FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 3 luglio/settembre 2006 Signore Bestie |
SIGNORE BESTIE di Armando Santarelli |
Il profondo, appassionato dibattito sulla questione animale che ha interessato la filosofia morale, soprattutto anglo-americana, negli anni Ottanta e Novanta, ha avuto una determinante importanza nel mutamento di rotta del nostro rapporto con gli animali. Vorrei qui cercare di riassumerlo in poche righe.
Per prima cosa, dobbiamo sottolineare come l'estensione dell'orizzonte etico verso altre specie abbia tratto gran parte del suo fondamento nelle scoperte derivate dallo studio della loro biologia. Un po' alla volta, ci siamo resi conto che alcune caratteristiche considerate da sempre squisitamente umane sono possedute anche da altre creature. La ragione c'è, e risiede nelle nostre radici culturali, cioè nel pensiero greco e in quello giudaico-cristiano, tutt'altro che benevoli verso gli animali che non appartengono alla specie umana. Sia nel pensiero indù, sia in quello buddista, troviamo molta più sensibilità per la vita e la sofferenza degli animali. Invece, nonostante eccezioni come Giovanni Crisostomo e San Francesco d'Assisi, il punto di vista della Chiesa, era e rimane quello di non attribuire alcuna importanza ai loro interessi. Gli animali, ha riportato più volte Civiltà Cattolica, sono "chiusi in se stessi, nella ricerca egoistica di quello che conviene a sé o alla specie, sono incapaci di amare". A dire il vero, i casi di solidarietà, nel mondo animale, abbondano. Ne cito uno per tutti, quello documentato da Anne Rosa, etologa tedesca allieva di Konrad Lorenz. Questa studiosa ha osservato uno straordinario episodio di altruismo delle manguste nane nei confronti di un compagno malato, un individuo che nel gruppo occupava un rango molto basso. Stravolto l'ordine gerarchico, la coppia dominante lo leccava amorevolmente, mentre tutti gli davano la precedenza quando si accostava al cibo; non solo, gli individui sani rinunciavano alla consuetudine di dormire su una pila di cassette, dove il compagno malato non riusciva più a salire, per stare accanto a lui sul pavimento.
In realtà, l'etologia dimostra che gli animali pensano, soffrono, sognano, sono capaci di emozioni, usano strumenti. Nelle specie più evolute, gli scienziati hanno osservato comportamenti che presuppongono premeditazione e intenzionalità. Bene, ma allora dovremmo ammettere lo stesso criterio di giudizio per tutti quegli umani che hanno le stesse deficienze, per esempio le persone con carenze cerebrali così gravi da comprometterne per sempre ogni sensibilità e funzione intellettiva. Giustamente, nei confronti di queste povere creature ci poniamo i più seri e rigorosi quesiti morali, come è successo qualche decennio fa per quella bambina, Valentina, nata senza cervello. Ma qualsiasi cavallo, qualsiasi cane, persino i topi hanno capacità biologiche e di relazione maggiori di persone con simili problemi. Perché, allora, ci poniamo questioni morali sono nei confronti di queste ultime? Come ha fissato una volta per tutte il filosofo Tom Regan, dobbiamo riconoscere che ogni individuo, ogni vita, ha un valore intrinseco, che prescinde da quello che siamo abituati a dargli per i nostri interessi. Conviene ripetere che non è soltanto l'evoluzione della nostra sensibilità a condurre a queste considerazioni. La scienza rivela che gli animali sono esseri senzienti, capaci di esperienza, di credenze e desideri, di provare benessere e dolore; trattare queste creature come se tutto il loro valore si riducesse all'utilità che hanno per noi, è moralmente sbagliato, perciò ingiusto. Non si tratta di affermare che gli animali debbano avere i nostri stessi diritti, perché l'uomo è superiore agli animali. Si tratta di convincersi che nessuno, uomo o animale che sia, può essere considerato come un puro ricettacolo, cioè come un essere strumentale, avente valore solo per l'utilità di qualcun altro.
Tom Regan, I diritti animali (Garzanti, 1990)
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