FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 6
aprile/giugno 2007

Scorie & Rifiuti

LA VOCE DELLA TERRA

di Elvio Cipollone


E abitano tutti la stessa casa


Sono una madre instancabile, questo è vero. Ho fatto tanti figli e li ho lasciati crescere tutti intorno a me. Lo spazio è molto, pensavo. Hanno campi da arare, orti da seminare, foreste per perdersi, monti da sfidare, fiumi per i bagni, mari per la pesca, pianure per accamparsi. Li avrei voluti felici: quale madre non desidera la felicità dei figli? Con una vita magari anche difficile e impegnativa, con momenti di sconforto sì ma pure riconciliazioni e piaceri nuovi in un divenire pressoché perenne di alterne vicende.

Ma poi ad un certo punto è come se mi fossero sfuggiti di mano e hanno cominciato a fare troppo di testa loro. Dimenticando di essere tutti figli della stassa terra e di abitare tutti un'unica casa, ognuno si è ritagliato un minuscolo pezzettino di spazio, l'ha confinato e sbarrato mettendosi ad urlare: è mio! La cosa strana è che da quel momento ognuno ha cominciato a disprezzare tutto ciò che non ricadeva sotto il tragico urlo: è mio! E non gli importava più produrre brutture e zozzerie perché le relegava in quel "resto del mondo" non suo. Come se in un appartamento il fratello buttasse la spazzatura nella camera della sorella, la figlia nascondesse i rifiuti organici sotto al letto della madre, la moglie spostasse dalla parte del marito la biancheria sporca e il padre relegasse ogni sorta di rottame nella stanza del figlio. Sarebbe un caos putrescente, giusto? Eppure così si comportano i miei figli.

Le prime volte pensavo: sono giovani, si stanno ubriacando, quando gli passerà la sbornia si renderanno conto di vivere tutti nella stessa casa e staranno attenti a non produrre più tutte queste inutili scorie e a non darsele addosso gli uni con gli altri. Macché!

Più diventano forti più fanno peggio! Ora la preoccupazione mia più grande è che non si rendono conto delle numerose ferite e devastazioni che questo loro comportamento determina e perseverano ad accumulare detriti senza sosta. Tutto intorno a quegli immensi accampamenti che sono le loro città continuano ad ammassare con metodo e lena, degni di altro fine, tonnellate su tonnellate di ciò che chiamano rifiuti e che, per l'ottanta per cento, potrebbero benissimo fare a meno di produrre. Poi succede che i derelitti, i deboli, coloro che si potrebbero definire gli "scarti" dell'umanità, si riversano sopra quei mucchi di merci in avaria nel misero tentativo di sopravvivere allo scandalo della povertà! come se scarto chiamasse scarto.

E allora mi chiedo: che ne sarà di una umanità che costringe questi miei poveri figli a una scelta così drammatica?

 

elcip@libero.it