FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 1 gennaio/marzo 2006 Il filo spinato della memoria |
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L'architettura č imponente, ha la solennitą dei vasti spazi essenziali. Sulla sommitą di Har Hazikaron, il Monte della Memoria, nella zona occidentale di Gerusalemme, si adagia la grande struttura di Yad Vashem, il museo dell'olocausto, immerso in un bosco di sei milioni di alberi, uno per persona. Tutto č immenso, qui. Lineare, geometrico, aperto. Silenzioso. Ci si dimentica presto del traffico assordante di Rabin Boulevard che abbiamo appena percorso in pullman. Imponenti i bracci di cemento armato che si estroflettono dal complesso centrale e restano sospesi sulla vallata boscosa. Enorme la lastra pavimentale con i nomi dei campi di concentramento e di sterminio nella Sala della Memoria. Il percorso guidato ora prevede il Memoriale dei Bambini, spazio commemorativo costruito in una caverna sotterranea, per ricordare il milione e mezzo di ragazzini vittime dell'olocausto. Qualcuno del gruppo preferirebbe non entrare. Non se la sente di guardare foto di bambini maltrattati o denutriti, piccole salme e chissą che altro. Qualcuno teme, comprensibilmente, ciņ che vedrą nella caverna. Chi entra scoprirą che non č attraverso gli occhi che passerą il dolore. Varchiamo la soglia toccando la mezuzą, il piccolo contenitore di legno o metallo che gli ebrei affiggono sullo stipite di ogni porta, nelle loro case, negli uffici, nei luoghi pubblici. Dentro ogni mezuzą un piccolo rotolo di carta riporta il passo dello Shemą Israel dal Libro del Deuteronomio: "Ascolta Israele, il Signore č il nostro Dio, il Signore č uno solo...". Dentro, nessuna foto, nessun filmato, nessun oggetto da osservare. All'interno del Memoriale dei Bambini tutto ciņ che possiamo fare č ascoltare. Moshe Safdie, l'architetto che ha progettato questo luogo, ha fatto realizzare un lungo percorso immerso nel buio, rischiarato solo da flebili candeline poste a diverse altezze che creano l'impressione di un piccolo firmamento. Si procede seguendo un corrimano, nella penombra.
In sottofondo, voci registrate elencano nelle varie lingue i nomi delle piccole vittime. ...Eugene Sandor, 12 anni, Jugoslavia... Maritza Mermelstein, 8 anni, Cecoslovacchia... Niente come un elenco riesce a dare al tempo stesso il senso dell'individualitą e quello della totalitą. E chi ha progettato questo luogo sapeva bene che tapparsi le orecchie č pił difficile che chiudere gli occhi. Non disponiamo di palpebre auricolari che ci garantiscano un buio/silenzio. Lenti avanziamo nel buio e ascoltiamo. Usciamo di nuovo alla luce. Per Israele il concetto di memoria (zikkaron) č fondamentale, ricorre insistentemente nella Bibbia, nell'Esodo, in Numeri, in Giosuč. Che i figli conservino la memoria dei padri. Nel tratto di buio e voci appena percorso abbiamo condiviso l'innaturale dolore di padri che, colpiti dalla tragedia della storia, hanno dovuto conservare la memoria dei propri figli. (foto da http://homepage.mac.com/uiaeli/04marchoftheliving/PhotoAlbum95.html)
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