Blanca Varela (Lima, 1926-2009), una delle voci più seducenti della poesia ispanoamericana del Novecento, molto affermata in tutto l’ambito ispanico, dopo una lunga malattia è morta il 12 marzo scorso.
Fin da molto giovane è stata attiva nella vita culturale della capitale peruviana. Laureatasi in Lettere all’Universidad Mayor de San Marcos, mentre è ancora studentessa, conosce coloro che saranno i protagonisti della nuova letteratura - in particolare la poesia e la saggistica - nonché delle arti figurative: Sebastián Salazar Bondy, Javier Sologuren, Jorge Eduardo Eielson e quello che in seguito diventerà suo marito e padre dei suoi due figli, il pittore Fernando de Szyszlo. A partire dal 1947 inizia a collaborare con la rivista «Las Moradas», diretta da Emilio Adolfo Westphalen, che insieme a César Moro si era impegnato nella diffusione del surrealismo, avendo entrambi organizzato la prima esposizione surrealista a Lima nel 1935.
Nel 1949, Blanca si trasferisce a Parigi, inserendosi rapidamente nel mondo artistico e letterario, guidata da Octavio Paz, figura determinante nella sua carriera letteraria. Fa amicizia con Sartre, Simone de Beauvoir, Henri Michaux, Alberto Giacometti, Fernand Léger e molti scrittori e artisti latinoamericani che all’epoca vivevano a Parigi. Dopo un lungo soggiorno parigino, si trasferisce a Firenze e dopo a Washington, vivendo del giornalismo e delle traduzioni letterarie. Nel 1962 ritorna a Lima, dove si stabilisce definitivamente, anche viaggiando spesso e soggiornando brevemente negli Stati Uniti, in Spagna e in Francia, ma ormai concentrata nella sua opera poetica, destinata a lasciare un segno indelebile nella poesia ispanoamericana del secondo Novecento. Prova di questo riconoscimento a livello internazionale sono le molte traduzioni della sua opera, in francese, in inglese, in tedesco, in italiano, in portoghese e in russo.
Fra i molti premi ricevuti, sono da sottolineare il «Premio Octavio Paz de Poesía y Ensayo» nel 2001, il «Premio Internacional de Poesía Ciudad de Granada Federico García Lorca» nel 2006 e il «Premio Reina Sofía de Poesía Iberoamericana» nel 2007; è stata inoltre insignita della Medaglia d’onore concessa dall’Istituto Nazionale di Cultura del Perù.
Al dolore per la sua scomparsa, che segue di quasi tre anni esatti quella del suo connazionale, amico e compagno di generazione, Jorge Eduardo Eielson, morto a Milano l’8 marzo 2006, si associa la certezza di un legato poetico forte, profondamente femminile e nello stesso tempo di spessore filosofico, testimone del suo tempo e della sua storia. Il testo che proponiamo qui è uno fra i più famosi e più antologizzati della sua produzione, ancora non tradotto in italiano. Ma è in programmazione un’antologia dell’Autrice, a cura di Antonella Ciabatti, per i tipi della casa editrice romana Ponte Sisto, nella collana “Doppiofondo”, diretta da Héctor Febles e Stefano Tedeschi.
CASA DE CUERVOS Blanca Varela
porque te alimenté con esta realidad mal cocida por tantas y tan pobres flores del mal por este absurdo vuelo a ras de pantano ego te absolvo de mí laberinto hijo mío no es tuya la culpa ni mía pobre pequeño mío del que hice este impecable retrato forzando la oscuridad del día párpados de miel y la mejilla constelada cerrada a cualquier roce y la hermosísima distancia de tu cuerpo tu náusea es mía la heredaste como heredan los peces la asfixia y el color de tus ojos es también el color de mi ceguera bajo el que sombras tejen sombras y tentaciones y es mía también la huella de tu talón estrecho de arcángel apenas pasado en la entreabierta ventana y nuestra para siempre la música extranjera de los cielos batientes ahora leoncillo encarnación de mi amor juegas con mis huesos y te ocultas entre tu belleza ciego sordo irredento casi saciado y libre con tu sangre que ya no deja lugar para nada ni nadie aquí me tienes como siempre dispuesta a la sorpresa de tus pasos a todas las primaveras que inventas y destruyes a tenderme nada infinita sobre el mundo hierba ceniza peste fuego a lo que quieras por una mirada tuya que ilumine mis restos porque así es este amor que nada comprende y nada puede bebes el filtro y te duermes en ese abismo lleno de ti música que no ves colores dichos largamente explicados al silencio mezclados como se mezclan los sueños hasta ese torpe gris que es despertar en la gran palma de dios calva vacía sin extremos y allí te encuentras sola y perdida en tu alma sin más obstáculo que tu cuerpo sin más puerta que tu cuerpo así este amor uno solo y el mismo con tantos nombres que a ninguno responde y tú mirándome como si no me conocieras marchándote como se va la luz del mundo sin promesas y otra vez este prado este prado de negro fuego abandonado otra vez esta casa vacía que es mi cuerpo a donde no has de volver
CASA DI CORVI (versione di Martha Canfield)
perché ti ho alimentato con questa realtà cotta male da tanti e tanto poveri fiori del male per questo assurdo volo a fior di pantano ego te absolvo di me labirinto figlio mio non è tua la colpa né mia povero piccolo mio di cui ho fatto questo impeccabile ritratto forzando l'oscurità del giorno palpebre di miele e guancia costellata chiusa a ogni sfioramento e la bellissima distanza del tuo corpo la tua nausea è mia l'hai ereditata come ereditano i pesci l'asfissia e il colore dei tuoi occhi è inoltre il colore della mia cecità sotto il quale ombre tessono ombre e tentazioni ed è pure mia l'orma del tuo tallone stretto d'arcangelo appena passato dalla finestra semichiusa e nostra per sempre la musica straniera dei cieli battenti adesso leoncino incarnazione del mio amore giochi con le mie ossa e ti nascondi dentro la tua bellezza cieco sordo irredento quasi appagato e libero con il tuo sangue che ormai non lascia spazio per niente e per nessuno eccomi qua come al solito disposta alla sorpresa dei tuoi passi a tutte le primavere che ti inventi e che distruggi a distendermi quale nulla infinito sopra il mondo erba cenere peste fuoco a qualunque cosa tu voglia per un tuo sguardo che illumini la mia salma perché è così questo amore che non capisce niente che non può niente bevi il filtro e ti addormenti in quell'abisso pieno di te musica che non vedi colori detti a lungo spiegati nel silenzio mescolati come si mescolano i sogni fino a quel goffo grigio che è il risveglio sul grande palmo di dio testa rasata vuota senza estremi e lì ti ritrovi sola e perduta nella tua anima senza altro ostacolo che il tuo corpo senza altra porta che il tuo corpo così questo amore uno solo e lo stesso con tanti nomi che a nessuno risponde e tu guardandomi come se non mi conoscessi andandotene come se ne va la luce del mondo senza promesse e ancora questo prato questo prato di nero fuoco abbandonato ancora questa casa vuota che è il mio corpo dove tu non tornerai
BIBLIOGRAFIA
Opera poetica
- Ese puerto no existe, 1959.
- Luz de día, 1963.
- Valses y otras falsas confesiones, 1972.
- Canto villano, 1978.
- Canto villano (poesia riunita, 1949-1983), prefazione di Roberto Paoli, México, FCE, 1986.
- Como Dios en la nada (antología 1949-1988), 1998.
- Donde todo termina abre las alas (poesia riunita 1949-2000), Galaxia Gutemberg, 2001.
- El falso teclado, 2001.
Studi critici
- Alberto Escobar, Sobre «Luz de día», in «Revista Peruana de Cultura» (Lima), n. 2, 1964.
- Julio Ortega, Lectura de la tradición: Blanca Varela, in Figuración de la persona, Barcelona, Edhasa, 1971.
- José Miguel Oviedo, Blanca Varela o la persistencia de la memoria, in «Eco» (Bogotá), n. 217, 1979.
- Octavio Paz, Destiempos de Blanca Varela, in Puertas al campo, México, UNAM, 1966.
- Gustav Siebenmann, Poesía femenina, in Poesía y poéticas del siglo XX en la América Hispana y el Brasil, Madrid, Gredos, 1997.
- Ramón Xirau, El vals, la música y otros infiernos, in «Plural» (México), n. 13, 1972.
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