FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 10 aprile/giugno 2008 Identità & Conflitto |
MÁRGARA RUSSOTTO, POESIE di Alessio Brandolini e Martha Canfield |
Márgara Russotto nasce a Palermo nel 1946, dove vive fino all'età di dodici anni. Poi con la famiglia si trasferisce in Venezuela, si laurea a Caracas, si specializza in Brasile e inizia a insegnare. Attualmente è docente alla University of Massachussetts di Amherst, negli Stati Uniti. Oltre a saggi e traduzioni ha pubblicato i libri di poesia: Restos del viaje (979), Brasa (1980), Viola d'amore (1986), Épica mínima (1996) e, nel 2002, El diario íntimo de Sor Juana (poemas apócrifos), da dove sono tratti i testi qui proposti.
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POESIE Traduzioni di Martha Canfield da
da El diario íntimo de Sor Juana
(Madrid, Ediciones Torremozas, 2002)
Viola d'amore e altri versi
(LietoColle, 2005)
Márgara Russotto
De todas las que soy De todas una sola me acongoja: A esa junto al fuego acariciara Abandona tu enojo
Fra tutte quelle che sono Fra tutte loro una soltanto mi sconvolge: Quella vicino al focolare vorrei accarezzare Lascia pure la tua rabbia
Pero entonces ¿a qué buscar en tantos libros Todo sabremos del espacio Algo más sabremos de ciertas pasiones Todo quizás de los vientos Menos lo indecible tan ansiado
Ma allora a che pro cercare in tanti libri Tutto sapremo dello spazio Qualcosa in più sapremo di certe passioni Forse tutto dei venti Meno dell'indicibile tanto sospirato
Primeramente es la lengua Juramentos de pureza Reconocimiento del hereje en los días de fiesta. Las mujeres hechiceras deben ser quemadas. La abjuración en lengua vulgar ¿Por qué te demoraste en seguir Repetir tres veces el nombre del Señor. Y ya está dicho: y lanzado sea a la hoguera.
In primo luogo è la lingua Giuramenti di purezza Riconoscimento dell'eretico nei giorni di festa. Le donne fattucchiere devono essere bruciate. L'abiura in lingua volgare Perché hai tardato tanto a seguire Ripetere tre volte il nome del Signore. Ed è stato detto: e gettato nel fuoco.
Se hace el almíbar como siempre y todo bien batido y se come en paz viendo a lo lejos y una astillita de canela
Si fa lo sciroppo come al solito e tutto quanto ben mescolato poi si mangia in pace lo sguardo in lontananza e uno stecchetto di cannella
Intimo. Intimidad. Intimatio. Intimación. Intolerancia.
Intimo. Intimità. Intimatio. Intimazione. Intolleranza.
No expulsarán a la criada No perderé la salud No es cierto que mucho Más ocupación espiritual
Non cacceranno via la serva Non mi rovinerò la salute Non è vero che proprio molto Più spirituale occupazione
La noche de los moribundos En verdad no tiene estrellas Parada y pesada Nada deja ver Fiera agazapada entre sagrados óleos Lenta
La notte dei moribondi In verità non ha stelle Pesante e fermo Non lascia trasparire niente Belva in agguato tra le estreme unzioni Lenta
¿Ha de quedar a oscuras ¿No se sabrán mis penas?
Resterà al buio Non saranno conosciute le mie sofferenze? traduzione dallo spagnolo di Martha Canfield
CINQUE DOMANDE A MÁRGARA RUSSOTTO
Pur essendo nata in Italia e vissuta in Sicilia fino all'età di dodici anni, hai iniziato a scrivere le tue poesie direttamente in spagnolo. Com'è stato il passaggio dalla lingua materna alla nuova lingua acquisita? Questo anche in riferimento a i tuoi versi che dettano "In primo luogo è la lingua / che dev'essere domata".
Ho sempre scritto poesie, anche da bambina, e dunque in italiano. A scuola la maestra leggeva i miei compiti di composizione, cioè i temi, a voce alta ed erano sempre molto apprezzati. Il passaggio dunque fu forse da un "contenitore" all'altro, per dirlo in modo molto semplificato (semplificatissimo, perché si sa bene che contenuto e contenente si modificano a vicenda; ma questo è un altro discorso). Ci tengo a chiarire che lo sbocco della poesia non deve essere automaticamente avvicinato, nel mio caso, al fatto dell'emigrazione, o al cambio di vita, o ai problemi con un contesto ed una lingua stranieri. Certo ci fu un periodo di adattamento, ma lo spagnolo diventò presto la "nostra" lingua, anche se a casa si parlava sempre sia l'italiano sia il dialetto, a seconda dei casi. La felicità di rivedere mio padre dopo vari anni, la dolcezza del clima eternamente primaverile, attenuava qualsiasi disagio. Non credo che il passaggio fosse stato traumatico; certamente fu comico, imbarazzante, pieno di malintesi che poi diventarono leggende; di perdite e di conquiste che si alternavano, senza che io ci capissi niente. Anche il contesto venezuelano era molto tollerante in questo senso. E poi io ho sempre avuto vocazione alla felicità. Lo spagnolo fu dunque un arricchimento definitivo, il primo di tanti altri arricchimenti culturali che vennero dopo.
Hai vissuto per decenni in Venezuela, ora insegni negli Stati Uniti, ad Amherst, la città della Dickinson, però ora sei in Italia sfruttando il tuo "anno sabbatico": quali sono i tuoi legami con l'Italia e, in particolare, con la poesia italiana?
I miei legami con l'Italia sono quelli "naturali", quelli delle origini. Ho molti parenti e amici sparsi per l'Italia. Vengo spesso. È un punto di partenza non scelto, ma accettato anche con un po' di orgoglio e gratitudine. Senza discussione. Ma devo aggiungere che questo "senza discussione" è soltanto un punto del lungo processo nella ricerca della propria identità. Le origini, si sa, non costituiscono uno stato inerte e rigido per sempre; si può sempre andare più indietro; ci si può costruire sopra un castello (anche di carte, a volte). Poi certamente vennero quelli "artificiali", quei legami con uno spazio immaginario che si pensa quasi sempre lontano; lontano nel tempo o nello spazio: l'infanzia felice, i paesaggi di serena bellezza "pascoliana", l'amore e la protezione dei genitori, insomma ciò che sono le fonti preferite da moltissimi poeti in qualsiasi lingua. Insieme a questa idealizzazione di un'Italia che non esiste, ci sono anche i legami letterari e interuniversitari. L'università mi è sembrata molte volte l'unica vera "casa" dove è possibile intrecciare tutti i legami sparsi. Sono legami più obbiettivi ma non meno "fantastici". In primo luogo perché le prime poesie amate sono state quelle di Leopardi; e dopo perché durante molti anni mi sono dedicata (e mi dedico ancora) alla traduzione in spagnolo di scrittori italiani: Giuseppe Ungaretti, Alfonso Gatto, Claudio Magris, fra tanti altri pubblicati dalla casa editrice venezuelana Monte Ávila. Tradurre, "tradire" e trasmettere la poesia italiana è stato un cammino parallelo a quello di tradurre, "tradire" e trasmettere la poesia latinoamericana nelle aule universitarie. In questo senso, mi sembra di non avere mai perso i legami con la cultura italiana, nell'insieme (o nella rete) di tutti gli altri legami con i luoghi dove ho vissuto (o immaginato).
In una tua poesia della raccolta Epica minima (1996), parli di tuo padre e delle tue origini con versi asciutti, tesi, essenziali: "Ma di radici / neanche il ricordo. / Ne siamo privi. / A parte il corpo che ci protegge / che si può accarezzare goffamente / nessuna terra basta". Márgara, so di aprire argomenti sul quale potremmo parlare all'infinito: la situazione dell'immigrante dalla Sicilia al Venezuela, quella della donna immigrata che decide di occuparsi di letteratura e di scrivere poesia... La sensazione, presente nella tua poesia, di estraneità e distacco, di fragilità delle proprie radici e forse per questo "nessuna terra basta"...
Veramente neanche io saprei spiegarmi queste caratteristiche della mia poesia che hai descritto così bene. Forse l'estraneità e il distacco sono stati vissuti da sempre, e non è un fatto di data storica ma una condizione umana. È uno sguardo che si sofferma sull'incomprensione, sulle difficoltà di comunicazione tra tutti gli esseri, sull'imperscrutabilità del linguaggio. Il linguaggio, per chi è perfettamente bilingue come me, è una passione e un enigma senza fine, un andare e tornare, un gioco e una fatalità che non si risolve mai. L'uno è l'altro. Questo è quello. Forse per questo le radici hanno un limite temporale, una fragilità concreta che bisogna amare e rispettare, soprattutto nei momenti di grandi disastri. Epica mínima è stato - o vorrebbe essere, non lo so - il mio piccolo ("minimo") omaggio poetico al grande disastro che vive l'emigrante fuori dalla sua terra, non per nostalgia o rammarico, ma perché capisce che non esiste una "terra propria". Né quella che ha lasciato, né quella che ha trovato. E non esiste perché questo dramma attraversa tutte le civiltà. È il dramma degli schiavi neri brutalmente strappati dall'Africa durante la colonizzazione americana. È il dramma delle donne a cui non è permesso di essere padrone del proprio corpo. Temi che appaiono anche chiaramente in questo libro.
Questo 10° numero di "Fili d'aquilone" ha come titolo Identità & Conflitto, questo mi ha orientato a scegliere testi tuoi dalla raccolta El diario íntimo de Sor Juana (2002), poi tradotti da Martha Canfield per l'antologia Viola d'amore e altri versi (LietoColle, 2005). Nella raccolta è molto forte la ricerca della propria identità, di Juana, certo, ma anche di te stessa, che genera conflitto. Penso, per esempio, a un testo come "Fra tutte quelle che sono", come se l'io fosse in perenne conflitto e questo generasse diverse identità. Così Suor Juana, la suora messicana vissuta nel Seicento, diventa un simbolo di anticonformismo, di coraggio e sfida continua, di curiosità intellettuale.
Suor Juana Inés de la Cruz è una figura emblematica e straordinaria della poesia e della cultura latinoamericana. Per molti anni la sua splendida opera nel contesto della vita messicana coloniale fu materia dei miei corsi universitari. Inventare un suo diario apocrifo mi ha permesso di esplorare alcuni punti di contatto fra me e lei sulla problematica della donna come artista e come intellettuale indipendente, ancor oggi roventi e dolorosi. Anche lei infatti, a causa della sua coscienza femminile e della sua passione per lo studio, è stata spinta sull'orlo dell'Inquisizione. Il verso che citi, "Fra tutte quelle che sono", è una citazione di una sua poesia contro gli abusi dell'interpretazione o dell'esegesi patriarcale che vorrebbe controllare il suo discorso, fermare il suo desiderio, regolamentare la sua identità. E per questo lei avverte che qualsiasi "versione" di sé non corrisponde alla realtà, perché la scrittura, la poesia, è un luogo che esula dall'ottusità razionale. Nel suo caso i conflitti con l'io si riportano ai dibattiti teologici con il suo confessore, sono strategie di fuga dalla censura ecclesiastica, e sono anche riflessioni di poetica sulle differenze tra arte e vita. El diario íntimo de Sor Juana riprende e ricolloca liberamente, dentro contesti, stili poetici e momenti storici diversi, questo problema: le implicazioni del giudizio (degli uomini) sull'opera artistica e letteraria (delle donne); l'ansia incontenibile di congelare un'identità per meglio dominarla; e le diverse strategie femminili per ottenere la libertà dell'intelligenza.
Un altro aspetto presente nella tua opera, e che riguarda sempre il tema dell'identità, è quello della condizione della donna e del suo disagio nel mondo contemporaneo, ancora fortemente maschilista. Però nei tuoi testi il problema femminile non sembra legarsi soltanto a una condizione sociale di disuguaglianza o, meglio, è come se le differenze sociali ne rispecchiassero altre, più profonde e arcaiche, ovvero quelle esistenziali. Cito ad esempio un testo, ironico ma tragico, come il "Manuale degli inquisitori".
"Il Manuale degli inquisitori (1607)" è un esempio interessante di quello che dici. Quando facevo la mia ricerca sul mondo di Suor Juana (messicanismi, cucina coloniale, vita nei conventi), trovai un antico manuale in lingua portoghese che insegnava con lusso di particolari il "metodo" - non soltanto retorico -, per far confessare gli accusati di eresia. Fu una scoperta che mi lasciò perplessa. La mia poesia riproduce alcuni passi testuali di questo libro, ma in chiave ironica e carnevalesca. Mostra poi l'arroganza e il fanatismo degli inquisitori, fa svanire il tempo storico chiuso nella parentesi, e svela le radici antichissime (e burocratiche) del male che riappare nel nostro secolo. Così anche la lingua - soprattutto la lingua - viene "domata", e cioè sottomessa in mille modi e trasformata in uno strumento di potere, come si dice nei primi versi. E parliamo tanto della lingua letteraria (che sta alla base della poesia stessa), quanto di quella fisica (che viene strappata durante le torture eseguite dall'Inquisizione, o da tanti regimi dittatoriali).
Firenze, 20 marzo 2008
canfieldmartha@gmail.com
In primo luogo è la lingua
che dev'essere domata
DE TODAS LAS QUE SOY
poco prefiero
la abeja industriosa en su trajín,
o la cigarra aplastada en el verano,
tampoco aquella cebra distraída en las alturas
que tan diversas de mí
siempre andan.
la salvaje
atravesando el lodo,
la extraviada oveja
la alocada y perdida de ti.
y con manta seca le abrigara el frío.
Por esa sola de rodillas te diría:
¡Basta, Señor !
que nada has entendido, mi Señor,
mi inalcanzable
mi iracundo
patriarca.
FRA TUTTE QUELLE CHE SONO
non preferisco certo
l'ape operaia nel suo andirivieni,
né la cicala schiacciata d'estate,
e neanche quella zebra assorta lassù in alto
così diverse da me
sempre in giro.
la selvaggia
che attraversa il fango,
la pecora smarrita
folle di te e perduta.
e con asciutto manto proteggere dal freddo.
Soltanto a causa sua in ginocchio ti direi:
Ora basta, Signore!
che nulla hai capito, mio Signore,
mio irraggiungibile
mia adirato
patriarca.
ANOTADO EN LOS MÁRGENES DE UN LIBRO
DE ASTRONOMÍA DEL PADRE EUSEBIO KINO
si la belleza del saber se esconde
y tenues flotamos en el éter
de quimeras astronómicas surcado
la errada vanidad mundana?
sensorium de Dios y su medida
de los climas
ANNOTATO IN MARGINE A UN LIBRO
DI ASTRONOMIA DI PADRE EUSEBIO KINO
se la bellezza del sapere si nasconde
e tenui galleggiano nell'etere
dalle chimere astronomiche solcato
l'errata vanità mondana?
sensorium di Dio e della sua misura
e dei climi
EL MANUAL DE LOS INQUISIDORES (1607)
que debe ser domada
torcida
mutilada
extirpada.
sobre los Santos Evangelios:
contestar que sí.
Primer signo:
por sus ojos encajados
de ver malos espíritus.
Segundo:
rostro escondido en la capucha.
Tercero:
puede no usar capucha y cojear un poco.
De inmediato las conoceréis
porque hablan del futuro,
cultivan hierbas hediondas
y locas de remate
quieren hacer de médico.
nunca en eclesiástico latín,
para colectivo escarmiento y terror.
nuestro buen consejo?
Sigue formulario para humillar al sospechoso:
Hija mía, por aquello que oímos decir que tu pensaste
el que no creyere en mí
quebrado sea en dos como rama seca
MANUALE DEGLI INQUISITORI (1607)
che dev'essere domata
ritorta
mutilata
estirpata.
sui Santi Vangeli:
rispondere di sì.
Primo segno:
gli occhi affossati
da vedere gli spiriti cattivi.
Secondo:
volto nascosto nel cappuccio.
Terzo:
può non portare il cappuccio e zoppicare alquanto.
Immediatamente le conoscerete
perché parlano del futuro,
coltivano erbe puzzolenti
e matte da legare
vogliono fare il dottore.
mai in latino ecclesiastico,
per collettiva punizione e terrore.
il nostro buon consiglio?
Segue ricettario per umiliare chi è sospettato:
Figlia mia, per quel che abbiamo sentito dire che tu pensavi
colui che non crede in me
sia spezzato in due come un ramo secco
MANJAR DE CEBOLLAS
y así que esté pronto
desde lo alto se le añade
con displicencia
una flor de mantequilla
y ya en su punto se le echan huevos con clara y todo
y hervir fuerte
y en lluvia fina rociarle pasas
cacahuetes
y poner sobre mamón con sus fragancias
y al aire un tantito se refresca
y así se ve en la mesa tan alegre
que siempre es un pecado el primer mordisco
con una jarra de agua de azahar
MANICARETTO DI CIPOLLA
e non appena pronto
dall'alto gli si aggiunge
con indifferenza
una noce di burro
e quando è a punto si aggiungono le uova compresi gli albumi
si fa bollire a fuoco alto
e a pioggia si spruzza l'uvetta
noccioline
e si spalma sul pane con tutti i buoni odori
all'aria si fa dopo rinfrescare
e così a tavola sembra tanto allegro
che è un vero peccato dargli il primo morso
con la brocca dell'acqua di zagare
BÚSQUEDA DE LA PALABRA PERFECTA
Intacto.
Interno. Interior. Incubo.
Inteligencia. Intención. Intensidad.
Inconsecuencia.
Irradiación.
Irradiación sí. Irradiato.
Idem. Ibidem. Identidem.
Iris. Ibis.
Igneo.
Ignominioso. Ignorante. Iluso.
Immolator. Inmodestia.
Imperio. Imperturbable.
Implorar.
Indigo. Indigencia. Indulgencia.
Inquisición.
Inútil. Infecto. Imperfecto. Inflamado.
Insepulto.
Insidia. Insomnio. Ictericia.
Irreverencia
Introito.
Igitur.
RICERCA DELLA PAROLA PERFETTA
Intatto.
Interno. Interiore. Incubo.
Intelligenza. Intenzione. Intensità.
Inconseguenza.
Irradiazione.
Irradiazione sì. Irradiato.
Idem. Ibidem. Identidem.
Iride. Ibis.
Igneo.
Ignominioso. Ignorante. Illuso.
Immolator. Immodestia.
Impero. Imperturbabile.
Implorare.
Indaco. Indigenza. Indulgenza.
Inquisizione.
Inutile. Infetto. Imperfetto. Infiammato.
Insepolto.
Insidia. Insonnia. Itterizia.
Irriverenza.
Introito.
Igitur.
ASTUCIA Y DESOBEDIENCIA
sin nombre.
A mi niña salvaje ninguna reprimenda.
No quedaremos
almas de acidez altiva
sin la fresca mañana que trae
su paso alborotado
sus malicias.
si me entretiene su parloteo matutino
río que salta entre las piedras
trinos servidos con el café
después de los maitines
Que amaneció con lluvia
Ya le advertí
Que largos gemidos se oyen
y falta siempre azúcar.
me perturba el bullicio
y que en el silencio del saber neutral
he de quedar sumida
solemne
y consagrada.
que el fragor de esta lucha
¿habrá?
FURBIZIA E DISUBBIDIENZA
senza nome.
Per la mia bambina selvaggia nessun rimbrotto.
Non rimarremo
anime dall'altezzosa acidità
senza il fresco mattino che porta
il baccano dei suoi passi
le sue cattiverie.
se mi intrattiene il suo parlottare mattiniero
fiume che salta le pietre
gorgheggi serviti con caffè
dopo l'ufficio notturno
Che il giorno si presenta piovoso
Io l'ho avvisata
Che lunghi gemiti si sentono
e manca sempre lo zucchero.
mi turba questo schiamazzo
e che nel silenzio del neutro sapere
rimarrò alla fine sommersa
solenne
e consacrata.
del fragore di questa lotta
esisterà?
LA PESTE
sí es la peor de todas.
y fuerte camina sobre puñales.
es su garra en el pecho,
la asfixia de grillos
y relámpagos.
salvo la fetidez los gritos la carne lacerada.
todo lo trastorna y ensucia
de excrementos.
se dispone al salto
inexorable.
LA PESTE
è veramente la peggio di tutte.
e cammina forte sui coltelli.
è il suo artiglio sul petto,
asfissia di grilli
e di lampi.
tranne il fetore le grida la carne lacerata.
tutto sconvolge e insudicia
con gli escrementi.
si prepara per il varco
inesorabile.
CELDA VACÍA
este lugar sin libros
ni pensamiento?
CELLA VUOTA
questo luogo senza libri
né pensieri?
di Alessio Brandolini
Dunque il "territorio" (paese, corpo, città, lingua, tecnica, ideologia, il sapere insomma) che ci è stato donato da qualche fortunata circostanza, non è mai il nostro. È un prestito, o un bottino acchiappato al volo, o un'eredità senza merito. Allegoricamente, Epica minima distrugge l'illusione di uno spazio proprio da difendere; anzi, l'illusione di qualsiasi proprietà. Ma questa massima precarietà può diventare anche la massima libertà.
Quindi la condizione della donna è sempre legata a numerosi altri fattori e proibizioni; la prima di tutte: l'uso della parola, il dominio della lingua. Non è un caso che proprio questa poesia, "Il Manuale degli inquisitori (1607)", sia stata scelta e inserita nell'antologia curata da Marjorie Agosin, Writing toward hope - The literature of Human Rights in Latin America (2007).
alexbrando@libero.it