FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 59
novembre 2021

Rovine

 

TRINIDAD GAN, LA NAVE ROSSA

di Alessio Brandolini



Fin dai primi libri (anche nei titoli) s’incontra nella poesia della spagnola Trinidad Gan (Granada, 1960) il senso dell’avventura che sempre attraversa quello del mistero, si mescola alla cenere della paura. Così in Las señas del pirata [I segnali del pirata, 1999], suo libro d’esordio, scrive: “Ricordo vagamente / che ho saputo navigare / e che l’appresi accecata dalle fiamme della sera”. Nel successivo Caja de fotos [Cassa di foto, 2008] vi è il proposito di mettere ordine ai ricordi e alle immagini che le accompagnano, con sullo sfondo (sempre presente) la città di Granada che si mostra “con lo stesso colore delle ferite” eppure spalancata come un libro. Ci si imbatte in tunnel, labirinti; in treni che sfrecciano; in imprevisti naufragi; in porti sperduti e avvolti nella nebbia e sempre si ragiona sull’amore, gli si gira intorno in cerca del varco giusto per comprenderlo meglio, perfino nella sua fragilità.

Così capita anche in Fin de Fuga [Fine della fuga, 2008 e 2009], ma con la predominanza dei toni crepuscolari e la costante presenza della notte coi suoi misteri, le ombre e quindi, inevitabilmente, della morte: “alla deriva fluttuano / volti sconosciuti di donne affogate”. Papel ceniza [Carta cenere, 2014] prende il titolo da un verso di José Ángel Valente, in riferimento al colore di un fiume che scorre lento, come un foglio di carta color cenere. Ma qui i fogli ardono, si trasformano in brace, la scrittura va in fiamme: “ora brucia tra le tue mani un quaderno in fiamme”, raccolta poetica seguita, nel 2018, da El teimpo es un leon de montaña [Il tempo è un leone di montagna, 2018] con il quale l’autrice si è aggiudicata il Premio “Generazione del ’27”, un lavoro più vario dei precedenti sia nelle intonazioni liriche, nella metrica che negli argomenti trattati dove ai testi lunghi e distensivi si affiancano poesie brevi e haiku, ma anche qui c’è la presenza del viaggio e dell’avventura, dei cacciatori in fuga dalle bestie che li abitano e l’acuta analisi del tempo che passa pur stando “bloccato / sulla riva del silenzio”.

La nave rossa [La nave roja, 2020], ultimo lavoro poetico di Trinidad Gan, chiude un percorso iniziato vent’anni prima con I segnali del pirata (1999) e poi via via proseguito nei libri successivi come Cassa di foto e Fine della fuga. Gli stessi temi (l’avventura, il viaggio, il mistero, la passione per la scrittura…) ma qui si mettono le ferite nei bagagli e si parte con una nave fantasma, probabilmente un’ultima fuga che segna anche l’inizio di un nuovo percorso. Testi suadenti e musicali, talvolta nostalgici per via dell’infinito cumulo della memoria che dà senso e spessore alla nostra esistenza ma può trasformarsi in zavorra che frena il viaggio, tarpa le ali. Qui la nave veleggia con dolcezza verso l’ignoto, ci si distacca dalla terra, dal passato e sulla superficie del mare, assieme alle onde, fluttuano i ricordi. L’alba disegna mappe di luce, si torna ad ascoltare il canto “scandaloso” degli uccelli e il vento soffia sulla fornace del tempo, sul desiderio, sulle città segrete e le sue strade che invitano all’incontro.




POESIE DI TRINIDAD GAN
da La nave roja
JuanCaballos de Poesía, 2020, Spagna


And now, an Amethyst remembrance
Is all I own

E ora, è solo un ricordo d’ametista
tutto ciò che mi resta.


EMILY DICKINSON

FRAGMENTO DE NAUFRAGIO

Es hora de partir
y llevas esta herida de equipaje.

Mira la larga orilla.
Escucha de nuevo el escándalo
de los pájaros en el alba,
los pasos con que se persiguen
los días del futuro
–más cerca cada vez–
en el corredor de los años,
los tambores de la ciudad
sobre la piel de aquellas noches.

Deja ahora que las últimas notas
hagan girar el cuarto en su oleaje
y que sigan aún vibrando,
en el cristal vacío de tu copa,
todos los ostinatos marcados por sus dedos,
los luminosos trazos de su asombro
al descubrir su primer mar de niño.

Nunca querrás que el mar termine
su empeño de vida y de derrotas,
ni que nuble tu mirada el olvido.
Ni sentir, leve, el roce de las alas
del ángel implacable
que en un último abrazo tocará su costado.

Abandona la casa a su deriva
pero date la vuelta para mirar la estancia:
sobre las paredes del fondo,
la luz que filtran, rotas, las persianas
te dibuja el fantasma de un teclado

–alternancia de blancas junto a negras,
luz y sombras que hieren–

Se agolpan contra el muro los recuerdos
como si fueran cajas de mudanza.


FRAMMENTO DI NAUFRAGIO

È ora di partire
e hai questa ferita da bagaglio.

Guarda la lunga costa.
Ascolta di nuovo lo scandalo
degli uccelli all’alba,
i passi che si rincorrono
i giorni del futuro
– sempre più vicino –
nel corridoio degli anni,
i tamburi della città
sulla pelle di quelle notti.

Lascia ora che le ultime note
facciano girare la stanza sulle sue onde
e che continuino a vibrare,
nel vuoto cristallo del tuo bicchiere,
tutti gli ostinati segnati dalle loro dita,
i luminosi tratti dello stupore
nello scoprire, da bambini, il mare.

Non vorrai mai che il mare finisca
il suo impegno di vita e di sconfitte,
né che l’oblio annebbi il tuo sguardo.
Né sentire, lieve, lo sfioramento delle ali
dell’angelo implacabile
che in un ultimo abbraccio toccherà il suo fianco.

Abbandona la casa alla sua deriva
ma girati per vedere la stanza:
sulle pareti di fondo,
le luci che filtrano, spezzate, le persiane
disegnano il fantasma di una tastiera

– alternanza di bianchi coi neri,
luci ed ombre che feriscono –

I ricordi si accumulano contro il muro
come fossero scatole di traslochi.


*

Me esperaba su cuerpo,
su sombra de gacela,
su abandono de nieve.

Abrazados sentimos que la música
agitaba las aguas del recuerdo,
que desnudaba en risas,
como un pulso de luz,
nuestros años perdidos.

Así nos sorprendió el amanecer.
Entre azules extraños
caminos sinuosos ataban boca y boca
hasta trepar al mediodía.
El deseo, ayer laguna quieta,
alzó con el ocaso precipicios,
rápidos en el agua.

Y el grito del muecín rasgó la noche:
en su hueco volcamos espejos y mareas
hasta la madrugada.


*

Mi aspettavo il suo corpo,
l’ombra di gazzella,
il suo abbandono di neve.

Abbracciati sentimmo che la musica
agitava le acque del ricordo,
che spogliava tra le risate,
come un impulso di luce,
i nostri anni smarriti.

Così ci sorprese il mattino.
Tra blu estranei
strade tortuose legavano bocca e bocca
fino a mezzogiorno in punto.
Il desiderio, ieri laguna quieta,
alzò con il tramonto i precipizi,
svelti sull’acqua.

E il grido del muezzin squarciò la notte:
nel suo foro rovesciammo specchi e maree
fino allo spuntare del giorno.


*

Recuerda la inestable caligrafía del deseo.
Era tan sólo un cuerpo en tentativa,
un estallido debajo del ruido.
Empuñaba la daga más certera
y hería en el sitio preciso:
ese surco de luz que se abre
para acabar ardiendo de unos ojos a otros.

Por eso guarda ahora su insólita belleza.
Aquellos ojos que eran una línea al cerrarse,
tan justa, separando los días y las noches.
Esa fragilidad que estremecía.

Escribe ahora su cuerpo con detalle
por si, camino a casa,
cuando ya se haya ido,
has de abrazar su imagen sólo
en esta oscuridad que queda.


*

Ricorda l’instabile scrittura del desiderio.
Era solo un corpo in prova,
un’esplosione sotto il rumore.
Stringeva il pugnale più adatto
e feriva nel punto giusto:
quel solco di luce che si apre
per finire in fiamme da un occhio all’altro.

Ecco perché ora conserva la sua insolita bellezza.
Quegli occhi che serrandosi formavano una linea
così esatta, separando i giorni e le notti.
Quella fragilità che fremeva.

Scrivi ora il tuo corpo in ogni dettaglio
se per caso, tornando a casa,
quando già se n’è andato,
devi abbracciare solo la sua immagine
nell’oscurità che rimane.


*

Es un mar teselado lo que miro.
Es la nave fantasma. Son tan solo unas huellas,
dispersas en la arena, a lo que doy la espalda.

¿Por qué girarme aún
para escuchar a las crueles sirenas?
¿Qué hago yo todavía en esta herida,
en este desamparo?

Solo quedan los restos
–un trazo de amatista–
del buen amor que se volvió naufragio.

Y apuesto por tu ausencia al recordar
–a tiempo llega la memoria siempre–
que nos deja el océano, huida la marea,
tan sólo un corazón de agua.


*

È un mare tessellato ciò che vedo.
È la nave fantasma. Sono soltanto delle impronte,
disperse sulla sabbia, alle quali do le spalle.

Perché devo ancora voltarmi
per ascoltare le spietate sirene?
Che ci faccio ancora in questa ferita,
in questo sconforto?

Rimangono solo i resti
– un tratto di ametista–
del buon amore che è diventato un naufragio.

E scommetto che non ricorderai
– in tempo sempre arriva la memoria –
che ci lascia l’oceano, fuggitiva la marea,
soltanto un cuore di acqua.


*

He leído que es memoria el amor.
Que ni el olvido salva de su huella.
Que nadie se separa de su herida
aunque nos amenace con dejar
en infinito escombro los recuerdos.

He leído que es la esperanza
condición natural en el deseo
y que el fuego siempre dibuja,
oculto en las cenizas, su camino.

¿Cómo podría yo negar entonces
una senda que en tu cuerpo termina?
¿Y qué hago con el rastro de tu piel
que alza su llamarada
sobre la muchedumbre y las arenas?


*

Ho letto che l’amore è memoria.
Che neanche l’oblio salva dalla sua impronta.
Che nessuno si separa dalla sua ferita
anche se ci minaccia di lasciare
nell’infinito cumulo dei ricordi.

Ho letto che è la speranza
condizione naturale nel desiderio
e che il fuoco disegna sempre,
nascosto nella cenere, la sua strada.

Come potrei allora negare
un sentiero che nel tuo corpo finisce?
E che me ne faccio delle tracce della tua pelle
che innalza la sua fiamma
sulla moltitudine e la sabbia?


*

Si entendieras la luna
con todos sus latidos,
deshojada y suicida sobre el agua.

Si tocaras los muros
marcados, en un acto de osadía,
con las absurdas letras del amor.

Si vieses su figura
parada entre la niebla,
buscando una salida de este infierno.

¿Desde qué piel,
en qué torpes estancias
medirías la ausencia?


*

Se solo capissi la luna
con tutti i suoi battiti,
disonorata e suicida sull’acqua.

Se toccassi i muri
marchiati, con un atto di audacia,
con le assurde parole dell’amore.

Se vedessi la sua figura
immobile nella nebbia,
in cerca di una via d’uscita da questo inferno.

Da quale pelle,
in quali maldestri soggiorni
misureresti l’assenza?




Trinidad Gan
è nata a Granada (Spagna) nel 1960, dove tutt’ora vive.
I suoi primi testi poetici appaiono nei libri Antología (1996) e Nuevas voces de la literatura en Granada (1998). Alcuni di questi testi vengono poi inclusi in Plumas femeninas en la literatura de Granada (siglos VII-XX) de Amelina Correa Ramón pubblicato nel 2002 dall’Università di Granada. Sui testi sono stati pubblicati in riviste e ha partecipato a incontri e festival di poesia in Spagna e all’estero. Ha pubblicato i libri di poesia:

  • Las señas del pirata (Spagna, 1999)
  • Fin de Fuga (2008 e 2009, Premio de Poesía Ciudad de Cáceres, Premio “Surcos de poesía”)
  • Receta para el fuego (antologia poetica, Costa Rica, 2014)
  • Papel ceniza (Spagna, 2014)
  • Wörterbücher/Diccionarios (antologia poetica, Germania, 2019)
  • El tiempo es un león de montaña (Spagna, 2017, Premio Generación del 27)
  • La nave roja (Spagna, 2020)
  • Foto di Joaquín Puga


    alexbrando@libero.it