FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 9
gennaio/marzo 2008

Luoghi narrati

ASCOLTARE
una rubrica per le orecchie

di Federico Platania


La musica del futuro si venderà a sottoscrizione

Ricordo ancora le due cifre: 14.000 e 24.000. Rispettivamente, il prezzo (in lire) di un vinile e di un compact disc. Il secondo circa il doppio del primo. Tanto che all'epoca (perché è della metà degli anni Ottanta che stiamo parlando) noi adolescenti valutavamo attentamente se fosse meglio privilegiare la quantità, comprando dunque più dischi, oppure la qualità del suono, acquistando la musica su CD in minor numero di unità.
Perché sto raccontando questo? Oggi esiste un problema, quello della pirateria, che è stato sollevato originariamente dalle case discografiche, ma che ora è riconosciuto anche da artisti, addetti del settore e non ultimi, perché no, anche dagli ascoltatori stessi (in fondo a me non fa piacere che qualcuno ascolti gratis gli stessi brani che io ho pagato fino all'ultimo centesimo). Oggi che la musica viaggia moltissimo in rete non c'è nulla di più facile che scaricarla illegalmente e chi ci rimette sono principalmente le case di produzione - cui spetta la fetta più grossa dei ricavi - e in seconda battuta gli artisti, con la mancata realizzazione dei (spesso miseri) diritti d'autore.

Messo in questi termini, il problema principale sembrerebbe di natura economica. C'è chi dice che la musica oggi costi troppo (ed è vero: non pensiamo solo ai CD, ma anche al prezzo, in certi casi davvero assurdo, dei biglietti d'ingresso ai concerti) e dunque trova modi furbetti per avere quella musica gratis. Io credo però che il fenomeno della pirateria musicale sia alimentato anche dalla trasformazione del "prodotto" musicale, ed ecco perché ero partito dai miei ricordi di adolescente che, qualche biglietto da diecimila lire in mano, fantasticava di fronte alla vetrina del negozio di dischi su quale - e quanta - musica comprare.
Certo, esisteva anche allora una forma di pirateria casereccia costituita dalle copie su cassetta dei dischi comprati da qualcun altro, ma mai ci saremmo sognati di ritenere quelle copie allo stesso livello degli originali. Questo è il cambiamento che percepisco quando parlo con qualcuno che ha oggi la mia età di allora: vent'anni fa, un adolescente che acquistava dischi e CD originali era considerato un fortunato degno di invidia. Oggi chi spende soldi in cambio di musica viene per lo più guardato con pena e commiserazione. Perché comprare qualcosa che puoi avere gratis?, sembrano chiedere gli incalliti utilizzatori di software per la "condivisione" di file.


L'etichetta stampata al centro di una copia su vinile di The Joshua Tree degli U2
foto tratta da: www.vinylrecords.ch

Io però ricordo ancora il pellegrinaggio a casa del compagno di scuola che, primo tra noi, comprò il vinile originale di The Joshua Tree degli U2 all'epoca della sua uscita (correva l'anno 1987). Sì, noi ce lo copiammo sui nastri che ci eravamo portati da casa, ma poi, tornati a casa appunto, mentre riascoltavamo la nostra copia su cassetta, sapevamo quanto era meglio poter appoggiare un sano vinile sul piatto, far scorrere la puntina sui solchi e nel frattempo sdraiarsi sul letto e rigirarsi tra le mani la bella copertina con le foto in bianco e nero, le scritte in oro, la busta interna con i testi delle canzoni. Nessuno di noi pensava di essere stato più furbo per aver copiato quella musica anziché comprarla.
Ma, appunto, io sto parlando di carta, di vinile, di colori e testi stampati. Materia, insomma. Oggi, bisogna riconoscerlo, tutto questo sta progressivamente scomparendo.

iTunes Store, il rivoluzionario negozio di dischi "virtuale" realizzato dalla Apple, ha venduto, dalla sua nascita avvenuta nell'aprile del 2003, oltre tre miliardi di canzoni. Per quei pochi che ancora non lo conoscono, iTunes Store vende pressoché tutta la musica che viene prodotta (dall'ultimo successo commerciale che passa su MTV ai meno conosciuti quartetti d'archi) solo che lo fa on line e le canzoni che compriamo non sono contenute in un CD, bensì in una serie di file AAC (una evoluzione del più noto formato MP3). In iTunes Store ci trovate tutto quello che trovereste nel più fornito negozio di dischi, ma lo pagate meno della metà (9,99 euro per un album, contro gli oltre 20, in certi casi, dello stesso disco su supporto fisico), anche perché si tratta, appunto, di musica legalmente distribuita, sì, ma senza tutto quel contorno di cui si parlava prima: stampa, distribuzione, copertina, confezione, foto, testi, eccetera.
Vi sembrano accessori superflui? Eppure il mito del rock si è affermato anche grazie alle immagini, non solo alle note. Nel suo celebre romanzo Ti prendo e ti porto via, Ammaniti inventa un personaggio appassionato di heavy metal: si veste come tutti i metallari, ha la stanza piena di poster degli Iron Maiden e dei Saxon, ma ascolta pochissimo i loro dischi, perché a lui, del metal, piace soprattutto l'estetica, non la musica. Sembra un paradosso, ma chi segue certi fenomeni artistici sa quanto questo personaggio sia credibile.

Conoscevo un tipo fissato con i Led Zeppelin al punto che ogni volta che usciva un nuovo disco dello storico gruppo inglese ne comprava quattro copie: la prima era quella destinata all'ascolto e dunque al consumo lento e inesorabile del tempo, la seconda era quella da collezione e veniva ordinatamente messa insieme a tutti gli altri dischi dello scaffale e mai più toccata, la terza era da esposizione e veniva appesa sul muro della stanza in fila con tutte le altre copertine della band, la quarta infine era precauzionale: qualora qualche amico gli avesse chiesto in prestito quel disco lui gli avrebbe dato proprio questa quarta copia "a perdere" (i dischi che si prestano, come capita per i libri, qualche volta non tornano...). Oggi una cosa del genere non sarebbe più immaginabile: se la musica la compri on line, sotto forma di file, di copertine da appendere al muro non ne hai più e l'amico che ti chiede un disco in prestito, se vuoi, lo accontenti con un copia & incolla.

Ecco allora che torno, per chiudere, alla mia considerazione iniziale. Vent'anni fa, chi acquistava musica originale aveva materialmente qualcosa in più rispetto a chi si faceva misere copie su cassetta (per non parlare della qualità audio, ma qui il discorso si farebbe davvero troppo lungo). Domani, quando tutta la musica verrà venduta e distribuita on line, non ci sarà oggettivamente più differenza tra un file acquistato su internet con carta di credito e lo stesso file scaricato illegalmente. In altre parole, la questione "pago o rubo?" verrà risolta da ognuno di noi su un piano esclusivamente etico (ciò che accade da sempre, se ci pensate bene, nel mercato del software). Cosa si inventeranno, allora, case discografiche e artisti per salvare la situazione?


I Radiohead durante un concerto a Warrington, Inghilterra.
Foto tratta da jamiesrunoutgroove.blogspot.com

Beh, qualche alternativa è già in fase di studio. I Radiohead, una delle band più importanti della scena rock attuale, hanno messo in vendita il loro nuovo disco (In Rainbows, uscito il 10 ottobre 2007) con una modalità mai sperimentata prima: in attesa della versione "tangibile" in vendita a 40 sterline sonanti (ma, va detto, con molta materia al seguito: 2 CD, il primo con il disco vero e proprio, il secondo con tracce extra, 2 vinili da 12 pollici, fotografie e grafica) il disco è stato venduto in anteprima in formato mp3, su un sito messo su per l'occasione. E ogni singolo acquirente ha deciso il prezzo al quale avrebbe scaricato l'album. Prezzo che poteva essere anche zero, se lo si riteneva opportuno. D'impulso, allora, si può pensare che tutti avranno scelto di prenderlo gratis. E invece sorprenderà sapere che per i tre milioni e mezzo di copie vendute on line nei primi tre giorni, solo il 25% degli acquirenti ha effettivamente indicato un prezzo tra 0 sterline e 1 penny nella form di acquisto, mentre la metà ha investito una cifra tra il penny e 10 sterline (il sottoscritto, se siete curiosi, ha scelto di pagare tre sterline per poter ascoltare un disco che a conti fatti ne vale molte di più). Il restante quarto di compratori ha invece preferito prenotare il costoso cofanetto con tutta la materia di cui sopra.

Sì, i Radiohead sono i Radiohead e possono permettersi anche di bruciare quasi novecentomila copie gratis se poi ne vendono altrettante a un prezzo stratosferico. E se lo stesso metodo l'avesse applicato una band semisconosciuta i numeri, e l'andamento statistico, sarebbero stati molto diversi. Ma è un dato di fatto che il mercato musicale sta cambiando e una compravendita "a sottoscrizione", se perfezionata, potrebbe essere l'idea vincente per artisti e ascoltatori.

 

federico.platania@samuelbeckett.it