aggiungo che bisognerebbe davvero limitare l’uso della televisione per tutti al massimo di un’ora al giorno.

Vorrei terminare con una domanda personale: qual è stata l’origine della sua scelta, ossia quella di occuparsi di Intelligenza artificiale?

La visione di 2001 Odissea nello spazio, Gödel, Escher e Bach. L’incontro con uomini e pensatori formidabili come Francisco Varela o Philippe Smets (l’ex direttore del laboratorio che sto dirigendo adesso). Il fascino che il computer ha esercitato su di me già da bambino.




(Foto di Axel Cleeremans)

Hugues Bersini
è nato a Bruxelles il 19 gennaio 1961. Ingegnere civile, laureato in scienze applicate, è direttore del laboratorio d'Intelligenza Artificiale IRIDIA, de l'Université Libre de Bruxelles. È docente d'informatica alla Faculté Polytechnique e a l'Ecole de Commerce Solvay di quella stessa università. Specialista in bioinformatiche, scienze cognitive, sistemi complessi e intelligenza artificiale. Ha accompagnato la creazione di diverse applicazioni nel trattamento di dati informatizzati per il settore commerciale e medico. Un membro del suo laboratorio ha ricevuto il Prix Marie Curie come miglior ricercatore europeo e il Prix FNRS delle scienze applicate. È membro della Académie Royale de Belgique dal 2009.
È autore di più di trecento pubblicazioni scientifiche e libri, tra i quali :
  • De l’intelligence humaine à l’intelligence artificielle, Ed. Ellipses, 2006
  • Qu’est-ce que l’émergence ?, Ed. Ellipses, 2207
  • Informatique et Cinéma, Ed. Ellipses, 2009
  • Haro sur la compétion, Ed. Puf, 2010
  • La programmation orientée objet, Ed. Eyrolles, 2011


viviane.c@alice.it