FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 1 gennaio/marzo 2006 Il filo spinato della memoria |
INTERVISTA A RICARDO FEIERSTEIN a cura di Sara Pagnini |
Come si vive in Argentina dopo il tragico attentato contro l'AMIA (la sede della Comunità Ebraica di Buenos Aires), del 1994?
L'inconscio è, in un certo senso, generoso. Il passare degli anni fa in modo che la memoria diventi più selettiva, che dedichi meno tempo a pensare all'orrore attraversato, che si possano progettare - ancora una volta - piani di vita per il futuro. Nonostante questo, il trauma rimane. E' come se ci fosse un punto interrogativo sulla possibilità di una continuazione della storia ebraica in Argentina. Soprattutto per l'impunità vergognosa con la quale hanno operato gli assassini: dieci anni dopo non c'è nessuno che sia stato incriminato o sospettato (quando tutti sanno chi sono i responsabili politici che hanno protetto i terroristi). Oggi rimane comunque la paura, e se ci fosse un altro attentato? Inoltre, come dicono gli israeliani, "la vita non è un pic-nic".
Secondo la sua opinione, perché questo attentato ha avuto luogo?
C'è stata una serie di cause, secondo quanto si è potuto apprendere dalle indagini e dagli articoli sui giornali. Sul piano internazionale l'attentato fu una vendetta contro Israele, per la morte di un capo degli Hezbollah in Medio Oriente - essi avevano minacciato di attaccare "ogni ebreo nel mondo", un delirio che poi è divenuto una tragica realtà -; per quanto riguarda l'Argentina, la causa dell'attentato andrebbe ricercata nel desiderio di vendetta contro l'allora presidente Menem (di origine arabo-siriana), di cui avevano appoggiato finanziariamente la campagna elettorale in cambio della promessa di un reattore nucleare che Menem, però, non consegnò mai a causa delle pressioni da parte degli Stati Uniti. Si vociferò, inoltre, che si era potuto trattare di un prestito non restituito legato ad operazioni di narcotraffico. C'è comunque una buona probabilità che abbia agito anche un gruppo antisemita all'interno delle forze dell'ordine, che da decenni sono infettate da correnti filo-naziste, in cambio di svariati milioni di dollari. Si sono verificati fatti davvero scandalosi al riguardo come quello dei poliziotti che stavano di guardia e che si allontanarono dalle porte d'ingresso giusto pochi minuti prima che gli attentati, contro l'Ambasciata d'Israele (1992) e contro l'AMIA (1994), avessero luogo. Tutto questo non è mai stato indagato con la dovuta serietà.
Che sensazione prova quando pensa al fatto che il suo paese sia stata una delle nazioni che maggiormente ha accolto criminali nazisti?
L'Argentina è il paese più democratico e pluralista del mondo, che ha ricevuto e fatto integrare milioni di immigrati di tutte le nazionalità, soprattutto durante la fine del XIX secolo e le prime decadi del XX secolo. La sua legge di educazione comune per i figli degli immigrati e le sue caratteristiche di società aperta resero possibili processi esemplari di "argentinizzazione". Allo stesso tempo, è uno dei paesi che più al mondo ha accolto criminali nazisti. Nonostante si tratti di una minoranza, si sono potuti infiltrare tra le fila del potere: Forze Armate e dell'Ordine, Potere Giudiziario e Chiesa Cattolica pre-conciliare. È strano che possano coesistere queste due realtà, ma è così. Siamo un paese assolutamente contraddittorio.
Dal 1994 a oggi, ha notato un incremento dell'antisemitismo in Argentina? E, se così è, la difficile situazione economica ha influito?
L'antisemitismo argentino è endemico. Appare e scompare per ragioni molto più complesse di quelle economiche. Sicuramente la miseria porta risentimento e gli ebrei, in questi casi, ricoprono da sempre il ruolo di capro espiatorio (oggi, insieme agli immigrati peruviani, boliviani o cinesi). Però, l'antigiudaismo organizzato è utilizzato anche come mezzo politico dai gruppi di potere, per deviare lo scontento sociale su un preciso obiettivo o per altre ragioni. Al giorno d'oggi esistono leggi contro la discriminazione e un istituto ufficiale nel quale è possibile denunciare questo tipo di attacchi, di modo che la situazione, perlomeno a livello legale, è migliorata.
Come nasce e come si sviluppa il processo creativo che segue durante la stesura di un'opera letteraria o poetica?
Difficile da spiegare in meno di dieci pagine. C'è una parte dell'inconscio, misteriosa, che lavora sempre - soprattutto di notte, durante i sogni - e genera diversi "circuiti" con scene, dialoghi, sensazioni, ecc. Nella parte cosciente c'è come un'intenzione, un po' nebulosa all'inizio, che si schiarisce nel proseguire, di "circondare" un determinato tema o sensazione umana, attraverso dei personaggi che crescono con salti improvvisi (niente appare mai completo all'inizio). Un'andata e ritorno permanente lavora questo materiale letterario come se fosse argilla, facendo e disfacendo. Quasi sempre, credo, la totalità di situazioni e personaggi sono vincolati a esperienze personali o di individui che conosciamo (e che dobbiamo combinare, in funzione della trama). Al contrario, quel che risulta alla fine non è, nella mia esperienza, verosimile, ma arbitrario e pieno di convenzioni. Ciò che è personale si trasmette con più sicurezza. Per questo, la "non-fiction" è la categoria nella quale rientra la maggior parte delle mie opere. Questo per quanto riguarda i romanzi. Le poesie, invece, possono nascere di colpo, anche se in seguito subiranno infinite correzioni.
In che modo può spiegarci come intende il meticciato culturale e, in particolare, quello argentino?
Il meticciato culturale, che io avevo già preannunciato nel mio romanzo Mestizo, pubblicato nel 1988 è la conseguenza inevitabile della globalizzazione su scala planetaria, per l'avanzata delle comunicazioni, i mass-media e, soprattutto, l'apparato finanziario, con le sue imprese multinazionali che fanno affari a qualsiasi ora con un piccolo computer portatile e viaggiando in aereo. Ciò permette una mobilità incomparabile, qualcosa che i filosofi moderni come Zygmunt Bauman definiscono "modernità liquida": a differenza delle solide istituzioni e situazioni del XX secolo, al giorno d'oggi le cose fluiscono di continuo e non si compongono mai in una forma definita, proprio come accade con i liquidi (che scorrono, debordano, vanno e vengono). Sul piano culturale, le creatività "nazionali" si trovano a essere invase di continuo dal resto del mondo (immigrazioni, traduzioni, lingue che s'incrociano tra loro, colonialismo culturale, etc.). Di fronte a questa prospettiva vi sono due soluzioni: una è la Frammentazione paese per paese, ovvero l'intento di mantenere "un'anima nazionale" a tutti i costi, che spesso, alla fine, porta a scontri e massacri (come nel caso dell'ex Yugoslavia). L'altra soluzione è l'idea di Totalità, ossia, l'inevitabile riconoscimento del fatto che non esistono culture "rigide", complete, ma che tutte cambiano di continuo, partendo da un tronco comune (la storia, la lingua, il bagaglio culturale), e che si arricchiscono con l'apporto delle varie minoranze culturali. Quest'ultima soluzione è sicuramente la più saggia, ma anche la più difficile. Come arricchirsi senza perdere il cammino di un universalismo astratto? Come conservare le proprie particolarità senza impoverire la totalità? Questa è la sfida.
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QUATTRO POESIE
Argentina 1983
La esperanza es una danza
***** Nacionalidad
Nací en Buenos Aires en 1942. Nací en Buenos Aires en 1942. Ese mismo año Nací en Buenos Aires en 1942.
***** Viejos Judíos
Sobrevivientes Son los viejos judíos Y también los otros: Niños atornillados Y en verdad quién puede Ay, mis viejos judíos Buhoneros, tozudos
***** La última batalla de los jinetes polacos
En su última carga, la caballería Este contó, hace años, Moishe Búrej Y él, mi abuelo, hacia su final Reunió mujer e hijos alrededor "¿Dónde me dejás?" (ella) Cabalgó hacia el horizonte y su En la siguiente generación, Isaac Después soportó por muchos años Al filo de su tiempo, ya cabalgaba "¿Hasta cuándo?" (sus ojos cansados) Y concedía otro mes, y otro más Así fue que, al final del recorrido Desafió los récords de la ciencia Roto por la pérdida Ese postrer instante de coraje Si, en definitiva, Pregunta inútil y sin respuesta.
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Argentina 19831
La speranza è una danza
1 Anno delle prime elezioni democratiche, dopo ***** Nazionalità
Sono nato a Buenos Aires nel 1942. Sono nato a Buenos Aires nel 1942. Quello stesso anno Sono nato a Buenos Aires nel 1942.
***** Vecchi ebrei
Sopravvissuti Sono i vecchi ebrei E anche gli altri: Bambini abbarbicati E in verità chi può Ahi, miei vecchi ebrei Chincaglieri testardi
***** L'ultima battaglia dei cavalieri polacchi
Nella sua ultima carica, la cavalleria Questo raccontò, tanti anni fa, Moishe Burech E lui, mio nonno, prossimo alla fine Riunì moglie e figli intorno a sé "Dove mi stai lasciando?" (lei) Cavalcò verso l'orizzonte e Nella generazione seguente, Isaac Poi, sopportò per tanti anni Allo scadere del suo tempo, cavalcava ormai "fino a quando?" (i suoi occhi stanchi) Fu così che, alla fine del tragitto Sfidò i record della scienza Spezzato dalla perdita Quest'ultimo istante di coraggio Si, forse, Domanda inutile e senza risposta.
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RICARDO FEIERSTEIN
Ricardo Feierstein è nato a Buenos Aires l'8 agosto del 1942, da una famiglia ebrea di origine polacca. Fin dai primi anni '60 ha iniziato a militare all'interno di associazioni progressiste e pacifiste ispirato da "l'immaginazione al potere" degli studenti del "Maggio francese". Ciò che ha maggiormente contraddistinto la generazione di Feierstein è stato l'impegno politico, a sua volta profondamente influenzato dalla filosofia esistenzialista di Jean Paul Sartre. A tutto ciò Ricardo Feierstein lega il concetto di Totalità in opposizione a quella che è diventata la Frammentazione della cultura e dell'esistenza. Dopo aver partecipato all'esperienza d'impegno politico in Argentina, è entrato a far parte del movimento pionieristico (Halutziano) e, subito dopo aver conseguito la laurea in architettura, è partito con la sua famiglia alla volta d'Israele, dove ha vissuto in un kibbutz ai piedi delle alture del Golan, vicino al confine siriano. E' rimasto in Israele anche durante la guerra di Yom Kippur e solo qualche tempo dopo, in seguito a vicende familiari, ha fatto ritorno in Argentina. A Buenos Aires ha dovuto ben presto scontrarsi con la terribile realtà politica e sociale della dittatura militare e del genocidio da questa messa in atto.
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