FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 13 gennaio/marzo 2009 Nutrimenti |
POESIA E SPIRITUALITÀ di Viviane Ciampi |
Guardare le cose senza vederle veramente; addentrarsi in una foresta e non chiamare gli alberi con il loro nome; evitare di affrontare il nascosto, l’invisibile, l’oscuro perché c’impaurano; respingere il nostro mondo interiore perché arroccati all’esterno, nell’universo d’immagini fintamente rassicuranti. Vecchia storia che non offre spunti per il nutrimento. Sarà che non riusciamo a dirottare le abitudini percettive per ritrovare l’innocenza dell’occhio.
Come osservatrice, come artista, ha l’impressione che la poesia stia lasciando indietro la questione della spiritualità? La poesia sta dimenticando il valore del messaggio. È come se le parole poetiche si chiudessero in se stesse perdendo non solo la spiritualità nelle diverse forme, ma anche il senso della loro esistenza. Tempo fa avevo scritto: Dobbiamo cambiare l'ascolto Proprio in questi giorni è uscito il secondo numero della rivista "Poesia e spiritualità" e lei fa parte del comitato di redazione. Qual è stato il primo “nutrimento spirituale” di cui ha memoria? Forse dovrei ritornare indietro nel tempo, la prima scintilla è ormai lontana: la musica, il canto, o nuotare in mare per sentirne la forza o ancora perdersi a guardare le montagne e le nuvole… quei momenti sono stati esaltanti, nutrimenti spirituali improvvisi e imprevedibili. Erano i primi ingenui passi alla ricerca del nucleo vitale e per trovare il senso dell’Assoluto. Nei suoi libri parla di “transe dell’artista” (ci tiene a scrivere transe alla francese e non trance all’inglese come scrivono i più). Perché questa distinzione e che cos’è la “transe” dell’artista? Preferisco scrivere transe dalla parola latina transire, cioè passare, attraversare.
La fotografia della performance è in parte l’illusione di fermare il tempo? Le fotografie delle performance effettivamente “fermano il tempo”. La performance è un gesto unico e non una pièce teatrale. Le immagini permettono di memorizzare gesti, espressioni e situazioni irripetibili. L’esperienza dell’“isolamento in natura”, rappresenta per lei un grande momento di spiritualità. Attraverso le prime esperienze d’isolamento, necessario per il mio studio sul volo degli uccelli, ho cominciato il mio viaggio spirituale in Natura. Si trattava di riuscire ad entrare in profondità per conoscere.
Questa esperienza estrema d’isolamento (per chi non può viaggiare) si potrebbe fare, in casa, nel silenzio, con la lettura di un grande libro, o in una meditazione davanti al tramonto che spesso ci fa toccare il sublime. Esistono, in fondo anche i viaggi immobili… Non solo il viaggio permette di raggiungere l’esperienza estrema di isolamento, ma anche la stanzialità: sono modalità opposte che possono ugualmente provocare l’apertura in una direzione creativa.
E nella stanza un varco
L’ansia è un sentimento necessario per creare? L’ansia, nell’atto del creare è un passaggio, ma secondo me la vera spinta creativa è il dolore: si può trasformare in una energia forte. Le ferite scoperte si liberano e si curano nell’atto creativo.
Si possono fare esperienze spirituali senza credere in Dio? Nella ricerca dell’Assoluto come nutrimento, si entra in uno spazio-percorso dove non esiste necessariamente un Dio, ma molteplici esperienze che ti portano a riconoscere e a trovare il senso di un divino che illumina non solo il Mondo, ma anche tutto il Cosmo. Il pubblico è generalmente affamato di messaggi immediati. Le sembra uno dei motivi che rende difficile l’accesso all’arte contemporanea? Ricordo il mio intervento, sul tema: “Arte e ideologia” alla Queens University di New York nell’ottobre 2003, dove ero stata invitata da Peter Carravetta: in quell’occasione dichiarai innanzitutto la mia distanza da ricerche prettamente scenografiche e scioccanti, compiute per attrarre a tutti i costi l'attenzione del pubblico. Però credo nei cambiamenti, nelle proposte lontane e completamente separate dagli schemi predominanti nel cosiddetto ‘mondo dell'arte’, come quella realizzata con il mio progetto Atelier Nomade: presentare i propri lavori non solo in musei e gallerie, ma anche in altri luoghi in totale libertà, per esempio gli spazi in natura.4
Si sente talvolta dire: la parola inganna. I segni dell’artista, una volta buttati sulla tela, se mentono finiranno col mostrare la menzogna... I segni dell’artista, le parole di uno scrittore sulla tela o sulla pagina devono suscitare emozione e comunicare segni e parole altre che vengono dal profondo. Da questo punto di vista la menzogna può trasmettere solo altra menzogna, quindi segni e parole vuote. Jean-Paul Sartre diceva in modo sarcastico: «Ils croient que l’art console… ces cons!» (Questi scemi credono che l’arte possa consolare!). Le parole di Sartre sono state dichiaratamente provocatorie: l’arte non consola, ma cura e ti porta lontano... Come accolse, anni fa (in quanto artista attenta a tutto ciò che le accade attorno) quel fenomeno chiamato New Age e di cui adesso nessuno parla più? Era tutto da buttare? Negli anni ’60 l’antropologo Carlos Castaneda, con la pubblicazione dei suoi libri, tradotti e letti in tutto il mondo, aveva già aperto la via dichiarandosi un apprendista stregone a seguito dell’incontro con Don Juan, indiano Yaqui di Sonora.
1Cfr. Luisella Carretta, Dissociazione e Creatività/La transe dell’artista, Udine, Campanotto, 2005. 2Cfr. Luisella Carretta, Non volevo vedere l’orso, Udine, Campanotto, 2002. 3Henri Michaux, Ecuador [1929], tr. it. Macerata, Quodlibet, 2005, p. 92. 4Cfr. Luisella Carretta, Il mondo in una valigia. Atelier Nomade 2, Udine, Campanotto, 2006:
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LUISELLA CARRETTA
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