FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 65
novembre 2023

Autunno

 

MICHEL CASSIR, LA POESIA È IL TUO DOPPIO

di Giancarlo Cavallo



Pubblicata recentemente in Italia, da Multimedia edizioni, l’antologia dell’autore franco-libanese Michel Cassir La poesia è il tuo doppio, comprende poesie tratte da sei raccolte edite in Francia dal 2007 al 2021. Questa ampia selezione consente al lettore italiano, per la prima volta, di addentrarsi nell’universo variegato e scintillante della poesia di Cassir.

Nato in Egitto da famiglia libanese, vissuto per nove anni in Messico, sposato con un’argentina, Claudia Christiansen (il cui cognome denuncia una chiara origine nordeuropea), residente a Parigi, Cassir ha il viaggio iscritto nel proprio DNA, quindi questo è uno dei temi fondamentali della sua poesia: basta sfogliare alcuni dei suoi libri per incontrare una notevole quantità di toponimi ed altri inequivocabili segnali che ce lo confermano. Ma questo viaggiare non è solo uno spostamento fisico da un paese o da un continente all’altro, è soprattutto una ricerca intellettuale e spirituale.

Alcuni tra i suoi poemetti (di cui qui si propone un estratto) ci portano in tre diversi continenti ed in tre luoghi alquanto differenti tra loro, pur nella comune appartenenza al Mediterraneo: Egitto, Libano, Napoli. Il procedimento di scrittura sembra analogo in tutti e tre: nella vita, come nei sogni, succedono cose strane e imprevedibili, incontri ed epifanie, e Cassir parte da questi elementi “casuali”, talvolta minimi, per sviluppare la sua poesia onirica ed ellittica, colta ed affascinante, carica di erotismo e sensualità, dalle sonorità che si intrecciano e riecheggiano da un testo all’altro, fino a creare un ritmo avvincente ed unico al quale il lettore non può che abbandonarsi come in un lungo sogno ad occhi aperti o in una danza ancestrale che conduce fino alle soglie della trance: […] ho bevuto come l’acqua di alta montagna la nuova cultura araba e palestinese, la poesia latino-americana, a volte la bellezza assoluta di brevi poesie cinesi e giapponesi (apice di piacere che coltivo ancora). Dopo “l’immaginazione al potere”, la vera svolta è stata la miscela esplosiva di presa di posizione radicale contro le ingiustizie sociali e liberazione della manna del subconscio, proposta dal surrealismo. Io non sono sfuggito alla coppia Marx-Freud, a volte antinomica, ma è l’avventura poetica che mi ha forgiato ancora più profondamente. Non è stato solo il gruppo intorno a André Breton, ma qualsiasi pratica per liberare l’immaginario, l’atto ribelle, la visione dell’uomo nel suo divenire, piuttosto che nelle sue convenzioni e nella sua paura. Una miscela di arte naif, di canto ribelle e di rottura di stile e di principio con la letteratura fossilizzata, consolidata nei suoi pregiudizi. (da Hors Temazcal, pag. 90).

Scorrendo l’indice del libro, si evidenzia un altro elemento fondamentale della poesia di Cassir: Flauto, TGV blues, Cinque tocchi di blues, I musicisti di Kos, denunciano inequivocabilmente un rapporto privilegiato con la musica. Infatti, spesso i suoi reading/performance, che esaltano la musicalità dei testi, sono accompagnati dalle percussioni e dal canto di Claudia (alla quale non a caso è dedicata la poesia che apre il libro e dal cui primo verso è tratto il titolo dell’antologia, proposto dall’autore).

“Nei suoi versi – dice Rossella Nicolò – s’incontra il visibile e l’invisibile, si sentono gli spasmi, gli strappi e l’irrequietezza del tempo, i transiti del cuore pulsante nei suoi anfratti più profondi dove puoi ristorarti all’ombra di un fraseggio o percorrere le radure di giochi linguistici stranianti, in lingua francese, il “fluido segreto” attraverso il quale circola la sua idea del mondo.” (Nicolò R., Corrispondenze/7, in Puracultura n. 123, 8 ottobre 2021, p. 4).

La sua poesia è un esempio dei meravigliosi frutti che nascono dal “meticciato”, dalla fusione di culture e sensibilità diverse, dalla curiosità e dal rispetto per l’altro; davvero l’autre signifie l’empathie et le divin à portée de poigne (l’altro significa l’empatia ed il divino a portata di mano - da TGV blues). Una lezione di poesia e di umanità da non dimenticare.


Michel Cassir, La poesia è il tuo doppio, introduzione, cura e traduzione di Giancarlo Cavallo, Multimedia edizioni, Salerno 2022, pagg. 192, euro 15,00.




POESIE DI MICHEL CASSIR
da La poesia è il tuo doppio


à CLAUDIA

le poème est ton double
qui se retourne
dans tes paupières
hypnose de ton royaume
qui a affranchi le cri
de son espace vital
tu es la propre substance
que dévore ton poème
et il est difficile
de distinguer tes traits
ils prennent les couleurs
de l’humanité chancelante
chaque fois que le ruissellement
intérieur prend le dessus
tu évanouis la terre
et crée le tourbillon invisible
de la peau
la douleur sous la nuque
est la marque des déserts
qui portent ton désarroi
quelle douceur inverse
le chant des rives
qui astre le feu de ta lèvre
qui sale ton sommeil
amour de l’amour sans oeil
sans mémoire juste le vol
et la maison de l’air
ton poème est aussi poitrine
creusant les abîmes
comme noce inavouée


a CLAUDIA

la poesia è il tuo doppio
che si inverte
nelle tue palpebre
ipnosi del tuo regno
che ha liberato il grido
dal suo spazio vitale
tu sei la sostanza propria
che divora la tua poesia
ed è difficile
distinguere i tuoi tratti
essi prendono i colori
dell’umanità vacillante
ogni volta che lo sfavillio
interiore prende il sopravvento
tu fai svanire la terra
e crei il vortice invisibile
della pelle
il dolore alla nuca
è il segno dei deserti
che portano il tuo smarrimento
quale dolcezza inversa
il canto delle rive
che stella il fuoco del tuo labbro
che rende salmastro il tuo sonno
amore dell’amore senza occhio
senza memoria solo il volo
e la casa dell’aria
la tua poesia è anche seno
che scava gli abissi
come nozze segrete


EGYPTE

Nous avons traversé l’écluse comme on passe de la dernière lueur
à la prière des eaux. Engloutie toute parure des dieux équivoques.
Nous sommes entrés dans le mystère sans ouvrir de porte, en
glissant de plus haut dans la passion légère comme un paysan
osseux enduit de crépuscule.
Telle est l’ampleur des muezzins que le propos devient indistinct
et la résonance nuée de jacarandas. Mystique involontaire qui
jette ses lianes invisibles, le saut du saut.
Nous ne savons plus où nous irons et si l’embarcation ne se
trompe pas d’idée. Accoster, partir, se joindre aux cris joyeux des
enfants de la rive ou aux oiseaux pressés de déchiqueter le flanc
des palmiers.
Les mosquées se sont tues au profit de la jeunesse scandant son
amour inconditionnel du voyage qui lui passe sous le nez mais
dont elle distille l’incomparable flux.
Les voyageurs eux-mêmes happent l’air des villages, vite délaissés,
pour trouver un sens à la traversée. Ils ne sortiront pas indemnes
du temps, fragilisés par l’écho d’un amour qu’ils n’ont pas
invoqué. Le temps qu’il fait est plus fort que leur retenue. Ils
fondent de particule en particule dans la nuit. Sera-t-elle présage
ou encore chauve-souris d’indifférence ?
Egypte, mon Egypte que je revois après 33 ans d’absence, avec
un avant-goût de Christ qui ne retrouve plus sa croix ni l’arcane
de son épopée. Egypte, je n’ai rêvé ni de tes faucons ni de tes
crocodiles, à part sans doute celui que le garçon de chambre nous
a fabriqué avec le couvre-lit. Un long crocodile de paix avec dans
la gueule le guide du Routard.
Ironie et tendresse !
Je confonds mon retour à celui de Giuseppe Ungaretti sur le
paquebot Esperia vers son Alexandrie natale dans les années
1930.
Egypte, que la magie te porte encore comme un talisman contre
cette folie qui ronge ton intégrité, ta dignité. Egypte, amante de
ce chant lunaire, insomniaque et de cette danse libre de toutes
règles, simples gestes de paysans qui vouent à l’air, à l’eau et au
désert leur humble souffle.
Egypte, dont les véritables dieux brûlent encore dans les yeux
apeurés ou rieurs d’un jeune cafetier, médiateur humain, trop
humain, d’un secret qu’il est temps que je taise.


EGITTO

Abbiamo attraversato la chiusa come si passa dall’ultimo lucore
alla preghiera delle acque. Ingoiato ogni ornamento degli dei
equivoci. Siamo entrati nel mistero senza aprire porte, scivolando
dall’alto nella passione leggera come un contadino ossuto
rivestito di crepuscolo.
Tale è l’abbondanza di muezzin che le parole diventano indistinte
e la risonanza nugolo di jacaranda. Mistica involontaria che getta
le sue liane invisibili, salto del salto.
Non sappiamo più dove andremo e se l’imbarcazione non sia
la scelta sbagliata. Accostare, partire, unirsi ai gridi allegri dei
bambini della riva o agli uccelli che hanno fretta di tagliuzzare il
fianco delle palme.
Le moschee si sono zittite a favore della gioventù che scandisce il
suo amore incondizionato per il viaggio che le passa sotto il naso
ma di cui distilla l’incomparabile flusso.
I viaggiatori stessi afferrano l’aria dei villaggi, subito abbandonati,
per trovare un senso alla traversata. Non usciranno indenni dal
tempo, resi fragili dall’eco di un amore che non hanno invocato. Il
tempo che fa è più forte del loro ritegno. Si sciolgono di particella
in particella nella notte. Sarà presagio oppure pipistrello
d’indifferenza?
Egitto, il mio Egitto che rivedo dopo 33 anni d’assenza, con un
presentimento da Cristo che non trova più la sua croce né
l’arcano della sua epopea. Egitto, non ho sognato né i tuoi
falconi né i tuoi coccodrilli, a parte quello che il cameriere ci ha
fabbricato con il copriletto. Un lungo coccodrillo di pace con in
bocca la guida Routard.
Ironia e tenerezza!
Confondo il mio ritorno con quello di Giuseppe Ungaretti sulla
nave Esperia verso la sua Alessandria natale negli anni ’30.
Egitto, che la magia ti porti ancora come un talismano contro
questa pazzia che corrode la tua integrità, la tua dignità. Egitto,
amante di questo canto lunare, insonne e di questa danza libera
da qualsiasi norma, semplici gesti di contadini che dedicano
all’aria, all’acqua ed al deserto il loro umile respiro.
Egitto, i cui veri Dei bruciano ancora negli occhi spaventati o
ridenti di un giovane caffettiere, mediatore umano, troppo
umano, di un segreto che è tempo che io taccia.


*

Rayon vert oscille jusqu’à feu d’extinction sur
corniche fouineuse.

Enfants radieux remontent l’amphore
impudique Méditerranée.

Eglises mosquées jouent les fiancées de l’audelà
bien en chair.

De sa fenêtre l’adolescent laisse monter
vibrations de voisine experte.

Soudain bibliothèques publiques bombes à
retardement en jungle boursière.

Rebelles poussent l’herbe mauvaise à rompre
quadrature de cercle.

Beyrouth aimante hausse matelas aux
terrasses. Aspirer nuit danser brise l’aurore.


*

Raggio verde oscilla fino a fuoco di estinzione su
costiera indiscreta.

Bambini radiosi risalgono l’anfora
impudico Mediterraneo.

Chiese moschee interpretano le fidanzate
bene in carne dell’aldilà.

Dalla sua finestra l’adolescente lascia salire
vibrazioni di vicina esperta.

All’improvviso biblioteche pubbliche bombe a
scoppio ritardato nella giungla borsistica.

Ribelli spingono l’erba cattiva a rompere
la quadratura del cerchio.

Beirut amorosa alza materassi sulle
terrazze. Aspirare notte danzare infrange l’aurora.


*

Le jeu des yeux bandés sur la piazza Plebiscito
fécondée par des titans.

Fascination des corps pour les champs
magnétiques déjouant l’axe Palazzo Reale et
l’église Francesco di Paola en passant par les
deux statues.

Pieds mus par la danse invisible du sang dans
le tempo. Courbe imprévisible amplifiant les
sillons de la place érotique. En proie à des
pulsions innommables précédant la naissance
reniflant la mort et sa résurrection.

Les circonvolutions des uns et des autres
enfantent une architecture du sol comme un
rêve en déconstruction.

Les yeux bandés se croisent sans se frôler à la
recherche d’un destin provisoire qui ne
connaitrait pas son objet. De peur d’un faux
pas l’amour absolu trace. La sensualité nourrit
le pavé qui rompt pour une mer de sable.

Le dessein des yeux bandés est celui de la
poésie. Il anticipe la disparition et l’avènement
du prodige encore chaud de ses feuillages.


*

Il gioco degli occhi bendati su piazza Plebiscito
fecondata da titani.

Attrazione dei corpi per i campi
magnetici svianti dall’asse Palazzo Reale e
chiesa S. Francesco di Paola che passa tra le
due statue.

Piedi mossi dalla danza invisibile del sangue nel
ritmo. Curva imprevedibile che amplifica i
solchi della piazza erotica. In preda a
pulsioni innominabili che precedono la nascita
aspirando la morte e la sua risurrezione.

Le circonvoluzioni degli uni e degli altri
partoriscono un’architettura del suolo come un
sogno in decostruzione.

Gli occhi bendati si incrociano senza sfiorarsi alla
ricerca di un destino provvisorio che non
potrebbe conoscere il suo oggetto. Con la paura di un passo
falso l’amore assoluto va. La sensualità nutre
il lastricato che si apre ad un mare di sabbia.

L’intento degli occhi bendati è lo stesso della
poesia. Anticipa la scomparsa e l’avvento
del prodigio ancora caldo del suo fogliame.


TGV BLUES

Du train porté à l’excès d’ivresse émerge un visage ensommeillé
d’adolescent distribuant la pulsion dans les pointes d’une chevelure
vierge. Le train se cabre comme un troupeau sauvage à l’apparition
d’un cauchemar sur les parois du ciel. La peau heurte la vitesse et
l’allonge comme un tapis mauve de prière inédite. Seul le souffle
est maître d’oeuvre de la dérive et de la salvation. Ni train ni
maître ne dompte toutefois la folie de peau piquée par la courbure
du temps. Celle-ci se renfrogne aussi soudainement qu’elle
n’invite. Nous portons la boue dans les vallées siliconées et
perpétuons la fête des corps nus dans les forêts bibliques. Nous
nous jetons des pommes au visage pour que l’autre signifie
l’empathie et le divin à portée de poigne. Le rêve de Buñuel dans
un bus mexicain sillonnant les précipices est ici aussi réel qu’un
taureau ailé portant les passagers à l’extase. Ils n’y paraissent rien
mais le moindre rictus ou coup de lame tend les bras à l’infini
notion libre servant à rapiécer les loques de l’inspiration.


TGV BLUES

Dal treno portato all’eccesso di ebbrezza emerge un viso assonnato
di adolescente che distribuisce la pulsione tra le punte di una
capigliatura vergine. Il treno si impenna come un branco selvaggio
all’apparizione di un incubo sulle pareti del cielo. La pelle urta la
velocità e la stende come un tappeto malva di preghiera inedita.
Solo il respiro è artefice della deriva e della salvezza. Né treno né
padrone domano tuttavia la follia della pelle punta dalla curvatura
del tempo. Questa si incupisce molto più improvvisamente di
quanto non inviti. Portiamo il fango nelle valli siliconate e
perpetuiamo la festa dei corpi nudi nelle foreste bibliche. Ci
gettiamo delle mele sul viso affinché l’altro significhi l’empatia
ed il divino a portata di mano. Il sogno di Buñuel in un autobus
messicano che solca i precipizi è qui reale tanto quanto un toro
alato che porta i passeggeri all’estasi. Non sembrano niente ma
ogni minimo ghigno o colpo di lama tende le braccia all’infinito
nozione libera che serve a rattoppare i brandelli dell’ispirazione.


Traduzione dal francese di Giancarlo Cavallo




Michel Cassir
nato nel 1952 ad Alessandria d'Egitto, trascorre la sua giovinezza in Libano, dove fa parte della corrente innovativa e ribelle della poesia francofona. Dopo gli studi superiori in Francia, insegna all'Università Nazionale Autonoma di Città del Messico per nove anni. Vive a Parigi da più di trent'anni. Scienziato, poeta, direttore della collezione di poesia «Levée d'Ancre» per le Editions l'Harmattan dal 2001 (136 titoli pubblicati), Michel Cassir ha pubblicato una trentina di opere letterarie. È stato pubblicato in turco, arabo, spagnolo, italiano e inglese. Ha tradotto molti poeti dallo spagnolo al francese.
È presente in antologie e riviste poetiche di una quindicina di paesi. Nel 2008 ha ottenuto il Premio letterario della francofonia «Le jasmin d'Argent» per l'insieme della sua opera poetica.
Ha tenuto più di 130 récitals di poesia e musica in Francia, Italia, Libano, Messico, Argentina, Nicaragua, El Salvador, Turchia, Regno Unito, Bosnia, Romania, Tunisia e Algeria.


gccaval@gmail.com