FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 19
luglio/settembre 2010

Eros

 

MONDO VEGETALE, MONDO SENSUALE

Album fotografico di Lino Cannizzaro e Viviane Ciampi



Eros è un dio dai mille volti.
Spesso stentiamo a riconoscerlo, così come stentiamo a riconoscere le voci che ci circondano, i suoni, i frutti e le mani amorose che raccolgono questi frutti.
Eros ci sorprende sempre quando d’improvviso ci implode nell’intimo con lingua e modi misteriosi facendoci toccare l’intoccabile, mentre scopriamo, allibiti, la nostra estraneità a noi stessi.
Talvolta accade di camminare per le strade delle città o nei sentieri di campagna, di montagna, e d’incontrare Eros negli alberi, nelle piante, nei fiori, i quali nel libro della natura hanno un ruolo di primo piano. Lo sanno bene gli artisti e i poeti che da sempre ci hanno insegnato ad andare oltre il semplice vedere.

Un grande scrittore e pittore come Carlo Levi fece dei veri e propri “ritratti” degli alberi che circondavano la sua villa di Alassio (in particolare ulivi e carrubi) in quanto esseri immersi nella palpitazione del mondo. Levi fece nascere il carrubo-donna, il carrubo-mostro, il carrubo-inferno-paradiso e via “alberando”…
Così parla l’autore de Il Cristo si è fermato a Eboli: «Ritorno a questi tronchi contorti, rovesciati dal vento, pieni di antiche ferite, con la pelle grigia dei mostri arcaici, dove vivono funghi e insetti, erbe e licheni e gli uccelli dei nidi, e gli squarci del legno rosso di sangue vegetale simulano altre forme costellate di occhi».

Come viandanti, o meglio, come un “flâneur” (Lino Cannizzaro) e come una “flâneuse” (la scrivente), muniti di apparecchio fotografico, cercando, inventariando, ci siamo imbattuti in Eros attraverso le forme, i colori, le metamorfosi del mondo vegetale, cogliendone i dettagli più intimi, trattando le silenziose creature che lo abitano come le protagoniste di una “fiction” sensuale, vertiginosa. Abbiamo avvicinato queste creature con occhi nuovi, “lavati”, trasparenti. Strano a dirsi, spesso taluni alberi fiori o piante, bocche roventi d’amore, esistono incolumi, sottocasa, in giardinetti improbabili laddove ringhiano bussolotti di spazzatura e carte bisunte della focaccia. Talaltri si fanno “erba voglio” contentandosi di cedere all’ora estiva, amoreggiando celati alla vista del curioso. Partendo da una semplice passeggiata ecologica ci siamo trovati di fronte a una vera e propria esperienza poetica e in quella atmosfera quasi fiabesca è stato inevitabile tentare una sorta di re-invenzione dello sguardo e del reale, spesso dialogando – per così dire – col silenzio di queste creature.

In seguito, la parola dei poeti (che non è mai in deficit d’immaginario) è venuta in nostro soccorso in tal modo che la fotografia e la parola si sono ritrovate in una fatale bramosia di… deità!
Con Eros, appunto, in primo piano.

Viviane Ciampi


Altre fotografie si trovano in progettogeum.org col titolo “Il linguaggio degli alberi”, “Memoria dell’occhio”, “Dessins, collages etc.”




Di mattina il mio corpo ricorda
lui
(Martha Collins)



Come le erbe senza pudore
(Hans Magnus Enzensberger)



Dona il tuo soffio, amore alla voce, agli accenti
(Jean-Joseph Surin)



Le coppe e i calici sono per me
guanciali
(Adonis)



In un cunicolo in una
fessurina
non frugarvi!
(Andrea Zanzotto)



È possibile pure
che il mio cuore
sia soltanto una combinazione
del mio sesso con il mio sax
(Jorge Eduardo Eielson)

Avide le tue coppe di avorio
avidi i testicoli del desiderio
e le dita piene di prugne
ingemmano i vasti odori
(Alda Merini)



Non vide un simil par d’amanti il sole…
(Petrarca)



Io costeggio l'amore nella luce del mattino
(Else Lasker Schüler)



Adesso che placata è la lussuria
sono rimasto con i sensi vuoti,
neppur desideroso di morire
(Camillo Sbarbaro)



Ciascuno ha moltissime mani
(Ghiannis Ritsos)



Nell’attesa, mia diletta, sono il tuo servitore
(Paul Verlaine)



Il godimento
d’inalarti così stesa supina nella tua ambra contro
lo specchio brusco della Specie
(Gonzalo Rojas)



Acrobata – ti dicevo –
dell’amore
(Luca Canali)



Portava al collo una catenella con una piccola chiave.
Le aprii la gonna
(Fernando Arrabal)



tu
premi su di me, leggero,
come un piede preme sulla scarpa
(Kate Clanchy)

e sali, fiore a fiore, su nel folto,
percorrendo lo scosceso serpente
(Pablo Neruda)