FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 7 luglio/settembre 2007 Altre terre |
QUANTE TERRE NEL CUORE? a cura di Sara Pagnini |
La sensibilità è un grande dono; di un dono così bello e prezioso se ne possono fare tanti usi. Quando esso è posto al servizio della poesia, come nel caso di Rami Saari, si riesce a raggiungere l'anima delle persone e a dare una visione delle cose e del mondo in maniera più sottile ma anche più veritiera. Rami Saari è dotato di una sensibilità particolare e di uno sguardo limpido e aperto sul mondo, caratteristiche che costituiscono il cardine della sua opera poetica. La sua capacità di scoprire, comprendere e fare sue tante terre diverse tra loro, così come tanti punti di vista differenti, si può facilmente ricollegare all'esperienza straordinaria di un'esistenza errabonda che da sempre ha contraddistinto la sua vita. Di fatto Rami Saari è nato nella cittadina israeliana di Petah Tikvà nel 1963, ma giovanissimo si è trasferito in Finlandia e attualmente vive ad Atene. Voler rapportare le sue qualità di poeta e di uomo al mero aspetto cosmopolita della sua esperienza di vita personale, sarebbe però piuttosto riduttivo, perché, per quanto sia impossibile ignorare un tale aspetto, è altrettanto vero che il grande merito di Rami Saari sta proprio nella determinazione, non priva di rischi, di allargare i suoi orizzonti alla comprensione profonda dell'altro.
POESIE DI RAMI SAARI I testi proposti sono stati tradotti in italiano partendo dalla traduzione in spagnolo (qui riportata) di Iñaki Romojaro Aparicio, Javier de la Puerta e Raquel lozano García e poi confrontati con i testi originali in ebraico. |
DINASTIA
Mi abuelo abandonó Polonia en 1937, refugiado de los jinetes malvados. Y en el año 1982 me obligaron a abandonar Pétaj Tikvá Y no voy a tener un hijo, un hijo no le va a nacer a Caín.
Mio nonno abbandonò la Polonia nel 1937, rifugiato dei cavalieri malvagi. E nell'anno 1982 mi obbligarono ad abbandonare PetaH Tikvá E non avrò un figlio, a Caino non nascerà un figlio.
Mira, he encontrado mi casa: la cueva
Ecco, ho trovato la mia casa: il buco Da Hinnè, Matzàh et Beyt, (Ecco, ho trovato la mia casa), 1988.
Siempre con esta mirada en los ojos, la mirada que lo dice todo
Sempre con questo sguardo negli occhi, questo che dice tutto Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.
Nuestros poemas son bellos y tristes: Azul y blanco es el cielo semítico,
I nostri poemi sono belli e tristi: Azzurro e bianco è il cielo semitico, Da Kàmma, Kàmma Milchamà, (Quanta, quanta guerra), 2002.
Cuando los perros de los vecinos bajan al patio Toma una piedra y ponla aquí.
Quando i cani dei vicini scendono nel patio Prendi una pietra e mettila qui.
Lo que fue escrito en la muralla Tanto nos importa,
Quel che fu scritto nella muraglia Tanto ci importa, Da Kàmma, Kàmma Milchamà, (Quanta, quanta guerra), 2002.
Se contaba que la sangre fluyó de tus ojos
Si racconta che il sangue sgorgò dai tuoi occhi Da Kàmma, Kàmma Milchamà, (Quanta, quanta guerra), 2002.
Hay sitios donde la intimidad En este sitios viven poco Por lo tanto viajan allí los malditos
Ci sono luoghi dove l'intimità In questi luoghi vivono poco Pertanto è lì che i maledetti viaggiano Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.
Y los más pobres de ellos Mientras tanto sus años pasaban de una cama a otra Destino mío, bendícelos a todos,
E i più poveri di loro Nel frattempo i loro anni passavano da un letto all'altro Destino mio, benedicili tutti, (Tirana, luglio 1996)
(Originariamente,la quarta di una serie di quattro poesie intitolata "Povertà").
Cuando todos me dejaron, el hebreo se quedó conmigo.
Quando tutti mi lasciarono, l'ebraico rimase in me. Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.
A veces Helsinki es una ciudad que cansa.
A volte Helsinki è come una città che stanca.
(Originariamente la prima di una serie di tre poesie chiamata
No soy el camino, soy el viaje
Non sono il cammino, sono il viaggio Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.
las palabras duelen en el vientre y la vena del poma late. Estos días nos caen como chorros de lluvia y aún seguimos clavados en el mundo, flechas disparadas del destino caprichoso. ¿A dónde te fuiste, ya que el tiempo todavía se disponía de cariño? Los cipreses arrancan el pelo de la nube en la ventana del salón que llegaste a conocer, y la tarde aterriza en la oscuridad largos chubascos de droga otoñal. Frente a nosotros pasan despacio amigos sabios en silencio, y tú ya llevas cuarenta días con nosotros. Pero lejos, más allá.
Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.
Toda la noche en estaciones ajenas -
Tutta la notte in stazioni sconosciute - Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.
Señor mío, estoy despidiéndome de Ashjabad
Mio signore, mi sto accomiatando da Ashkhabad Inedito.
Va a haber más. Va a haber otros.
Ce ne sarà ancora. Ce ne saranno altri. Inedito.
Traduzione dallo spagnolo e dall'ebraico di Sara Pagnini |
QUATTRO DOMANDE A RAMI SAARI
Nelle tue poesie parli di molti paesi, di molti mondi diversi, di "altre terre". Sembra davvero che tutta la tua opera sia aperta all'altro con grande generosità. Da dove nasce questo sguardo così particolare e come si è sviluppato? Forse questo sguardo è nato con la mia stessa vita, che si riflette in maniera piuttosto chiara nella mia opera. La mia vita e il mio proprio io sono stati aperti all'altro, per meglio dire agli altri, a volte addirittura a tutti. Ciò è durato molto tempo prima che capissi che non si trattava sempre di generosità, ma molte volte di mancanza di protezione, di assenza di limiti, di una pelle troppo sottile che permetteva al mondo esterno di attraversare facilmente le frontiere, penetrando senza permesso e lasciando le sue orme nella parte più profonda dell'anima. Questo ha a che vedere con la pericolosa incapacità di riconoscere il pericolo al momento adeguato per difendersi giustamente, senza dover poi sopportarne le conseguenze negative, della virtù positiva che tu qui chiami "generosità". Sembra che il proverbio "meglio prevenire che curare" non sia mai stato parte integrante del mio mondo interiore nel quale ogni esperienza possedeva il suo valore e valeva la pena sopportare uno schiaffo per sapere che sapore aveva.
Israele è un paese estremamente affascinante, capace di suscitare passioni forti e conflittuali. Tu come affronti la sensazione di vivere in un paese che, secondo la tua stessa opinione, appartiene anche a un altro popolo? Ho vissuto in Israele una gran parte della mia vita, però ho passato anche lunghi periodi lontano da questo paese. Della mia vita adulta posso annotare concretamente dieci anni di permanenza in Finlandia e gli ultimi cinque anni, dei quali ho trascorso la maggior parte del tempo in Grecia.
Guerra, discriminazioni, povertà, violenza: in alcune delle tue poesie la tua voce diventa testimone dei mali oscuri dell'umanità. Pensi che la poesia possa essere uno strumento efficace contro questi stessi mali? Credo che la parola sia l'unica arma - e a volte sì, un'arma potente, sebbene io non sia capace di dare il valore adeguato alla sua efficacia - di coloro che, come me, non vogliono utilizzare armi vere e proprie. La poesia è un buono strumento per toccare l'altro, anche in altri tempi e in altri luoghi, ma nella poesia il poeta pone solo i suoi semi. Quale tipo di frutto crescerà o marcirà da questo seme, dipenderà solo dal tipo di destino che tale poesia avrà. Israele, Finlandia, Grecia, Argentina, Albania, Ungheria, questi sono solo alcuni dei paesi che nella tua vita hanno significato tanto. Quanta ispirazione rappresentano i luoghi dove hai vissuto e viaggiato? Molta, però il luogo in sé è più che altro un concetto: per me, disgraziatamente o no, il pino non è solo un albero che amo, ma anche, e a volte prima di tutto, la parola che lo rappresenta. È vero che ho vissuto e viaggiato nei paesi che menzioni, e che ognuno di essi giocava e continua a giocare un ruolo molto importante nel mio sviluppo di persona che pensa e che tenta di utilizzare la sua capacità mentale e intellettuale per il beneficio di tutti, però ogni luogo ha il suo valore anche senza la prospettiva personale della persona che lo guarda. Ecco che, per esempio, la mia poesia sul turcomanno ha a che vedere con la mia profonda curiosità verso il mondo intero, ossia con un interesse verso l'idioma, il sesso, la politica, il paesaggio, l'avventura del viaggio, l'arte e la sua creazione. Pertanto non deve essere interpretato come mera riflessione della mia supposta vita ad Ashkhabad o delle mie fantasie erotiche su di un turcomanno. I sogni e la creazione letteraria sono una bevanda forte, e le esperienze che vivi tra le tue due orecchie e che poi passi su carta sono spesso più reali e più veritiere di ciò che siamo soliti chiamare "realtà". |
RAMI SAARI
È nato a Petah Tikvà (Israele) nel 1963. È poeta, traduttore, editore e linguista. Si è laureato in filologia semitica e ugro-finnica all'università di Helsinki e ha conseguito il dottorato in lettere e filosofia alla Hebrew University of Jerusalem. Dal 2002 ha lavorato come capo redattore delle pagine letterarie sulla poesia israeliana nel sito web di Poetry International. Oltre ai suoi libri di poesia, pubblicati in ebraico, dal 1988 ha tradotto oltre quaranta opere di letteratura albanese, catalana, spagnola, estone, greca, ungherese e portoghese. Dal 2005 edita una collana intitolata Tzafòn ("Nord" in ebraico), dedicata alla promozione e alla pubblicazione della letteratura dei paesi baltici scandinavi in Israele. Alcune delle sue poesie sono state tradotte in italiano da Martha L. Canfield, Ariel Rathaus e Arnold De Vos. Ram Saari ha ottenuto numerosi premi per la sua opera poetica, tra i quali il premio del Primo Ministro, nel 1996 e nel 2003. Per le sue traduzioni nel 2006 ha vinto il premio Saul Chernikhovsky. |
BIBLIOGRAFIA
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