PAVO REAL
El ave muestra el pasado del ave
en el espejo
de la esencia divina.
Su luz resiste
en el agua.
Viento sobre las lilas,
su paraíso de infinitos ojos contempla el cobalto iridiscente derramarse
sobre la estela fiel del lago.
Sabe que nunca se repetirá, pues el silencio, como el pavo real,
sólo una vez se revela.
Abre su pecho, quiere ser la imagen del vitral, transmutar en belleza su geometría,
desde la arcada multiplicarse en inciertos espejos, jardines
resolviendo la memoria. Luna de desprendido cauce, su paso fluye
con el pálpito del río; teme que se borre su pupila.
Lo oigo, me hace sentir
entero su misterio, y la llama
su permanencia herida.
Renace de la hierba su fulgor, instante en el borde de sus alas
que, al abrirse, corona –estremecida blancura– el horizonte.
Sólo existo porque me mira
leer la savia estival ascendiendo hacia la fronda.
PAVONE REALE
L’uccello mostra il passato dell’uccello
allo specchio
dell’essenza divina.
La sua luce persiste
sull’acqua.
Vento sopra i gigli,
il suo paradiso di occhi infiniti contempla il cobalto iridescente spargersi
sulla scia devota del lago.
Sa che mai si ripeterà, perché il silenzio, come il pavone reale,
si mostra soltanto una volta.
Fa la ruota, vuole avere le sembianze della vetrata, trasmutare in bellezza la sua geometria,
dall’arcata il moltiplicarsi in specchi incerti, giardini
che risolvono la memoria. Luna di snodato flusso, il suo passaggio scorre
con il fremito del fiume; teme che la sua pupilla si cancelli.
Lo ascolto, mi fa sentire
tutto il suo mistero, e la fiamma
la sua permanente ferita.
Rinasce dall’erba il suo fulgore, attimo sul bordo delle sue ali
che, nell’aprirsi, coronano – candore oscillante – l’orizzonte.
Esisto solo perché mi osserva
leggere la linfa estiva che sale verso il fogliame.
CUANDO SE ABRE EL LABIO
Y es que somos así, como dos sueños.
Uno resguarda los labios que van a decir:
«¿Cómo es tu rostro ahora?»
Y es que nací ciega de tanto sol.
Si muriera
y en mi lecho apareciera un segundo sueño,
mis pies hundidos entre conchas,
mi rostro azogado de tristeza empezaría a gritar:
«Tú, que te has ido con el alba,
¿no has osado cargar en tu lomo esta luz que no logro encender?».
QUANDO SI APRE IL LABBRO
Ed è così che siamo, come due sogni.
Si proteggono le labbra che dicono:
«Adesso com’è il tuo volto?»
È che nacqui cieca per via di tanto sole.
Se morissi
e nel mio letto apparisse un secondo sogno,
i miei piedi affondati tra le conchiglie,
il mio volto pieno di tristezza comincerebbe a gridare:
«Tu, che te nei sei andato con l’alba,
non hai osato portare sulla tua schiena questa luce che non riesco ad accendere?».
ESTÍO ES ESPEJO
Aquella tierra significaba la entrada a la ternura del mundo,
vivir inmersos en los retoños de las rosas,
preservar la forma de nuestra risa.
No quiero que pienses que hablo de sonreír, ni
que dibujo una mueca en mi rostro.
No.
Hablo de una memoria que resguarda la herida haciéndose cicatriz,
de la sangre que enjuga los crepúsculos, de sumergirse
en marismas de tiempo con todas las criaturas.
Un silencio se interrumpe en el corredor cuando llega la tía Jeannette.
Tiembla en su mano un vaso de agua, tiembla.
Miro su sensibilidad inescrutable y el dolor escucha sigiloso
la hora de mis cuestionamientos.
Afuera florea el almendro.
La niña recuerda el perfume de la flor,
los columpios, el resbaladero, la cadena que floja pende de la barra lateral.
La simiente del primer vocablo alivia aquella rigidez.
El mundo instaura el tú.
Una crecida de frondas abre el horizonte.
Puedo recordar, estoy viva.
ESTATE È SPECCHIO
Quella terra esprimeva l’ingresso alla tenerezza del mondo,
vivere immersi nei germogli delle rose,
preservare la forma della nostra risata.
Non voglio che pensi che parlo di sorridere, né
che abbozzo una smorfia sul mio volto.
No.
Parlo di una memoria che ripara la ferita divenendo cicatrice,
del sangue che asciuga i crepuscoli, di immergersi
in paludi di tempo con tutte le creature.
Un silenzio si interrompe nel corridoio quando arriva zia Jeannette.
Trema un bicchiere d’acqua nella sua mano, trema.
Guardo la sua imperscrutabile sensibilità e il dolore sente furtivamente
l’ora dei miei interrogativi.
Fuori il mandorlo fiorisce.
La bambina ricorda il profumo del fiore,
le altalene, lo scivolo, l’elastico che molle pende dalla barra laterale.
Il seme del primo vocabolo allevia quella rigidità.
Il mondo instaura il tu.
Una crescita di fronde apre l’orizzonte.
Posso ricordarmelo, sono viva.
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