FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 20
ottobre/dicembre 2010

Nel cosmo

 

ASCOLTARE
una rubrica per le orecchie

di Federico Platania



Il farmacista di Siviglia


Nel cosmo non c’è aria dunque non può avere luogo la propagazione delle onde sonore. Anche montando giganteschi altoparlanti sulle superfici esterne delle stazioni orbitanti, nessun suono giungerebbe all’eventuale cosmonauta fluttuante nel vuoto siderale (con buona pace di Stanley Kubrick e delle astronavi che roteavano sulle note dei valzer di Strauss).

Per un appassionato di musica l’esistenza di una condizione in cui l’ascolto è fisicamente impossibile dovrebbe costituire una preoccupazione. Ma esistono anche casi in cui l’appassionato di musica rimpiange il silenzio. Non voglio ora mettermi a tessere le lodi di un’ecologia dell’ascolto, né mettere i lettori in guardia circa i rischi che corrono i nostri padiglioni auricolari quando ascoltiamo musica a tutto volume con le cuffiette ben piantate nelle orecchie. Né vi proporrò una recensione dell’album Silence is sexy degli Einstürzende Neubauten o del brano Enjoy The Silence dei Depeche Mode o di 4’33’’ di John Cage. Niente di tutto questo.

Il momento in cui io, ascoltatore onnivoro e indisciplinato, rimpiango il silenzio è quando vado a fare la spesa. È un fastidio non originale, lo riconosco, già Thomas Bernhard in un romanzo di molti anni fa denunciava l’impossibilità, per l’uomo contemporaneo, di mettersi al riparo da musichine e musichette che vengono inflitte senza possibilità di fuga in ogni dove: sale d’attesa, taxi, negozi, supermercati.
I supermercati. È ormai diventato impossibile fare la spesa in pace. Non si fa in tempo a varcare i tornelli dopo essersi fatti strada con l’ariete del carrello vuoto, lista della spesa in tasca, e già si viene innaffiati dalle note che cadono dagli altoparlanti distribuiti con spietata meticolosità lungo il soffitto dell’esercizio. Tormentoni estivi, pestifere lagne che vengono spacciate per struggenti melodie, canzonette pop interpretate da qualche fuoriuscito dai programmi canori televisivi. Ecco, in questa occasione un sano silenzio sarebbe preferibile.

L’unica eccezione degna di nota è costituita dalla farmacia dove mi reco periodicamente per prendere le medicine per mia madre. Già le prime volte mi ero reso conto che c’era qualcosa di strano. Varcata la soglia si veniva accolti da ballate folk o improvvisazioni jazz. Una volta ho riconosciuto un’aria dall’Italiana in Algeri di Rossini e la volta successiva, mentre due o tre commessi prelevavano le scatolette dei medicinali dagli scaffali e spuntavano le ricette, gli altoparlanti spingevano nel negozio le note di uno dei brani più celebri del Barbiere di Siviglia. Non ho potuto trattenermi dal chiedere al farmacista che avevo di fronte: «Chi di voi è il Rossiniano?».
Lui mi ha guardato sorridendo e ha detto: «Ah, anche lei è un appassionato di lirica…». «Beh, veramente no – ho risposto io – anzi Il Barbiere di Siviglia e L’Italiana in Algeri, che stavate suonando l’altra volta, sono le uniche due opere che sono in grado di riconoscere. Però quelle, appunto, le riconosco. E forse le opere liriche di Rossini sono quelle che ascolto più volentieri».
«Anche io lo adoro», mi ha detto il farmacista. E mi ha spiegato che a lui piace tantissimo ascoltare musica mentre lavora, solo che non sopporta quello che passano le radio allora si porta da casa una selezione della sua collezione musicale: le opere liriche di Rossini appunto, qualche quartetto d’archi, ma anche musica folk o jazz.
A questo punto non mi resta che augurarmi che il farmacista decida di cambiare professione e prenda in gestione un supermercato vicino casa mia.


federico.platania@samuelbeckett.it