FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 2
aprile/giugno 2006

Cuore d'Africa

LE RADICI AFRICANE NELLA CULTURA CUBANA:
MIGUEL BARNET

a cura di Martina Bandinelli


Miguel Barnet (L'Avana, 1940) è una figura di primo piano della cultura cubana contemporanea. È poeta, narratore, saggista, etnologo, critico d'arte e musicale. Ha ottenuto importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale; ricopre incarichi ufficiali di prestigio tra cui quello di ambasciatore e membro del Consiglio Esecutivo dell'UNESCO a Parigi in quanto rappresentante del governo cubano.
La sua opera è composta da poesia e prosa, ma è conosciuto a livello internazionale soprattutto per i suoi romanzi, tra cui Biografía de un cimarrón (1966), considerato il più riuscito, nonché il più famoso e tradotto (vanta infatti traduzioni in più di sessanta lingue). Anche le raccolte poetiche, tra cui La piedrafina y el pavorreal (1963), La sagrada familia (1967), Orikis y otros poemas (1980), Mapa del tempo (1989), rappresentano un settore fondamentale dell'opera dell'autore. È nella sua poesia che Barnet mette in risalto la componente africana (che egli ama definire presencia africana) all'interno del mondo cubano. Quella di cui parla l'autore è una realtà quotidiana in cui affiorano usanze e tradizioni delle culture africane, in modo particolare di quella nigeriana yorubá, alla quale è solito ispirarsi.

È importante sottolineare che Barnet, oltre che scrittore, è un autorevole studioso e ricercatore. È per questo che la sua natura di etnologo è sempre presente anche nella sua opera letteraria, in cui spesso si trovano digressioni nelle quali vengono descritti rituali religiosi di origine afrocubana o strumenti musicali e usanze legate al mondo africano. L'etnologo e lo scrittore convivono armoniosamente in Miguel Barnet che è così capace di creare opere a scopo scientifico o didattico, che tuttavia non rinunciano alla componente lirica ed emotiva, soprattutto per quel che riguarda l'opera poetica.

Ciò che comunque rende originale questo scrittore è il fatto di essere bianco, di appartenere alla borghesia bianca cubana e quindi a un settore della popolazione totalmente diverso da quello dei neri. Ciononostante il colore della sua pelle non ha mai rappresentato per Barnet un ostacolo al suo desiderio di conoscere e approfondire la cultura afrocubana in quanto mondo affascinante e degno di essere riscattato, rivalutato e infine valorizzato come componente di primo piano della cubanidad. Per questo Barnet può essere considerato, come egli stesso si considera, un blanco con una conciencia de mulatez (bianco consapevole della condizione mulatta) in quanto ha saputo liberarsi dei pregiudizi caratteristici della sua classe sociale per addentrarsi in una realtà sconosciuta, dalle radici così lontane, ma allo stesso tempo indissolubilmente legata al mondo cubano. Egli non rinnega la sua condizione di bianco, al contrario la vede come una possibilità in più: è un uomo bianco e quindi può essere maggiormente ascoltato dalla società e la sua parola può avere un impatto molto forte. Si fa quindi portavoce del malessere del popolo nero e cerca, attraverso la sua voce e soprattutto grazie alla sua condizione privilegiata di bianco, di cambiare le cose e di far sì che ci sia più giustizia e maggiore tutela dei diritti anche per gli uomini e le donne di colore.




A colloquio con Miguel Barnet

Signor Barnet, potrebbe spiegarci l'importanza della sua poesia nel panorama generale della letteratura afrocubana?

Nelle mie poesie tratto il tema negro nel periodo successivo alla Rivoluzione. La mia prospettiva non è quella del nero e della sua angustia personale, ma il punto di vista di un bianco che riscatta e rivendica il tema negro in senso artistico, trova una trama, un contenuto, una cosmogonia importante che veniva negata o relegata. Perché Nicolás Guillén era un nero, Eloy Machado è un nero, invece io sono un bianco che si è dedicato al tema, ma un bianco con una coscienza da mulatto, con una coscienza d'integrazione, con una coscienza rivoluzionaria che mi ha permesso di capire che lì esisteva un valore fondamentale. Quando parlo di Yemayá non dico: «Sono figlio di Yemayá». Io parlo di Yemayá in quanto istanza estetica, poetica... La mia prospettiva è quella di un bianco che è cosciente di tale valore, che stima e valorizza questa presenza. Bisogna tener presente che io non dico influenza, ma presenza dell'eredità africana nella cultura cubana. Anche la prima persona che scrive Orikis, che sono i canti di lode del popolo yorubá, sono io perché la mia poesia si ispira agli orikis nigeriani, alla cultura yorubá.

Quando e per quale motivo si avvicinò alla cultura nera?

Ho cominciato ad avvicinarmi alla cultura nera da quando ero bambino, perché vivevo in un quartiere del Vedado dove questa presenza era viva e nei solares dell'Avana si trovavano la rumba, i santeros, le offerte a Yemayá, i babalaos. E questo io lo vedevo. Era una realtà che circondava la mia vita e io non le potevo rimanere indifferente come i miei antenati. Essi voltarono le spalle a tutto questo; al contrario io ho preso coscienza e credo che in gran parte è stato grazie alla stessa mentalità che sta costruendo un processo socialista, un processo rivoluzionario. Ho saputo spogliarmi di tutti i pregiudizi piccolo borghesi della mia classe sociale e sono entrato in questo mondo per scoprire un tesoro.

Come sono stati i suoi rapporti con Nicolás Guillén?

I miei rapporti con Nicolás Guillén furono straordinari. Ho lavorato molti anni con lui come redattore della rivista Unión della UNEAC della quale Nicolás Guillén era presidente. Ammirava la mia opera, la mia poesia, mi aiutava sempre e mi stimolò moltissimo. Lavorando insieme mi fermavo spesso con lui e andavamo a mangiare alla Bodeguita del Medio. Quindi ho avuto un rapporto magnifico con Nicolás fino alla sua morte. Nicolás Guillén era una persona che io stimavo e apprezzo molto la sua poesia. Era molto cordiale e ironico, era un uomo molto innamorato e un poeta sopraffino, molto sensibile. Sono grato a Nicolás Guillén per molte cose, soprattutto per ciò che riguarda l'attenzione costante per la parola, la scelta ponderata degli aggettivi, il non cadere mai nel cattivo gusto. Nicolás era un uomo molto raffinato e la sua poesia è influenzata da quella spagnola del Siglo de Oro e anche da quella francese. Leggeva molto le opere di Baudelaire, Mallarmé, Valèry, Rimbaud. Era il summum della mulatez.

Inizialmente le risultò difficile avvicinarsi alla cultura nera? Fu vittima di discriminazioni essendo un giovane bianco?

Al contrario. Ho sempre avuto rapporti affabili. Ovviamente è stato difficile perché le conseguenze che sopportano i neri a Cuba sono lo stigma della schiavitù. Per questo vedere un uomo bianco e giovane accingersi a investigare sulla loro vita non è stato facile. In primo luogo ci furono rifiuti e resistenze, ma alla fine mi sono integrato perfettamente e credo di aver lottato moltissimo e continuerò a lottare contro ogni tipo di razzismo, di pregiudizio razziale. Questo mi è valso anche premi che ho ricevuto per il lavoro che abbiamo fatto, in privato e anche qui nella Fundación "Fernando Ortiz", istituzione che lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale che certamente sono radicati nella storia di Cuba.

Come sono i suoi rapporti con Eloy Machado, El Ambia?

El Ambia è mio fratello. Lo amo molto. El Ambia è un grande poeta. Qui ancora non è stato riconosciuto il valore della poesia spontanea e orale del Ambia. El Ambia è il nostro griot1, il griot cubano per eccellenza. Io lo difendo. Ho dato il titolo a uno dei suoi libri, Vagón de mezcla, e sono molto orgoglioso di questo. Gli voglio molto bene perché, oltre a essere un grande poeta, è un uomo di grande sensibilità, molto affettuoso. È un uomo che lotta in difesa dei generi musicali popolari cubani come la rumba. Io adoro El Ambia e la Peña del Ambia e qui mando un saluto a Eloy, al mio amico Eloy.

Come si è sviluppato il lavoro che la portò alla stesura di "Biografía de un cimarrón"?

Ebbene, stavo lavorando nella Academia de Ciencias negli anni '60 a un lavoro sul Barracón e incontrai molti anziani tra i quali Esteban Montejo che era stato cimarrón. Mi misi a indagare e a raccogliere informazioni fino a che finalmente ho elaborato il libro superando molte difficoltà, perché ci furono diverse resistenze da parte sua, ma alla fine ho instaurato un rapporto molto amabile e affettuoso con lui. E credo che egli sia uno spirito che sta al mio fianco, che mi accompagna, che mi dà forza. Io credo in questo. Non credo in nessuna religione; il mio credo è quello secondo cui i morti, gli eggun2, stanno con me, i miei morti, mia zia, mio padre che è morto da poco, Esteban Montejo. Credo in questo, credo che egli stia al mio fianco, che mi accompagni nei momenti difficili. Lo vedo col suo sorriso di un solo dente e questo mi dà energia. Conoscerlo è stata un'esperienza straordinaria che ha cambiato totalmente la mia vita e anche la sua perché è diventato famoso.

Che momento sta attraversando la cultura nera a Cuba?

La cultura nera si trova in un buon momento. C'è una polemica molto grande, ci troviamo nel bel mezzo di un grande dibattito riguardo a ogni tipo di razzismo, di reminiscenza del razzismo che ancora sopravvive a Cuba. E in questo senso la Rivoluzione è stata straordinaria. Tutte le prime leggi rivoluzionarie furono contro la discriminazione, ma il problema è che la discriminazione è radicata nel pregiudizio e nella storia; è ancorata e soggiacente nella storia di Cuba e finché non riusciremo a lasciarcela alle spalle non potremo capire che non esistono esseri superiori ad altri, che potenzialmente tutti abbiamo lo stesso quoziente d'intelligenza. Quindi discriminare è assurdo come censurare. Ci sono due cosa terribili nella vita: la discriminazione razziale e la censura. Sono terribili, criminali e assurde perché non portano a niente se non alle guerre e all'odio. Io difendo gli spazi di tutti, difendo gli spazi che spettano ai neri, agli omosessuali, ai religiosi nella società e credo che se si rispettassero questi spazi saremmo più felici, come lo erano nei tempi passati a Toledo gli ebrei, gli arabi e i cristiani, i neri e i bianchi. La Rivoluzione comunque sta lottando come nessun altro finora e come mai si è lottato a Cuba contro qualsiasi tipo di pregiudizio razziale.


1Griot è il termine con cui vengono chiamati i tradizionali cantastorie africani.
2Termine di origine yorubá che si riferisce ai morti.




Dieci poesie

EBBO PARA LOS ESCLAVOS

¡A leyo!
     Kiní bá wó

Tres plumas de tu ala izquierda
para preparar una piedra
que camine por el monte, aura tiñosa,
y busque, cerca de las raíces,
entre la jocuma y el palo bobo,
la sangre caliente y recogida
de los negros

Tres palomas sobre mil hojas
pobladas de rocío
para ofrendar la libertad

¡A leyo!
     Kiní bá wó

Eleggua cuida la puerta
en camisa de zarza blanca
para que el diablo no se meta

La misa ha terminado... los cuervos ya no tienen derecho a las
      estrellas

Todos hemos sido testigos

Está bueno de esperar sobre las noches
frías de tantos siglos... En la palabra y en el músculo, somos

Madre de Agua mueve con sus faldas las olas de todos los océanos

Mis ojos tiemblan en el frescor de la aurora
Al otro lado de la bahía romper el coco en cuatro pedazos
es anunciar al mundo el ascua del hombre


OFFERTA PER GLI SCHIAVI

¡A leyo!
     Kiní bá wó

Tre piume della tua ala sinistra
per preparare una pietra
che cammini per il monte, brezza tignosa,
e cerchi, vicino alle radici,
tra la jocuma e il palo bobo1,
il sangue caldo e nascosto
dei neri

Tre colombe su mille foglie
popolate di rugiada
per sacrificare la libertà

¡A leyo!
     Kiní bá wó

Eleggua bada la porta
con camicia di ortica bianca
perché il diavolo non entri

La messa è finita... ora i corvi non hanno diritto alle
      stelle

Tutti siamo stati testimoni

È bene aspettare nelle notti
fredde di tanti secoli... Nella parola e nel muscolo, siamo

Madre de Agua muove con le sue gonne le onde di tutti gli oceani

I miei occhi tremano nel fresco dell'aurora
All'altro lato della baia rompere il cocco in quattro pezzi
è annunciare al mondo l'ardore dell'uomo


1Alberi caratteristici del paesaggio cubano.

***
LA PIEDRAFINA Y EL PAVO REAL

El pavo real dispuso el torbellino
Los ojos al principio hicieron resistencia
Todas las cosas, el caracol y la penumbra,
tomaron un cuerpo distinto
La vida cambió
El tablero dejó de ser un secreto
de antiguos sacerdotes
y la piedrafina encajó su chatarra de luz en el aire

Abre esa puerta dijo Ifá
Hay tiempo todavía
Ábrela


LA PIETRA PREZIOSA E IL PAVONE

Il pavone dispose il vortice
Gli occhi all'inizio opposero resistenza
Tutte le cose, la conchiglia e la penombra,
Presero un aspetto diverso
La vita cambiò
La scacchiera non fu più solo un segreto
di antichi sacerdoti
e la pietra preziosa sferrò la sua ferraglia di luce nell'aria

Apri questa porta disse Ifá
C'è ancora tempo
Aprila

***
EN EL MONTE

En el monte los muertos
el alarido del güije
y la siguapa

Una mujer de ceniza en la cara
y el humo aullando en el agua

La madera en el monte,
el caldero de Oggún, la mujer que me sigue con
                                                           los ojos
y la cabeza del chivo desangrada

En el monte, adentro,
el quejido de la tierra
y dos grandes manos
que me acosan
como un animal trotando en mis espaldas


SUL MONTE

Sul monte i morti
l'urlo dei fantasmi
e la siguapa1

Una donna dal volto di cenere
e il fumo che ulula nell'acqua


Il legno sul monte,
il calderone di Oggún, la donna che mi segue con
                                                             gli occhi
e la testa del caprone dissanguata

Sul monte, dentro,
il lamento della terra
e due grandi mani
che mi inseguono
come un animale che corre alle mie spalle


1Cubanismo che si riferisce a un piccolo uccello
rapace notturno, dal piumaggio nero e giallo.

***
OCHOSÍ

Ochosí guerrea
mata a diestra y siniestra
no es el viento
sino la ráfaga

Tira contra cualquier animal
Degüella hondas leves nucas
Tira para comer
Tira para vivir
Queda absorto en la lumbre
agotado de aguas y flechas

Ochosí, por amor, no contengas tu furia
que es bello verte
estallar piedras y metales
a favor de la vida


OCHOSÍ

Ochosí guerreggia
Uccide a destra e a manca
non è il vento
è la raffica

Tira a qualunque animale
Sgozza profonde lievi nuche
Uccide per mangiare
Uccide per vivere
Rimane assorto nel fuoco
sprovvisto di acqua e frecce

Ochosí, per amor del cielo, non contenere la tua furia
che è bello vederti
frantumare pietre e cristalli
a favora della vita

***
EGGUN

Hay alguien aquí que busca
Hay alguien que rastrea en la maleza,
alguien que presagia la ceniza
mientras aúlla
¿Qué querrá que no puede callar?
¿Qué signo traerá robado de otra tierra?
¿Quién le asestará el golpe final en la nuca?
¿Quién que no sea yo, podrá hacer de su cabeza
                                                             un fósil?
¿De su cabeza un astro milenario?

La isla te rechaza
La isla entera quiere que tú abandones las costas,
las azoteas, los vidrios
y que cuando crujas, ese crujido tuyo
haya perdido definitivamente su eco,
su salto y su ventura
porque no te conocen errante camarada mío,
porque no te conocieron, porque no te conocerán,
no sabrán de ti, de tu estruendo familiar,
de tu traje único

Pájaro de todas las soledades, desterrado,
es la hora de partir
Olokun ha llegado
Han llegado las auras que te conducirán
con el viento de marzo
a un túmulo
               o un archipiélago más bien
donde unos hombres de mi generación
te querrán sepultar con los ojos abiertos
y otros, los más codiciados por tu celo,
seremos eternos y huracanados centinelas tuyos


EGGUN1

C'è qualcuno qui che cerca
C'è qualcuno che rastrella nella boscaglia,
qualcuno che presagisce la cenere
mentre ulula
Cosa vorrà che non può stare zitto?
Che segno porterà rubato da un'altra terra?
Chi gli sferrerà il colpo finale nella nuca?
Chi che non sia io, potrà fare della sua testa
                                                         un fossile?
Della sua testa un astro millenario?

L'isola ti rifiuta
L'isola intera vuole che tu abbandoni le coste,
le terrazze, i vetri
e che quando scricchioli, questo tuo scricchiolio
abbia perso definitivamente l'eco,
lo slancio e la fortuna
perché non ti conoscono errante compagno mio,
perché non ti conobbero, perché non ti conosceranno,
non sapranno di te, del tuo sfarzo familiare,
del tuo abito unico

Uccello di tutte le solitudini, esiliato,
è l'ora di partire
Olokun è arrivato
Sono arrivate le brezze che ti condurranno
con il vento di marzo
a un tumulo
               o un arcipelago piuttosto
dove uomini della mia generazione
ti vorranno seppellire con gli occhi aperti
e noi altri, i più bramati dal tuo zelo,
saremo eterne e tormentate sentinelle tue


1Termine di origine africana yorubá con cui vengono
chiamati i morti.

***
DICE IFÁ

Dice Ifá
que este año un pájaro subirá por el cielo
los amores del día
la aventura del mundo
lo que queda del sol en las paredes
que encaminan dos manos al oeste
dos ojos de la cara del dios de los caminos
una verdad posible
un muro de oleajes
y fantasmas en sombra
                                  intolerantes
un desastre que transforma la ceniza en agua
que desate la voz
a fuerza de decir miguel me falta el aire
una creencia en medio de un error
como si todo fuera imaginar la vida
a ciertas horas del café en la calle
Voy a quitar la tierra de tus manos
aunque es seguro que el amor no es todo

Y yo lo acepto como un fuego
o un territorio inevitable
porque quiero vivir
o resistir
             sin miedos


DICE IFÁ

Dice Ifá
che quest'anno un uccello salirà in cielo
gli amori del giorno
l'avventura del mondo
ciò che rimane del sole sulle pareti
che avviano due mani verso ovest
due occhi del volto del dio dei cammini
una verità possibile
un muro di mareggio
e fantasmi fatti d'ombra
                                  intolleranti
un disastro che trasforma la cenere in acqua
che scateni la voce
a forza di dire miguel mi manca l'aria
una certezza in mezzo a un errore
come se tutto fosse immaginare la vita
a certe ore nei caffé lungo la strada
Toglierò la terra dalle tue mani
anche se è sicuro che l'amore non è tutto

E io lo accetto come un fuoco
o un territorio inevitabile
perché voglio vivere
o resistire
             senza paure

***
NEGROES

Levantaron la proa de los galeones
y toda la dotación
se bautizó de orín
en brazos y pupilas

Fue la razón del alboroto
el espectáculo
la noche del primer suicidio

Luego los cantos y las oraciones
el peso
del oráculo en el horizonte

Y sin mirar atrás
por una vez
la sombra
la ausencia de la arena que cubrió sus pechos
el miedo de estar juntos sin los dioses

Así anduvieron
porque así también
el sol imaginó la noche
y fueron siglos de dolor
y construyeron puentes y castillos
y amasando las piedras con su sangre
fundaron las noches de San Juan
la pólvora en los cañaverales

El asombro y la locura
Toda la magia que volvió a la tierra
para los que niegan
que el hombre es cuatro veces Dios

Ahora están cansados
o sorprendidos
Pero se obstinan en cortar el fruto
y sus hermanos ya son muchos
Han ido lejos
en la historia
y entierran a sus muertos al oeste
y cantan

Están tristes
o alegres
Creen en las ofrendas y en los caracoles
Anuncian un rumor de huesos
para el sacrificio
y permanecen
atentos
como buenos cazadores
frente a Cristo
porque hace falta uno grande
"con sus obras cumplidas"
para bajarlo a la tierra
y degollarlo


NEGROES

Alzarono la prua dei galeoni
e tutto l'equipaggio
si battezzò di urina
nelle braccia e nelle pupille

Fu la ragione della rivolta
lo spettacolo
la notte del primo suicidio

Dopo i canti e le orazioni
il peso
dell'oracolo nell'orizzonte

E senza guardare indietro
per una volta
l'ombra
l'assenza della sabbia che coprì i loro petti
la paura di stare insieme senza gli dèi

Così avanzarono
perché fu così che anche
il sole immaginò la notte
e furono secoli di dolore
e costruirono ponti e castelli
e ammassando le pietre con il loro sangue
fondarono le notti di San Giovanni
la polvere da sparo nelle piantagioni

Lo stupore e la follia
Tutta la magia che tornò alla terra
per quelli che negano
che l'uomo è quattro volte Dio
Ora sono stanchi
o sorpresi
Ma si ostinano a tagliare il frutto
e i loro fratelli sono già molti
Hanno fatto strada
nella storia
e sotterrano i loro morti a ovest
e cantano

Sono tristi
o allegri
Credono nelle offerte e nelle conchiglie
Annunciano un rumore di ossi
per il sacrificio
e rimangono
attenti
come buoni cacciatori
di fronte a Cristo
perché c'è bisogno di uno valido
"con opere compiute"
per stenderlo a terra
e sgozzarlo

***
EL DUEÑO DE LOS CARACOLES

Cada vez que este hombre
me pregunta algo
cada vez que sus manos
se acercan a las cosas que toco
pronunciando mi nombre
como sin hallarlo: "Miguel, no cojas el sereno, no vayas a salir
                           al aire"
empiezo a distraerme en el bramido de los peces
y me entrego más al mundo
porque lo veo ante mis ojos
que no olvidan los suyos
y se me ocurre que viajamos solos
o transcurrimos
esta larga estación
de lluvias y presagios


IL CUSTODE DELLE CONCHIGLIE

Ogni volta che quest'uomo
mi chiede qualcosa
ogni volta che le sue mani
si avvicinano alle cose che tocco
pronunciando il mio nome
quasi senza trovarlo: "Miguel, non prendere l'umidità della sera, non uscire
                           all'aria aperta"
comincio a distrarmi nel bramito dei pesci
e mi concedo di più al mondo
perché lo vedo davanti ai miei occhi
che non dimenticano i suoi
e mi viene in mente che viaggiamo soli
o trascorriamo
questa lunga stagione
di piogge e presagi

***
ORIKI PARA NICOLÁS GUILLÉN

Capitán nocturno. Náufrago de viejas travesías
Hecho el sueño de los vientos huracanados
y las altas colinas
Pescador en las aguas oscuras del Caribe
Griot entre nosotros

Cuando cantas, tu enorme canto funda
Cuando silbas, tu silbido levanta
Si no hubieras existido te hubiéramos
inventado de las olas, te hubiéramos traído

En el fondo de la isla esta inscripción:
Ejemplar único, de piel de baobab y ojos de vidrio
capturado hace apenas setenta años
Poeta natural venido de lejos
Nombre común: Nicolás


ORIKI PER NICOLÁS GUILLÉN1

Capitano notturno. Naufrago di vecchie traversate
Divenuto il sogno dei venti vorticosi
e delle alte colline
Pescatore nelle acque oscure dei Caraibi
Cantastorie2 tra di noi

Quando canti, il tuo immenso canto crea
Quando fischi, il tuo fischio si innalza
Se non fossi esistito ti avremmo
inventato dalle onde, ti avremmo riportato a galla

Nel profondo dell'isola questa iscrizione:
Esemplare unico, dalla pelle di baobab e dagli occhi di vetro
catturato da appena settant'anni
Poeta naturale venuto da lontano
Nome comune: Nicolás


1Oriki sono i canti di lode che il popolo yorubá intona per i suoi
dèi e i suoi sovrani.
2Nella versione originale, il poeta utilizza il termine griot che si
riferisce ai tradizionali cantastorie africani.

***
ORISHAS

Los orishas danzan con máscaras de alambre
y comen en esteras de paja

Los orishas hablan por el oráculo
mientras los perros aúllan en los
cuatros puntos cardinales

Los orishas entran en el monte-ewe
asidos a sus bellos trofeos
y a sus lámparas de cobre

Los orishas sienten un terrible golpe en el estómago
y exigen su ración de comida
sienten un raro hervor en la sangre
y exigen su ración de justicia

Los orishas pueden andar con un solo pie
oír con una sola oreja
y hablar sin labios
y sin boca
sus viejas palabras
Los orishas entran en el monte-finda
con los ojos
como dos prendidas calabazas
y no hay sueño posible
ni mañana de luz
que haga estallar un arco nuevo
sobre la redondez de la tierra

Los orishas cumplen con su destino invariable - ópalo o niebla -
y regresan victoriosos
a sus danzas de amor
silbando sus roncos silbidos

Hombre de esta época
no te engañes
Esos que se atan el horizonte a la cintura
y giran bárbaros y solitarios
sobre sus propias cabezas
no son hombres
sino orishas


GLI ORISHA

Gli orisha1 danzano con maschere di fil di ferro
e mangiano su stuoie di paglia

Gli orisha parlano attraverso l'oracolo
mentre i cani ululano nei
quattro punti cardinali

Gli orisha entrano nel monte-ewe
aggrappati ai loro bei trofei
e alle loro lampade di rame

Gli orisha sentono un terribile colpo nello stomaco
ed esigono la loro razione di cibo
sentono un raro bollore nel sangue
ed esigono la loro razione di giustizia

Gli orisha possono camminare con un solo piede
sentire con un solo orecchio
e parlare senza labbra
e senza bocca
le loro antiche parole
Gli orisha entrano nel monte-finda
con gli occhi
come due zucche ammaliate
e non c'è sonno possibile
né mattina di luce
che faccia scoppiare un arco nuovo
sulla rotondità della terra
Gli orisha compiono il loro destino invariabile - opale o nebbia -
e ritornano vittoriosi
alle loro danze d'amore
fischiando i loro gravi fischi

Uomo di quest'epoca
non ingannarti
Quelli che si legano l'orizzonte alla cintura
e girano barbari e solitari
sulle loro stesse teste
non sono uomini
sono orisha.


1Orisha è il termine con cui vengono chiamate le divinità in vari culti
di origine africana e in particolare di origine nigeriana yorubá.


Traduzione di Martina Bandinelli martina.bandinelli@tiscali.it