HALE
Le scintille del fuoco sono più belle della cometa
C’È QUALCOSA DI OSCENO
Noi che siamo tutti rannicchiati nei nostri sogni sappiamo che C’è qualcosa di osceno nei sogni altrui C’è qualcosa di osceno che consiste nel fatto che i sogni altrui sono /assurdamente/ e spaventosamente uguali ai nostri e svelano la vergogna dei nostri sogni privati la loro pochezza infantile il loro carattere vergognosamente (per noi) prefabbricato e poiché sono tutti uguali noi siamo gelosi di essi e li odiamo quando sappiamo che essi sono sognati da altre persone trovando osceno che altre persone sognino le nostre stesse cose intime; e scoprendo negli altri la nostra stessa vergogna privata che è resa pubblica dal fatto che gli altri possono conoscere minuziosamente il nostro sogno vorremmo che sia solo nostro e che nessun altro potesse conoscerlo anche se lo abbiamo acquistato l’altroieri al supermercato della coscienza dove c’era la svendita di uno stock avariato che ci ha attirati con la sua facile offerta. E come l’amante che preferisce uccidere la propria amata fuggitiva o il mitico eroe dell’antica Grecia svende in pochi spiccioli un terremoto di fine erbe noi, come il Minotauro, fracassiamo le nostre teste nello spigoloso labirinto, nuotando felici nei gorghi dell’immensa galassia dove le nostre menti si sono sperdute in un intrico cieco
POESIA DEMENTE
Il mondo fu fatto in pochissimo tempo, tra grandi litigate, e solo all’ultimo momento fu deciso, per sfiducia, di istituire la morte e di dividere i sessi. Dio era molto geloso dei suoi quattro o cinque colleghi e per ripicca disse: Ma tanto in pochi anni saranno tutti rotti, chi senza un braccio, chi senza una gamba, tanto vale farli morire! E un altro disse: E quelli nuovi come li fai? Non li faccio io, li fanno loro! Bella roba. E così, all’ultimo momento, in pochi minuti, inventarono l’istinto sessuale, e l’infanzia. Quasi vennero alle mani. E uno disse: ma non vedi che così sarà pieno di guai? Chi se ne frega – disse Dio. – Tanto questo mondo non mi piace. È venuto male. Bella roba – interloquì un altro. – Cosa pretendevi, con l’idea che tutti devono mangiarsi l’uno con l’altro? È logico che si sarebbero consumati. E allora? Tu che avresti fatto? Quasi vennero alle mani.
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io non creo ma sono creato, non scrivo ma sono scritto, e quindi non sono un creatore ma una creatura
EPITAFFIO
Mio padre morì senza averne bisogno la vita era per lui chiara e netta i confini delle cose precisi perché scrivo queste cose prima della morte di mio padre non so ma certo qualcosa in lui non lo spingeva a morire
LUCE
Luce La luce ti ferisce e ti fa dormire La luce ti ferisce e ti fa dormire, la luce ti ferisce la luce ferisce te che dormivi e che vorresti continuare a rannicchiarti cisposo, in un letto di umano odore. Ma non è possibile. Doppiamente La luce ti ferisce e ti fa dormire, tremando, come se tu non potessi dormire, come se tu non potessi rannicchiarti senza dormire, senza che la luce ti ferisca, fiscale, materna, burocraticamente assassina.
NON SI PUÒ ESSERE UMANI
Non si può essere umani non ci è più concesso bisogna essere insensibili come animali provare sensazioni semplici piccoli dolori piccole colazioni artigianali piccole scempie non si può riflettere meditare tirare conclusioni bisogna mangiare erba
ODIO
Io mi odio al punto, che odio chi mi ama
MAGRITTE
La foglia contiene già in sé l’albero il profilo dell’uomo contiene la sua serata La nuvola contiene in sé l’orizzonte e la memoria è una ferita sulla tempia di una statua olimpica. La mela si erge sopra un collo inesistente, testa vegetale e il titolo è sempre necessario, sempre necessario. Mentre la nuvola entra nella nostra intimità, e il mondo vegetale si mischia con quello animale, i vestiti si mischiano col corpo le funzioni col mezzo (l’uccello col cielo) una mela ascolta invadente e noi, con le nostre tre lune, guardiamo i pani sfilare nel cielo, e dalla finestra, inquietanti, ci guardano scomposti cinquanta dei nostri ii orrenda vendemmia di morte. Mentre un uccello di pietra vola in un cielo dipinto delle nostre facce addio sole, triste sul vestito nero.
POLVERE
Sarò sempre un po’ meno di quello che sono, e anzi, molto meno. Polvere. Ho perso molto. Ciò che si perde è irrecuperabile, e se lo si recupera esso è ormai disperso, non rientra più nell’ordine prestabilito delle cose. Sono contento se di me non rimane che un lieve involucro. Ho perso molto. In questa levità, ciò che più importa è l’assenza di acuti, che tutto sia tondo e raccolto. Basta questo. Tutto ciò che è devastato può divenire rotondo, ancora rotondo. Come un vaso. È ancora possibile. La polvere può essere recuperata. La polvere era una volta detriti. Ora la polvere non è detriti, è lenta friabile. La polvere è un po’ meno, ma può essere tenuta insieme. Le ferite possono diventare polvere, raccolta e conchiusa. Sono contento di non capire le cose. La loro ragione. Vi sono cose che ignoro, e sono contento. Appaiono come misteri, tranquille. Ad esempio, la ragazza che incontro sempre, mi ama o no? Non lo so. Sono contento di non saperlo. Sono contento di non sapere se l’amo, o meglio, so che non l’amo, che potrei amarla; sono contento di non sapere se avrei potuto amarla. Questo mistero mi rassicura più del suo amore. È bello non sapere. Non sapere, ad esempio, quanto vivrò, o quanto vivrà la terra. Questa sospensione sostituisce l’eternità. (...)
FACILE PROFEZIA
Le macchine si muoveranno di loro propria autonoma volontà, e saranno vive. Qualcuno penserà di farle funzionare meglio facendo provare loro un senso di benessere quando un’operazione riesce, e magari un uguale senso di benessere a certe parole di lode degli uomini o al tono della loro voce. E un senso di malessere quando saranno guaste, e quando gli uomini non saranno contenti di loro; e un senso di malessere, all’opposto, quando hanno lavorato troppo e si danneggiano. E un senso di malessere, infine, quando mancherà loro l’energia necessaria. E allora le macchine avranno fame, e cercheranno il cibo e cominceranno a contenderselo e a contenderlo agli uomini. E tutto ciò che è funzionale e armonioso e piacevole sembrerà loro bello, ed esse saranno come noi.
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