FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 11
luglio/settembre 2008

Generazioni

DENISE DESAUTELS: ARCHEOLOGIA DELL’INTIMO

di Claudine Bertrand e Viviane Ciampi



«Scrivo […] a tastoni nell’ombra folta d’una memoria, la mia, così simile a tante altre. Sotto molteplici strati di protezione, l’oscurità di un mondo da ripulire, sminare, disseccare».
Dunque, è qui, attorno alla memoria – memoria privata e non – che l’umana voce della poetessa canadese si leva: ella stessa si descrive come un’archeologa dell’intimo in grado di dissotterrare segreti inconfessabili che debbono essere portati alla luce attraverso il linguaggio e «per non invelenirli maggiormente».
Sullo sfondo del suo poetare appare una riflessione a volte dura, irriducibile, che domanda udienza al passato e al tempo stesso s’interroga sulla distanza che separa gli esseri: distanza che non può, non deve essere definitiva. Ma al di là del travaglio e dell’enigma, Denise Desautels possiede la capacità di arrivare fino alle acque limpide della fonte. L’intimo diventa il mettersi in gioco, l’ascolto d’un singhiozzo d’universo o perfino uno struggente passaggio di consegne (vedi il poemetto La dernière rivière dedicato al figlio in memoria del padre). Ci indica una umanità che sa tante cose «ma d’essenziale niente» come dice un verso di Louise Bouchard da lei scelto in exergo dello stesso poemetto di cui presentiamo alcuni stralci. Nel sentiero poetico tracciato dall’autrice sorprende il “décalage”, lo scarto, la sfasatura tra la gravità di ciò che avviene e quella sorta di stoicismo quieto con cui – tra mite e sublime, tra macro e micro storia – le cose vengono rivelate. Immettere l’infinito nell’infimo – questo fa Denise Desautels – affondando le unghie nell’inafferrabile.




POESIE DI DENISE DESAUTELS


1.

déjà il y a un siècle ou deux
la distance, un monde entre nous
chacun chacune en marche
son pôle, vers ailleurs
quelle langue parles-tu
quel ton, quelle syntaxe

le vertige éloigne
avec ce cri qu’on ne pousse pas
de moins en moins réel
en pleines ténèbres
chacun chacune
tête-bêche

or qui est l’autre
un siècle plus tard
dans cette ultime chambre
ce visage posé là, dissimulé derrière
cils de silence, peau
son ivoire me fait face

devant
tout est méconnaissable
même l’eau où nous nous sommes baignés
puis noyés
torrent, on dirait


1.

Già da un secolo o due
la distanza, un mondo tra noi
ognuno ognuna in cammino
il suo polo, verso altrove
quale lingua parli
quale tono, quale sintassi

la vertigine allontana
con questo grido soffocato
sempre meno reale
in mezzo alle tenebre
ognuno ognuna
a testa in giù

quindi chi è l’altro
un secolo più tardi
in quest’ultima stanza
quel volto lì posato, nascosto dietro
ciglia di silenzio, pelle
il suo avorio mi fronteggia

davanti
tutto è irriconoscibile
perfino l’acqua in cui ci siamo immersi
per poi annegare
torrente, si direbbe


2.

l’obscur, l’incertain
une affaire de nuit recommence
plein soleil

ce que je vois
solitude vive par tous tes pores
dans cet entre chien et loup final de juillet

une vie à la hauteur de la poitrine
c’est si clos soudain
l’horizon va, va
sans s’épuiser, sans signe excédentaire
que les aiguilles méthodiques
à ton poignet, ta montre
l’énigme
pour violoncelle seul
ta voix éteinte avant tout le reste
adieu mon amour
d’un autre temps
adieu

aujourd’hui ton corps masqué
en dessous une foule en chute libre
son calme effroi, on l’entend
seul indice


2.

l’oscuro, l’incerto
una faccenda notturna ricomincia
sole abbagliante

ciò che vedo
viva solitudine da tutti i pori
in quest’imbrunire di fine luglio

una vita ad altezza del petto
l’improvvisa chiusura
l’orizzonte va, va
senza fiaccarsi, senza traccia in eccesso
tranne le metodiche lancette
al polso, il tuo orologio
l’enigma
per solo violoncello
la tua voce spenta prima di tutto il resto
addio mio amore
d’un altro tempo
addio

oggi il tuo corpo mascherato
sotto una folla in caduta libera
il suo quieto terrore, si percepisce
unico indizio


3.

je reconnais la rivière
à gauche, elle coule
dans un rectangle de fenêtre
au simple toucher
la bague d’une autre à ton annulaire
et ton visage ailleurs
tout près

on ne sait plus ni qui ni quoi
entre et sort dans
ce dimanche étroit
tandis que le soleil touche
ton dernier lit

la rivière coule, linceul déjà
mobile, indifférent

même sans avenir
cette chambre n’est pas encore verte
malgré son authentique
étrangeté

est-ce encore nous
l’inconnu au bout de mes doigts
de l’autre côté
si peu


3.

riconosco il fiume
a sinistra, scorre
in un rettangolo di finestra
al semplice tastare
la fede di un’altra al tuo anulare
e il tuo viso altrove
vicino

non si sa più né chi né cosa
entra ed esce in
questa stretta domenica
mentre il sole sfiora
il tuo ultimo letto

scorre il fiume, sudario già
mobile, indifferente

pur senza avvenire
questa camera non è ancora verde
nonostante la sua autentica
estraneità

siamo sempre noi
lo sconosciuto in fondo alle mie dita
dall’altra parte
così poco


4.

ici, autrefois
c’est si ample soudain
entre rivière et chambre

du fond vers la surface
je nous ramène vers moi
et compte les pièces de l’étreinte

la scène s’étend partout
occupe l’espace
mur et sol
à la fois couchée et debout
remplie de granit, remplie d’eau


l’angle droit de mon regard
mur et sol
cinq bassins d’eau, cinq plaques de granit
comme dans Stations de Bill Viola
des corps plongent, maladroitement
bougent, se débattent, tentent d’assumer
jusqu’au bout
leurs noirceurs plurielles
et les corps replongent inutilement
en désespoir de cause

car
à la fin tout meurt


4.

qui, un tempo
è così ampio d’improvviso
tra fiume e stanza

dal fondo verso la superficie
riporto noi verso di me
e conto i pezzi dell’abbraccio

la scena si estende ovunque
occupa lo spazio
muro e suolo
sdraiata e ritta insieme
colma di granito, colma d’acqua

l’angolo retto del mio sguardo
muro e suolo
cinque vasche d’acqua, cinque lastre di granito
come in Stations di Bill Viola
i corpi si tuffano, maldestri
si muovono, arrancano, tentano di reggere
fino all’ultimo
la loro plurale oscurità
e i corpi ricadono inutilmente
come ultima risorsa
poiché
alla fine tutto muore


6.

dans l’anonymat de cette chambre
un siècle ou deux de mémoire
aujourd’hui
là, debout, je ne suis pas
n’étais pas prévue

mais à la manière d’un roman
trente-cinq ans plus tard
notre enfant fait homme
le fil de l’eau entre nous, je le tiens
errante, égarée, une histoire
laquelle

les mots de la fin se précipitent
le mystère, la douleur
ouvrir, ouvrir, comme on le dit de l’espoir
mais tes paupières résistent

le jour reste noir
le froid, les larmes
c’est l’épouvante
malgré le bleu, l’extrême bleu

soudain j’exige, je crie
un peu de sens au verbe
mourir


6.

nell’anonimato di questa stanza
un secolo o due di memoria
oggi
là, in piedi, non sono
non ero prevista

ma alla maniera di un romanzo
trenta cinque anni dopo
nostro figlio fatto uomo
il filo dell’acqua tra noi, lo trattengo
errante, smarrita, una storia
quale

le parole della fine precipitano
il mistero, il dolore
aprire, aprire, come lo si dice della speranza
ma resistono le tue palpebre

il giorno resta buio
il freddo, le lacrime
è lo spavento
nonostante l’azzurro, l’estremo azzurro

di colpo esigo, grido
un po’ di senso al verbo
morire


7.

un jour quelqu’un
oublions tout le reste
que ça va finir

disons toi, nous, intimement
avant, hors le moindre malentendu
sans personne, ni guerre ni quelque obsession

avant ce paysage de murs
ce plus jamais
toi, nous
ni celle ni celui
que nous avons choisis

dis-moi où continue le futur
jusqu’où ce ciel rampant

avant, toi palpable encore, toi
notre exigence posée
affirmée
même en territoire muet

toi, nous, l’espérance peu à peu
d’un second hasard
? deux ou trois syllabes inédites
comme un don


7.

un giorno qualcuno
dimentichiamo tutto il resto
che sta per finire

diciamo tu, noi, intimamente
prima, fuori dal minimo malinteso
senza nessuno, né guerra né qualche ossessione

prima di quel paesaggio di muri
quel mai più
tu, noi
né colei né colui
che abbiamo scelto

dimmi dove continua il futuro
fin dove quel cielo strisciante

prima, tu ancora palpabile, tu
posta la nostra esigenza
affermata
anche in territorio muto

tu, noi, la speranza a poco a poco
d’una seconda opportunità
– due o tre inedite sillabe
come un dono


Da La dernière rivière (pubblicato nel numero 14 della rivista Pyro, Parigi, Éditions Le Grand Incendie, aprile 2008.




I poemetti La pose e Avant l’aurore di cui proponiamo alcuni frammenti sono stati pubblicati in un primo tempo in un libro collettivo poi in un libro in edizione artistica ed infine presentati sotto il titolo di: L’œil au ralenti, Montréal, Éditions du Noroît, 2007, 224 pagine.


1.

Elle entre patiemment dans le siècle, l’intention ample, et prend la pose.

Son visage couvert de regards se ferme, volontaire, sous un ciel rare. Elle fait la morte, victime plus vraie que nature, encore inapaisée, se donne des airs d’holocauste — son corps répandu partout, hors du cadre, parmi les vrais, ceux qui ne jouent pas, ne trichent pas —, cherche à se fondre dans la masse, pousse loin le simulacre, du malheur plein les pores, la peau, l’espoir, des fibres d’abandon sur ses paupières et jusqu’au bout de ses cils, s’enfonce, fausse, sans attente ni utopie, disparaît le temps du déclic, puis par fragments revient, seule, artiste, à fleur de terre, l’œil paradoxal,

là où ses petites histoires, mine de rien, s’emboîtent les unes dans les autres.


1.

Entra pazientemente nel secolo, con ampia intenzione, e si mette in posa.

Il suo volto pregno di sguardi si chiude, volitivo, sotto un raro cielo. Si finge morta, vittima più vera che in natura, ancora implacata, si dà arie d’olocausto – il suo corpo sparso ovunque, fuori dalla cornice, in mezzo ai veraci, coloro che non giocano, non barano –, cerca di fondersi nella massa, porta lontano il simulacro, con l’infelicità che trasuda dai pori, la pelle, la speranza, fibre d’abbandono sulle sue palpebre e fino in fondo alle ciglia, sprofonda, falsa, senza attesa né utopia, sparisce il tempo dello scatto, poi per frammenti ritorna, sola, artista a fior di terra, l’occhio paradossale,

laddove le sue piccole storie, come se niente fosse, s’incastrano le une nelle altre.


2.

Où allons-nous, qui sommes-nous, disséminées parmi les choses terrestres ?

Se voit morte. Tout entière. Cernée d’absence. À distance d’elle-même. Ses pupilles aussitôt en arrêt sur les mottes de terre noire, qui étranglent son cou ; sur la laque blonde de ses cheveux ; sur la poussière de craie qui râpe ses joues ; sur l’immobilité têtue de ses paupières encore entrouvertes à l’orée du chaos ; sur ce trop bref silence de sa lèvre supérieure ; sur la saleté granuleuse du vêtement qui recouvre son épaule droite, sans défense, la seule visible, la seule offerte à son propre regard tandis que le reste s’est perdu, a foutu le camp.

La mort avance, disponible, constante, gagne du terrain et se propage d’une bouche à une autre ; la mort en pointillé chaque fois plus théâtrale.


2.

Dove andiamo, chi siamo, disseminate tra le cose terrene?

Si vede morta. Nella sua interezza. Cerchiata d’assenza. Distante da sé. Le sue pupille di colpo ferme sulle zolle di terra nera che la strangolano; sulla lacca bionda dei suoi capelli; sulla polvere di gesso che le raspa le guance; sulla testarda immobilità delle palpebre ancora schiuse sul ciglio del caos; su questo troppo breve silenzio del labbro superiore; sulla ruvida sporcizia del vestito che le ricopre la spalla destra, senza difesa, la sola visibile, la sola offerta al suo stesso sguardo mentre il resto si è smarrito, ha tagliato la corda.

La morte avanza, disponibile, costante, guadagna terreno e si diffonde da una bocca all’altra; la morte nel tratteggio ogni volta più teatrale.


3.

Reste l’enjeu. Reste l’effroi greffé sur chaque atome du corps vivant.

Peu importe le vrai ou le faux de la mort ; peu importe l’inconfort qui subtilement anime le grain des images et des mots qu’on interrompt au passage, artifices divers sans cesse reportés sur le papier, l’écran ou la scène, sur tant d’univers fabriqués qui retiennent, vissées à leurs planches, des milliards de chevilles ; peu importe la trahison mesurée du dernier souffle, sa folle théâtralité aspirant les corps, les gestes et jusqu’au fond de l’espace, reste l’effroi humain greffé sur chaque atome du corps vivant, continûment mortel, condamné à revivre son épouvante à chaque répétition de la fin.

L’artiste se met en jeu, en joue dans les ébauches du réel.

D’ailleurs : où l’a-t-on déjà vue, cette scène ?


3.

Resta la posta in gioco. Resta lo spavento trapiantato su ogni atomo del corpo vivente.

Poco importa verità o falsità della morte; poco importa la scomodità che sottilmente anima la tessitura delle immagini e delle parole che vengono interrotte di sfuggita, vari artifici di continuo trasferiti sul foglio, lo schermo o la scena, su così tanti universi fabbricati che trattengono, inchiodate ai loro palchi, miliardi di caviglie; poco importa il tradimento calcolato dell’ultimo respiro, la sua folle teatralità che aspira i corpi, i gesti e fino al termine dello spazio, resta lo spavento umano innestato su ogni atomo del corpo vivente, continuamente mortale, condannato a rivivere il suo spavento ad ogni ripetizione dalla fine.

L’artista si mette in gioco, se ne giova negli abbozzi del reale.

D’altronde: dove si è già vista questa scena?


4.

Peu importe à qui appartient cette tête maquillée par le deuil, car c’est là sans appui que je me repose, que je vous rejoins, dit-elle.

À distance de moi-même, égarée parmi des restes interchangeables, magicienne livrée aux subterfuges, à l’horreur que je lis sur vos iris fauves, à l’horreur qui me tue, et qui va et vient entre nous, ardoise striée de prénoms sonores, suaire rigide, debout devant l’horreur, oscillant entre vous et moi, vulnérables à l’excès, jusque dans nos dénis, jusque dans nos évidences, happées par elles, cela va de soi, nos bouches pourtant closes, au repos, complices même, si semblables à la mort avant n’importe quelle mort.

Or, immanquablement ce silence rougit nos lèvres.


4.

Poco importa a chi appartiene quel capo truccato dal lutto, poiché è lì senza sostegno ch’io mi riposo, che ti raggiungo, lei dice.

A distanza di me stessa, smarrita tra i resti intercambiabili, maga abbandonata ai sotterfugi, all’orrore che leggo sull’iride tua fulva, all’orrore che m’uccide, andirivieni tra noi, ardesia rigata di nomi sonori, rigido sudario, ritto davanti all’orrore che oscilla tra te e me, vulnerabili oltre misura, fin nei nostri dinieghi, fin nelle nostre evidenze, ghermite da esse, inutile dirlo, le nostre bocche benché chiuse, a riposo, persino complici, così simili alla morte prima di qualsiasi morte.

Tuttavia, immancabilmente quel silenzio arrossa le nostre labbra.


5.

Immanquablement nous mourons, engluées dans nos larmes, après chaque disgrâce.

La pose apprise nous revient. Nous sommes bien assises, calées dans nos fauteuils comme au cinéma, légèrement en retrait de la tragédie, et cependant portées par l’élan de ses cimetières qui défilent devant et derrière nos rétines barbouillées de ruses. Des personnages et leurs ombres, d’instinct reconnaissables, ont installé en nous leur dernier bruit. Nous sommes habitées. À chaque nouvelle catastrophe, nous reviennent la pose, et les répliques apprises, et cette fascination qu’un surcroît de pitié à chaque fin raffermit, et nous jouons, jouons, jouons…

Pleureuses impénitentes. Ce rôle nous va comme un gant.


5.

Immancabilmente moriamo, invischiate nelle nostre lacrime, dopo ogni sventura.

Rammentiamo la posa imparata. Siamo sedute in comoda postura nelle nostre poltrone come al cinema, appena distanziati rispetto alla tragedia, tuttavia portate dall’impeto dei suoi cimiteri che sfilano davanti e dietro le nostre rètine imbrattate di furbizia. Personaggi e loro ombre, d’istinto riconoscibili, hanno installato in noi il loro ultimo clangore. Siamo abitate. A ogni nuova catastrofe ci ritornano la posa e le battute imparate, e quella fascinazione che un sovrappiù di pietà a ogni finale rafforza, e recitiamo, recitiamo, recitiamo…

Prefiche impenitenti. Questo ruolo ci calza a pennello.

Da La pose


1.

Écho entre fenêtre et fêlure. Elle le sent s’activer dans le vague de l’air ; le sent remuer fort en elle sous le muscle ; le devine, dehors dedans, jais qui s’acharne, se déploie, ample, touffu, grave, semblable à lui-même. Lui donne un nom, tout droit sorti de l’enfance et de l’automne : «Noir». Répète : «Noir». Le matin s’ouvre, vieux déjà, et la nuit s’y expose. Même broyé, même mobile, elle le reconnaît. En a l’habitude, en sait long sur son compte, forcément rejointe par ses assauts, ses mystères, ses ruses et l’empreinte qu’il laisse, à chaque instant, sur la suite du monde : lamento, nocturne, requiem, tombeau, nature morte. Sous cet angle, la lumière n’a plus tout à fait le profil de la lumière.


1.

Eco tra finestra e incrinatura. La sente attivarsi nella vaghezza dell’aria; la sente muovere con forza in lei sotto il muscolo; la indovina, fuori, dentro, pece che si accanisce, si dispiega, ampia, folta, grave, simile a se stessa. Le dà un nome, uscito dritto dall’infanzia e dall’autunno: «Buio». Ripete: «Buio». Il mattino s’apre, già vecchio, e la notte vi si espone. Pur stritolata, pur mobile, la riconosce. Ne ha l’abitudine, la sa lunga su di lei, necessariamente raggiunta dai suoi assalti, misteri, furbizie e dall’impronta che lascia, a ogni istante, sul seguito del mondo: lamento, notturno, requiem, tomba, natura morta. Da quell’angolatura, la luce non ha più del tutto il profilo della luce.

Da Avant l’aurore


Traduzione dal francese di Viviane Ciampi




DENISE DESAUTELS

È nata a Montréal, nel 1945, ha pubblicato, in Québec e all’estero, più di trenta raccolte di poesie e libri in edizioni artistiche grazie ai quali ha ricevuto numerosi premi e onorificenze, in particolare il prix du Festival international de poésie de Trois-Rivières, prix du Gouverneur général du Canada e la bourse de carrière du Conseil des arts et des lettres du Québec.
È anche autrice di un racconto, Ce fauve, le Bonheur (l’Hexagone 1998), di un abbecedario, Ce désir toujours (Leméac, 2005), e di cinque opere di drammaturgia di cui una, Voix, è stata premiata dalle radio pubbliche di lingua francese. Nel 2004, Mémoires parallèles (Le Noroît), un’antologia del suo lavoro poetico – scelta e presentazione di Paul Chamberland –, è stata pubblicata per le Éditions du Noroît e, nell’autunno 2007, Le cœur et autres mélancolies (Aporée, Rennes) e L’œil au ralenti (Le Noroît). Denise Desautels è membro de l’Académie des lettres du Québec.


claudine5000@hotmail.com
viviane_ciampi@fastwebnet.it