Sono stanco di guardarmi intorno, chiedendomi cosa dovrei fare o chi dovrei essere, non voglio essere nient'altro che me stesso...
Dalle parole di questa canzone, una domanda che da sempre ci assilla: essere noi stessi o nascondere la nostra natura per convenienza?
Una battaglia interiore che ci accompagna fin dai primi anni della nostra vita: decidere di esprimere appieno la propria identità, con tutti i suoi pregi e difetti, oppure nasconderla, reprimerla, e confondersi nella massa.
Chi scopre senza paura le proprie carte si ritrova spesso a fare i conti con i pregiudizi della gente, al contrario, chi decide di omologarsi, affronta inevitabilmente un conflitto con se stesso: vale la pena nascondere chi si è veramente solo per vivere meglio con gli altri?
In questo ultimo caso si rischia perciò di vivere un'esistenza piena di rimpianti. Allora occorre avere, credo, un pizzico di coraggio, coraggio di esporsi senza paura di essere giudicati, coraggio di combattere per le proprie idee, ma è proprio quel coraggio che talvolta ci manca, per cui, anche se non lo vogliamo, alla fine si finisce sempre per scegliere la via più semplice: per facilità, per comodità.
Fondamentalmente sono un'idealista, credo che ognuno debba essere quello che è. D'altra parte però non posso negare che chi opta per una scelta coraggiosa purtroppo non rischia solo di venire giudicato in malo modo, ma di essere vittima di vere e proprie repressioni. Troppo spesso emergono storie di persone vittime di violenza proprio perché decidono di scoprirsi finendo per essere considerati dei "diversi". Allora è normale domandarsi: "conviene?".
Un esempio lampante ci è dato dagli omosessuali: tra loro c'è chi si dichiara tale e affronta la propria condizione a testa alta, e c'è chi invece preferisce rimanere nell'ombra, celare la propria tendenza e passare per quello che non è. Questi ultimi non si può certo biasimarli, un omosessuale a volte viene rifiutato non solo da molta della società che lo circonda, ma addirittura dai propri genitori. Bisogna anche dire però che in questo modo si finisce per condurre una vita di sofferenze interiori, segreti, ambiguità, bugie, schiacciati come si è dall'impossibilità di rivelare agli altri ciò che pensiamo, qual è la nostra vera identità.
Un problema che si riscontra anche quando si parla di religione. C'è chi non sente di seguire una determinato credo, impostogli magari dalla famiglia, e allora: professare una religione per continuare una tradizione, per non portare dispiaceri e disonore alla tua stessa famiglia d'origine, o, al contrario, decidere di combattere e andare fino in fondo per ciò in cui credi (o non credi) davvero?
Il problema è sempre lo stesso e ogni volta si riduce alla semplice eppure così complessa domanda amletica: essere o non essere?
Un'ardua domanda perché la risposta, qualunque essa sia, sarà sempre un'arma a doppio taglio: chi si nasconde magari vive bene con gli altri ma non con se stesso; chi decide, invece, di vivere la propria vita alla luce del sole a volte riesce a superare le barriere dei pregiudizi, ma altre volte non ce la fa e viene condannato al distacco, alla solitudine, alla sofferenza.
Altra situazione, più superficiale, ma che comunque spesso si verifica, si ha quando le persone sparlano dei cosiddetti "diversi" per pura e semplice invidia. Succede anche questo. Ciò è ricorrente soprattutto nei giovani, che più che mai sentono il bisogno di esprimere se stessi ma che vengono limitati o frenati, nella maggior parte delle volte, dai genitori, e questo fa nascere rivalità o gelosie verso chi, invece, da questo punto di vista, gode di maggiore libertà.
Identità o conflitto?
Una domanda che può coinvolgere non solo la singola persona ma anche interi popoli o nazioni. Basta guardare al nostro passato, alla nostra storia, per renderci conto di quante guerre, cruente o no, si sono combattute affinché venisse riconosciuta, nel bene o nel male, l'identità di un qualche gruppo etnico o, anche qui, religioso.
Prendiamo come esempio le tribù degli indiani d'America, i neri, e quello che sta accadendo oggi in Tibet. Alla fin fine, ciascuno fa quello che meglio crede e si sente sempre però accompagnato dalla solita domanda: ho fatto la scelta giusta? E poi, per dirla con Nietzsche, "l'individuo ha sempre dovuto lottare per non essere sopraffatto dalla tribù".
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