FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 1
gennaio/marzo 2006

Il filo spinato della memoria

IL CINEMA A PAROLE

di Verónica Becerril


IL PIANISTA
di Roman Polanski

Wladyslaw Szpilman era un pianista di talento, ebreo polacco vissuto a Varsavia durante il periodo dell'occupazione tedesca. "Il pianista" (2002) è un film che racconta in modo sobrio la sua tragica vicenda, narrata dallo stesso Szpilman in un libro scritto subito dopo la fine della guerra (e passato del tutto inosservato) e poi ripubblicato, questa volta con successo, nel 1999. "Nelle sue memorie ci sono polacchi buoni e polacchi cattivi, ebrei buoni ed ebrei cattivi, tedeschi buoni e tedeschi cattivi...", questi sono alcuni dei motivi per cui Roman Polanski decise di realizzare questo film. Quella di Szpilman è una vera e propria odissea: rinchiuso nel ghetto costruito dai tedeschi per gli ebrei di Varsavia, Szpilman fugge poco prima della deportazione nei campi di concentramento, dove invece finirà la sua famiglia. Inizia a vagare, nascondendosi in appartamenti vuoti dove alcuni polacchi danno asilo agli ebrei in fuga. Dalle finestre di questi gelidi rifugi l'uomo assiste, solo, impotente e tormentato dalla fame e dalla paura, al massacro dei suoi amici, alle battaglie tra tedeschi e partigiani polacchi, fino all'arrivo di reggimenti russi che liberano la sua città.

Il film, pur nella sua crudezza, regala momenti di rara poesia, sequenze nelle quali Polanski dà il meglio di sé come regista. Come nella scena d'apertura dove Szpilman interrompere un concerto alla radio polacca, sottoposta a bombardamento; la sequenza in cui si esibisce al piano davanti a un ufficiale tedesco che, sedotto dal suo talento, gli salva la vita; le tragiche riprese del ghetto di Varsavia, completamente distrutto dopo la fuga dell'esercito nazista: tutte prove di grande cinema realista.
Roman Polanski è bravo a rappresentare la psicologia degli ebrei davanti al terribile fatto dell'olocausto: all'inizio increduli, convinti che tutto ciò non potrà arrivare alle estreme conseguenze. Poi, con il peggiorare degli eventi, disorientati e incapaci di reagire. Non tutti però, non va dimenticata l'eroica ribellione del ghetto di Varsavia, guidata da giovanissimi.
Wladyslaw Szpilman è morto nel 2000 all'età di 88 anni, dopo una rilevante carriera di concertista e compositore musicale.

La realtà descritta da Polanski ci invita a vedere con occhi nuovi la storia dell'olocausto, pur spiegata già in mille modi. Per questo "Il pianista" è un bel film che riesce a far comprendere, senza retorica né eccessi, come siano importanti le cose - anche quelle più piccole e banali - che fanno di un uomo una persona, quella specifica persona. Come sia indispensabile credere in alcuni e saldi principi, avere uno scopo nella vita, e poi portarlo avanti nel modo migliore, nel rispetto degli altri. Avere delle gioie, dei sogni, delle aspirazioni e fare una vita normale: cioè da uomo.

 

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