FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 15
luglio/settembre 2009

In cornice

 

IL ROMANZO DELLA FLUIDITÀ

di Bernard Noël



Vedere è così facile! Si dimentica che si tratta di un atto, a meno che una cosa o un’altra non ne desti l’azione dentro i nostri occhi. I quadri, che sono delle sedimentazioni e non delle composizioni, nascono da un bizzarro combattimento dove la materia, la superficie e il tempo si affrontano, poi si equilibrano e si armonizzano. Lo sguardo scorge tracce di movimenti anziché di forme, e si lascia in modo del tutto naturale trascinare nel loro senso, che non è significato bensì corrente.
È da quel momento, e nel piacere stesso di questo movimento che sopravviene la percezione della fluidità ambiente, che incanta, poi stupisce, poi lascia in testa un elemento di disturbo: di che cosa si tratta?

Per una volta questo problema non si consuma nell’affrontare le somiglianze: gira su se stesso e si ribalta constatando che non può riagganciarsi a niente per il motivo che quand’anche l’occhio scruti la tela, non vi ci scorge che elemento. Certo, questo elemento è proprio il colore, ma colore di cui è si è tentati di dire che riemerge fino alla superficie e di cui è allettante pensare che deve, sì, avere uno sfondo, ma uno sfondo costantemente sottratto ai giochi della limpidezza. Dopodiché, la contemplazione può riprendere e lo sguardo indugiare in mezzo alle sfumature e poi lasciarsi scivolare nello spazio che esse sembrano modulare: percorre ciò che è tuttavia senza spessore oppure vi sviluppa le proprie dimensioni?


Vincent van Gogh, Le signore di Arles (part.)
(San Pietroburgo, Ermitage)

La pittura, almeno quella, è una materia così sensibile al contatto dello sguardo che si destabilizza - o sembra farlo - prima di espandere la sua energia attraverso ciò che la tocca, e che di rimando essa penetra. L’assenza d’immagine passa per il segnale di un’opera astratta: ciò non è più vero, ma come qualificare quadri che non sono né provvisti d’immagini né astratti?
Si capisce che quei quadri accampano una visibilità così poco formale soltanto per indirizzarne la trasparenza in direzione di un al di qua o di un al di sotto e la loro superficie è la concrezione. Sono gli occhi a rianimare questa concrezione oppure è nella sua natura trovarsi sempre in procinto di accadere? La contemplazione la sposa così strettamente che non se ne separa finché non si trova attraversata dalla corrente che s’interroga al suo interno...


(da Romans d’un regard, P.O.L, 2003)

Traduzione dal francese di Viviane Ciampi