In viaggio per un Mediterraneo, quello delle origini, nelle terre dove sono nate le civiltà mesopotamiche e quella fenicia, la persiana e l’egizia, e Israele: Riccardo Cristiano, per molti anni giornalista rai, inviato in Medio Oriente e vaticanista della Rai, fondatore dell’associazione “Giornalisti amici di padre Dall’Oglio”, ci guida per un itinerario affascinante e pieno di insidie, di letture spesso parziali e viziate da distorsioni prospettiche. Un viaggio apparentemente a ritroso, ma che spinge, proprio grazie a quelle radici, verso il riconoscimento dell’altro come parte di sé e non come incarnazione del nemico eterno.
Figli dello stesso mare. Francesco e la nuova Alleanza per il Mediterraneo (con prefazione di Massimo Borghesi) è tra l’altro il tentativo di un giornalista laico di spiegare le possibilità che possono scaturire proprio dalla fede di costruire una pace. Si parte quindi da un apparente paradosso: perché mai un rappresentante del pensiero laico dovrebbe vedere in un pontefice, e perciò in un leader religioso, una delle ultime possibilità di costruire pace in un luogo di guerra?
A parte il fatto che questa scelta ci fa capire come sia accolta favorevolmente anche in ambienti non necessariamente omogenei l’azione non solo teorica ma pragmatica di Francesco, la singolarità della riflessione – su basi decisamente empiriche, vista l’attività di inviato in Medio Oriente dell’autore – di Cristiano consiste nella ripresa di una visione evangelica del rapporto tra popoli. Una visione che Francesco sostanzia sia a livello fattuale, con gli incontri e i viaggi, sia con encicliche come Evangelii gaudium, improntate al dialogo e alla comprensione dell’altro.
Il laico autore di Figli dello stesso mare recupera, tra i pochi a farlo, non solo la storia di migrazioni e incontri-scontri tra popoli che proviene da millenni di cambiamenti climatici, invasioni, carestie e che dall’Ottocento è stata contrassegnata con le stigmate della tripartizione antropica tra semiti, camiti e jafesiti o indoeuropei, ma anche una più appartata, per ragioni strumentali, storia di convivenze, mescidazioni di popoli e fedi, interrotte non per volontà di quei popoli, ma per interessi economici, per quello che Cristiano chiama i nichilismi religiosi e che forse andrebbero interpretati diversamente. La tentazione ad essere l’unica fede è dettata soprattutto dall’ansia millenaristica di fondare una società diversa in cui regni la legge divina in una sorta di ordine nuovo che avvicini Dio e l’uomo.
Lo shock dell’11 settembre, come lo chiama nella prefazione Massimo Borghesi, ha spinto certamente l’Islam a interrogarsi anche sulle proprie radici e sui motivi di divisioni, soprattutto tra sunniti e sciti, ma non deve farci dimenticare, e su questo prefatore, autore e chi scrive sono d’accordo, che motivi di rivendicazione di maggior "purezza" investono anche altre fedi nel nostro pianeta.
I viaggi di papa Francesco nella terra degli inizi sono lì a dimostrare, Cristiano lo dice a chiare lettere, come sia possibile tessere nuove alleanze non solo tattiche, ma in grado di ricominciare il cammino di riconoscimento nel qui, nell’ora e nel divino.
E non solo papa Francesco. Come qui si ricorda, gli sforzi pontifici vengono da Giovanni Paolo II con le sue visite alla Sinagoga di Roma e alla Moschea di Damasco e da quella preoccupazione che ha attraversato, seppure in modalità diverse, gli ambienti vaticani nell’ultima fase del secolo breve.
Le stragi che si sono susseguite in Medio Oriente, in Africa e in Europa, oltre che negli Usa, hanno creato paura, e quindi contrapposizione tra civiltà e barbarie, attesa e/o terrore dell’evento finale che però non tiene conto di una miriade di questi eventi finali, a viverli nel proprio tempo, come la strage di san Bartolomeo nel 1572, la guerra dei trent’anni, ma prima ancora le persecuzioni dei cristiani e di altre religioni, per non dimenticare lo scontro tutto all’interno del mondo cristiano e con i saccheggi della crociata del 1204, i lager pieni di coloro che avevano la colpa di essere ebrei o di essere credenti attivi in un Urss che aveva deciso di farla finita con la pratica della “superstizione”.
L’autore di Figli dello stesso mare vede anche nella fede una delle possibilità per ricominciare. Cucire dove si è strappato, curare dove si è ferito, ripartendo da un luogo, il Mediterraneo, che ci ha visti incontrare da seimila anni, con momenti, dimenticati perfino dalla storia, in cui migrazioni, spostamenti, invasioni, respingimenti e accoglienze si sono configurati già intorno al tredicesimo secolo prima della nostra era con i movimenti di quelli che saranno chiamati Popoli del mare.
Cristiano affronta l’altro fondamentale tema dell’uso politico da parte dei regimi, come quello di Saddam o dei governi appoggiati dai Fratelli Musulmani, come quello di Morsi, della religione, della paura, delle azioni delle frange estreme e che come Hezbollah divengono “la spina nel fianco che sabota il processo di pace e ideologizza la ‘resistenza’ non più territoriale, ma islamica”.
Errori politici, ideologici, anche e soprattutto in ambito religioso, strategici e tattici che hanno portato a quarant’anni di guerra e all’individuazione come sola speranza di un ritorno, quello di una fede che riconosca le radici comuni e riprenda non con un impossibile viaggio nel tempo, ma attraverso il riconoscimento di quelle radici – commoventi le pagine dedicate alla visita del pontefice in Iraq, in uno dei luoghi originari, Ur –, pur nelle differenze, da cui ancora suggere la linfa per camminare di nuovo insieme. E navigare fraternamente nello stesso grande, piccolo mare.
Riccardo Cristiano, Figli dello stesso mare. Francesco e la nuova Alleanza per il Mediterraneo, Castelvecchi, 2022, pagine 230, 17,50 euro.
testimarco14@gmail.com
|