FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 9 gennaio/marzo 2008 Luoghi narrati |
FILOSOFIA E GIOCO: a cura di Martha Canfield |
Può essere il vento. La pagina in bianco. Può essere. Può essere colui che viene Cancellato dalla pioggia. Juan Manuel Roca |
Juan Manuel Roca, nato a Medellín (Colombia) nel 1946, è autore di circa dodici libri di poesia, una raccolta di racconti e numerosi testi giornalistici e di critica letteraria. Suo padre e suo zio Luis Vidales furono molto importanti nella sua formazione: suo padre come giornalista, suo zio come primo, precoce e forse inimitabile surrealista colombiano; suo padre come presunto conservatore, in realtà anarchico; suo zio come uomo di sinistra, libertario, legato alle tradizioni popolari. Juan Manuel Roca, che ha dichiarato di dovere molto a entrambi, ha coltivato tuttavia una posizione personale, segnata dallo scetticismo nei confronti delle ideologie in genere e dei partiti politici in particolare. I viaggi e i molti spostamenti imposero alla sua infanzia un marchio di instabilità, di dubbi, di poche certezze, che poi si riflette nella sua poesia. Partendo da un linguaggio vicino all'ermetismo, Roca evolve verso una maggiore trasparenza e verso la riflessione filosofica. Fa parte della cosiddetta generazione del desarraigo, ossia dello "sradicamento", chiamata anche "generazione disincantata", che comprende buona parte dei poeti nati dopo il '40. Il suo libro País secreto (Paese segreto) è un libro di riflessione sul crocevia sociale in cui vive da anni la Colombia, ma che respinge il linguaggio diretto e preferisce ricorrere allo "specchio deformante" dell'immagine poetica, più incisiva e alla fine più vera.
Juan Manuel Roca è sicuramente uno dei poeti viventi più importanti della Colombia e ha influenzato moltissimo le generazioni nate dopo il 1960. Da circa 17 anni tiene un laboratorio di poesia nella Casa Silva di Bogotà. Dirige una pubblicazione periodica culturale, La sangrada escritura..
Ha pubblicato i seguenti libri: Memoria del agua (1973), Luna de ciegos (1975), Los ladrones nocturnos (1977), Cartas desde el sueño (1978), Señal de cuervos (1979), Fabulario real (1980), Antología poética (1983), País secreto (1987), Ciudadano de la noche (1989), Luna de ciegos (antologia, 1990), Pavana con el diablo (1990), Prosa reunida (1993), Monólogos (1994), La farmacia del ángel (1995), Antología de poesía amorosa (1997), Lugar de apariciones (2000), Los cinco entierros de Pessoa (2001), Arenga del que sueña (2002), Cartografía memoria (saggi attorno alla poesia, 2003), Esa maldita costumbre de morir (narrativa, 2003). |
BREVE ANTOLOGIA POETICA
Yo tuve un caballo. Era su crin espesa. da Los Ladrones nocturnos, 1977
Ho avuto un cavallo. La sua criniera era folta.
Correteando los rincones de la noche da País secreto, 1987
Vado su e giù per i confini della notte
¿Y no se cansa este sol de brillar sobre los muertos? ¿Quién anda por ahí? Fulgor Sedano, Damiana Cisneros, Pedro Páramo, Todos, de vista hacia el futuro pertenecemos al mapa de Comala, da Tríptico de Comala, 1989
Ma non si stanca questo sole di splendere sopra i morti? Chi va là? Fulgor Sedano, Damiana Cisneros, Pedro Páramo, Tutti, guardando verso il futuro facciamo parte della mappa di Comala,
1Voce messicana: idromele, bevanda fermentata dei germogli di agave.
Dicen las viejas comadronas que hay un lugar, un muro cuarteado da Tríptico de Comala, 1989
Dicono le vecchie comari che c'è un luogo, un muro incrinato
Lavo el agua, que es da Monólogos, 1994
Lavo l'acqua, che è
Vivo en un pálpito del tiempo. da Monólogos, 1994
Vivo in un battito del tempo.
Una mesa. Un guante viudo y un sombrero. Una lámpara rota, una manzana mordida por el tiempo. Un plato con desechos de la cena. Un cencerro. Un yaraví.
La mesa coja de soportar un bosque escondido que intenta volver a sus formas primitivas.
El guante huérfano o viudo de su siamés perdido, al salir de La Ópera al cruzar Las Tullerías o al darle la mano a una sombra. El sombrero tiene una historia desde la percha del café hasta su frente preocupada. La lámpara rota sólo alumbra el paso de un fantasma.
¿Y la manzana? Un pequeño gusano da cuenta del rojo y luego de su carnosa redondez.
Una mosca frota sus patas frente al plato de residuos, festeja su gula ante la muerte.
Cencerro y yaraví quizá llamen en la noche a una dulce aldeana, o a la mujer de senos apacibles. Del cencerro salen sonidos lastimeros, del yaraví una sonata de nieblas. da Teatro de sombras con César Vallejo, 2002
Un tavolo. Un guanto vedovo e un cappello. Una lampada rotta, una mela morsa dal tempo. Un piatto con gli avanzi della cena. Un campanaccio. Un yaraví1.
Il tavolo sghembo ormai per sopportare un bosco nascosto che cerca di tornare nelle sue forme originali.
Il guanto orfano o vedovo del suo siamese perduto, nell'uscire dall'Opéra e attraversare le Tuileries o nello stringere la mano ad un'ombra. Il cappello ha una storia dall'attaccapanni del caffè fino alla sua fronte impensierita. La lampada rotta illumina soltanto il passaggio di un fantasma.
E la mela? Un piccolo verme mette fine prima al rosso e poi alla carnosa rotondità.
Una mosca si sfrega le zampe di fronte al piatto degli avanzi, festeggia la sua golosità dinanzi alla morte.
Campanaccio e yaraví forse chiamano nella notte una dolce contadina, o la donna dal seno placido. Dal campanaccio escono suoni come lamenti, dal yaraví una sonata di nebbie.
1Voce quechua, indica un tipo di componimento poetico e musicale, dolce e malinconico, tipico delle popolazioni indigene delle Ande.
I
El cartero de Van Gogh no visita el vecindario desde que recibió un telegrama de la muerte. Pero nos mira desde una sorda eternidad.
El cartero, portador de alguna esquela que le llevaba razones de la luz.
Il postino di Van Gogh non visita il quartiere da quando ha ricevuto un telegramma della morte. Ma ci guarda da una sorda eternità.
Il postino, portatore di qualche messaggio che gli dava ragioni della luce.
Como su sombrero, que siempre estuvo alumbrado por el rojo candil de su cabello, fueron sus noches solares.
Detuvo el sol en cada cuadro, mas no como el bíblico Josué que cuando detuvo el sol no pensó en el girasol: la pasión o la fiebre dieron a sus girasoles una rotación de astros familiares.
Come il suo cappello, che è stato sempre illuminato dal rosso folgorante dei suoi capelli, le sue notti erano solari.
Fermò il sole in ogni quadro, ma non come il biblico Josuè, che quando fermò il sole non pensava al girasole: la passione o la febbre diedero ai girasoli una rotazione da astri familiari.
Pintó trigales y la flor del pan empezó a oler en las desiertas alacenas.
Dipinse campi di grano e il fiore del pane iniziò a profumare nelle deserte cantine.
Pintó una silla vacía, y sin embargo en ella está sentada una tertulia de ausentes. Antonin Artaud ha dicho que esa silla anuncia alguien por entrar.
La silla sigue vacía, pero siempre volvemos a ella para saber si alguien acaba de llegar. ¿Theo o Gauguin?
Dipinse una sedia vuota, e tuttavia in essa era seduta una riunione di assenti. Antonin Artaud ha detto che quella sedia annuncia qualcuno che sta per entrare.
La sedia resta vuota, ma sempre torniamo da lei per sapere se qualcuno è appena arrivato. Theo o Gauguin?
Un último furor: trazó con su pincel una puerta en el aire y por ella salió dando un portazo. Otra versión dice que dibujó un revólver y con él se disparó en el vientre.
Pero antes, previendo las largas noches del hombre acorralado en el invierno, decidió llenar de soles nuestros muros para ayudarnos a habitar el laberinto.
Para Héctor Rojas Herazo
Un ultimo furore: disegnò col suo pennello una porta nell'aria e sbattendola passò dall'altra parte. Un'altra versione dice che disegnò una rivoltella e con essa si sparò nel ventre.
Ma prima, prevedendo le lunghe notti dell'uomo assediato dall'inverno, decise di riempire i nostri muri con molte immagini del sole, per aiutarci ad abitare il labirinto.
Para Héctor Rojas Herazo da Un violín para Chagall, 2003
En Vitebsk todo vuela: un viejo judío de negro sacón, una choza aerostática, un caballo fugado de las caballerizas de Giotto. Vuelan las vacas, los novios, los días y un violinista en el tejado.
¿Qué toca en la noche sobre la planicie de nieve?
¿Con qué tonada arrulla la aldea y apaga íconos y espantos?
No dejen caer el violín, testigo de bodas y de entierros. No lo dejen callar.
¿Es un violín gitano inventado por el diablo?
¿Es un violín para orientar viajeros en las grandes estepas?
¿Violín roto de la trágica Rusia?
Nadie sabe qué lleva en el costal, en su burdo saco, el viejo judío del gabán. ¿Acaso esconda un libro que narra el combate de Jacob con el ángel?
Si es un violín, que caiga en manos de Chagall.
Entonces todo vuela, los rojos tejados, los candelabros, las manos de cera del rabino, la luz parpadeante de la sinagoga. da Un violín para Chagall, 2003
A Vitebsk tutto vola: un vecchio ebreo col giaccone nero, una capanna aerostatica, un cavallo fuggito dalle stalle di Giotto. Volano le vacche, gli sposi, i giorni e un violinista sul tetto.
Cosa suona nella notte in mezzo alla pianura di neve?
Con quale musica culla il villaggio e spegne icone e fantasmi?
Non permettete che cada il violino, testimone di nozze e di funerali. Non permettete che taccia.
È forse un violino zingaro inventato dal diavolo?
È forse un violino per guidare i viaggiatori delle grandi steppe?
Violino rotto della tragica Russia?
Nessuno sa cosa porta dentro il suo sacco, il suo rozzo sacco, il vecchio ebreo dal giaccone. Forse nasconde un libro che racconta la lotta di Giacobbe con l'angelo?
Se è un violino, meglio che cada nelle mani di Chagall.
Allora tutto vola, i tetti rossi, i candelieri, le mani cerate del rabbino, la luce intermittente della sinagoga.
Puede ser el viento. da Las hipótesis de nadie, 2005
Può essere il vento.
Tan atareado va Vallejo Tan ensimismados van los dos Vallejo escucha da Las hipótesis de nadie, 2005
Così indaffarato è Vallejo Così concentrati sono tutti e due Vallejo ascolta
1Voce quechua, indica un tipo di componimento poetico e musicale, tipico delle Ande peruviane.
Los romanos eran maliciosos. Llenaron Europa de ruinas Les interesaba el futuro, Los romanos, Casandra, eran mañosos. No fraguaron el Acueducto de Segovia Sembraron de edificios roñosos Europa, No hicieron el Coliseo Pensaron su ruina, una ruina proporcional Mi amigo Dino Campana Los romanos dan mucho en qué pensar. Por ejemplo, Como tu amor, El tiempo es romano. da Las hipótesis de nadie, 2005
I romani erano maligni. Riempirono l'Europa di rovine Erano interessati al futuro, I romani, Cassandra, erano smaliziati. Non immaginarono l'Acquedotto di Segovia Seminarono costruzioni fatiscenti in tutta Europa, Non fecero il Colosseo Pensarono al proprio rudere, un rudere proporzionale Il mio amico Dino Campana I romani fanno pensare a molte cose. Per esempio, Come il tuo amore, Il tempo è romano.
Dulcinea del Toboso
da Las hipótesis de nadie, 2005
Dulcinea del Toboso
Traduzione dallo spagnolo di Martha Canfield
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INTERVISTA A JUAN MANUEL ROCA La tua prima raccolta poetica, Luna de ciegos, è del 1975, ma sicuramente tu hai cominciato a scrivere molto prima. In realtà il mio primo libro di poesia s'intitolava Memoria del Agua, che è del 1973; ma già dalla fine degli anni '60, a Medellín, la mia città, mi ero imposto una certa disciplina di scrittura. Ho cominciato a scrivere, come quasi tutti, sotto l'influsso di alcune letture e soprattutto quando ho capito, negli anni della scuola superiore, la mia crescente insoddisfazione della realtà. Adesso la penso così: la prova che l'uomo non è mai stato un essere soddisfatto la si può vedere in due stadi che non sempre sono dicotomici: la scienza e l'arte. Basterebbe quest'ultima, che mi ha attratto molto presto, per parlare della mia insoddisfazione della realtà e del mio tentativo - diciamo pure fallito - di modificarla. Dico sempre che cercare di cambiare la realtà con la poesia è come cercare di far deragliare un treno mettendo una rosa sui binari. E lo affermo senza il dramma dello sconfitto, perché la poesia è, in certo modo, una scommessa sulla sconfitta.
A quanto detto ha contribuito anche il fatto di avere avuto in famiglia, almeno per una buona parte della mia adolescenza, un fratello di mia madre che aveva scritto l'unico libro di poesie elogiato da Borges, Huidobro e Hidalgo, e che negli anni venti venne definito "avanguardista": Suenan Timbres. Si chiamava Luis Vidales e, oltre che poesie, scriveva acuti saggi e libri sull'arte, come un Tratado de Estética radicato in Benedetto Croce. Lo considero un'influenza notevole.
Luis Vidales è uno dei grandi innovatori della poesia colombiana, si capisce che sia stato importante per te. Ma andiamo avanti.
Proprio così, Martha. Alla fine degli anni settanta c'erano queste due correnti molto definite della poesia colombiana. Da una parte, coloro che provenivano da una tradizione lirica che contava tra i suoi "uomini di Cromagnon" José Asunción Silva, Aurelio Arturo, Fernando Charry Lara, vera pietra angolare. Quessep, come sottolinei tu, poeta di impronta simbolista, era il poeta che meglio incarnava questa linea. Dall'altra parte c'era la poesia colloquiale di Rivero, d'influenza nordamericana, quotidiana e prosaica, vincolata in certo qual modo alla poesia del gruppo nadaista.
Quando citi un classico contemporaneo come il romanzo Pedro Páramo di Juan Rulfo, e ricrei una città inventata dalla letteratura come Comala, cosa ti attira di più in quest'opera, cosa ti ispira di più, l'aspetto universale della sua simbologia, o ciò che in essa c'è di specifico? Vorresti soprattutto ripudiare il suo "sole di morte" - la sua viva contraddizione, contro cui ti pronunci -, o piuttosto invocare una risposta che il testo non offre al lettore?
Per affinità estetiche mi sento più vicino a Comala che a Macondo. Un certo carattere espressionista, il profondo ascetismo del linguaggio, il suo lirismo appreso alle sorgenti della parlata popolare messicana, il carattere poetico ed elusivo del suo fraseggio mi commuovono. Rulfo è un poeta anche se non scriveva versi, non c'è dubbio Ho scritto, come giustamente notavi, allusioni continue a Rulfo nelle mie poesie, ma, innanzi tutto, ho voluto plasmare atmosfere suscitate dalle sue. È come un dialogo tra fantasmi.
Cosa ti ha commosso in particolare della storia o della poesia di Vallejo per arrivare a dedicargli un "teatro di ombre", una serie di poesie in cui il verso è modulato in associazione con la musica e con la pittura (il bodegón, in spagnolo, la natura morta)?
César Vallejo è per me il più grande poeta dell'America Latina e, probabilmente, della lingua spagnola. Nella sua parola non ci sono bibelot, esteticismi, nessun fronzolo. Va all'osso del linguaggio e non alla sua carnosità. Leggerlo è fare una spedizione nell'anima umana. Il mio Teatro de sombras con César Vallejo, con la prefazione del grande pittore peruviano Fernando de Szyszlo, ha intenzioni plastiche: collages, nature morte, pentimenti verbali assaltano le mie parole.
Il personaggio di Aloysius Bertrand, Gaspard de la Nuit, ricreato anche da te con il nome in spagnolo, Gaspar de la Noche, ha avuto una grande ripercussione nella letteratura colombiana, da considerare quasi rara o quanto meno insolita. Per te cosa è stato più determinante, la sua origine francese o la sua ricreazione colombiana?
Ho l'impressione che Alloysisus Bertrand sia stato il creatore della poesia in prosa, prima di Baudelaire. Il Gaspar de la Noche, la sua prosa poetica di atmosfere gotiche che rendono omaggio a Rembrandt e a Callot, mi hanno liberato da certe forme rigide. Quel tipo di scrittura è una sorta di genere anfibio tra il racconto breve e la poesia, una specie di centauro lirico. I suoi chiaroscuri. Le sue allusioni pittoriche messe al servizio della ri-creazione di un'epoca di fasto e di miseria insieme, può darsi che abbiano relazioni lontane con l'essere colombiano dove in uno stesso spazio, in una stessa strada, abitano bacio e pugnale.
Quali sono le fonti che ritieni più formative nella tua scrittura, quali autori? Appartengono soprattutto al mondo ispanoamericano o ad altri ambiti? Chi conta più per te, Vallejo, Silva o Pessoa (per dare tre esempi)?
Alcune delle fonti per me più formative non appartengono al mondo ispanico. Per esempio Rimbaud, Char, Trakl, Michaux... Del mondo americano Huidobro, Rulfo, Arturo, tra molti altri. Ma del triangolo cui ti riferisci quello che ha contato di più nella mia formazione e nel mio gusto è César Vallejo.
Il tema dell'amore non è fra i tuoi preferiti. Tuttavia ci sono dei momenti in cui l'affronti e allora i tuoi versi acquistano un tono più drammatico che lirico. Cosa pensi della poesia amorosa?
Il tema amoroso, come quello politico, è, forse, quello con più complicazioni. Come salvare, nel primo caso, la sfera del puramente sentimentale e, nel secondo, l'ideologismo. Le sue attrattive sono proporzionali alla sua difficoltà. "Solo il difficile è stimolante", diceva José Lezama Lima.
Comunque hai ragione, Martha, l'amore non è fra i miei temi preferiti. A volte lo è di più il disamore, che è proporzionale all'amore che se ne va e pertanto più drammatico e forte. Non mi sono mai piaciute le Venti poesie d'amore di Neruda, ma il suo Tango del vedovo, poesia del disincanto amoroso, sì.
Da molti anni collabori intensamente con il Festival Internazionale di Poesia di Medellín, al quale hai partecipato molte volte. Come consideri il ruolo dei festival in genere e quello di Medellín in particolare, sia come promotore di cultura sia come mediatore tra il poeta e il pubblico?
Vista la sparizione, in America Latina, di buone riviste e supplementi culturali che rendevano conto della nostra poesia, visto il reciproco non conoscersi e la balcanizzazione del continente, i festival di poesia aiutano a creare nuovi vasi comunicanti. È la parte migliore di festival come quello di Medellín. Almeno ha fatto sì che noi poeti ci conoscessimo meglio, che potessimo stabilire corrispondenze, confronti.
Cosa pensi della poesia dei più giovani oggigiorno? Credi che avranno lettori domani? Che quei lettori saranno diversi da noi?
I lettori che la poesia reclama saranno sempre pochi proprio per la ragione che la poesia chiede una maggiore sottigliezza rispetto al romanzo, o meglio, rispetto a quella che hanno i lettori gregari che si stanno formando a partire dall'industria del romanzo.
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