FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 55
maggio/agosto 2020

Cenere

 

ÁLVARO SOLÍS, DIARIO DI BORDO DI NESSUNO

di Alessio Brandolini



Diario di bordo di nessuno [Bitácora de nadie] del messicano Álvaro Solís (Villahermosa, 1974) è stato pubblicato in Spagna dalla casa editrice Valparaíso nel 2013 dopo aver vinto, come inedito, il Premio Alhambra de Poesía Americana. Un libro che ho riletto più volte perché è un “diario” che contiene molte cose, tante voci e un lento processo di spoliazione in cui il soggetto recitante tende a privarsi del proprio io per svelare il mistero della vita e questo mi ha fatto venire in mente un verso di Pessoa: “Tutto il niente che sei è tuo”. Il niente, o il nessuno del titolo, appunto, o dell’isola del Nulla che si prova a raggiungere tra naufragi e tempeste, o l’umile “scrivano” di un paio di testi in prosa poetica strettamente legati tra loro che scrive ciò che ascolta, ma resta pur sempre (e per fortuna) questo diario da scoprire e ogni testo è una narrazione poetica (un incrocio di strade e significati) che può portare in più direzione, o da nessuna parte se si è smarrita la via del ritorno e ci si ritrova sperduti e impauriti in mezzo a una selva oscura.

Dove cercare la felicità se “il cuore è un vulcano spento”? Le palme dell’infanzia donano ancora i loro preziosi frutti ma non estinguono più la sete e si sta davanti al mare ad ascoltare le sue parole per colmare una perdita irreparabile. Un “diario di bordo” con un forte senso di amarezza perché il viaggio non è soltanto gioia e rivelazione e si rinuncia alla speranza perché si aprirebbero altre ferite anche se l’amore è sempre necessario.

Un diario di bordo che fa scorgere i propri morti sotto la pioggia, morti che ancora respirano, parlano e vogliono ballare in spiaggia come a voler, a ogni costo, vivere ciò che non si è vissuto, l’allegria e la gioia delle quali non si è goduto. Ogni uomo ha diritto alla propria particella di felicità anche se il dolore è necessario perché ci permette di vedere dalla finestra aperta gli altri essere umani, i nostri simili, i fratelli che passano e vivono la loro misera vita, qui con esplicito riferimento al pensiero filosofico e poetante di María Zambrano.

Ogni foglia è diversa, ciascuna ha i suoi colori, i suoi pori e venature, si assomigliano tutte, certo, ma non sono mai la stessa cosa, lo diventano solo quando si staccano dai rami e a terra marciscono. Ogni uomo ha la sua vita, si sceglie un percorso, si va avanti e talvolta ci si perde o si corre dietro al vento. In Dario di bordo di nessuno si parla molto di acqua, fiumi, mare, isole, viaggi, pesci (“Sempre ho voluto essere pesce”) ma è anche una discesa negli inferi, in verticale, nella propria infanzia e in quella dell’uomo, e Dante (il fiorentino di cui si parla in un testo) è il Virgilio che accompagna il poeta nell’acqua oscura dell’abisso.




POESIE DI ÁLVARO SOLÍS
da Diario di bordo di nessuno (Bitácora de nadie)
Valparaíso Ediciones, Spagna, 2013


COMO DESPUÉS DE UN DÍA DE FIESTA

Nunca la vida más amarga
que a la mañana siguiente de la fiesta.
Agrio el sabor del primer aliento,
es inmensa la sed con que se nace,
el espasmo del vómito que niega el beneficio
de comer algún bocado.
Y le memoria inconclusa incendia,
echa a andar la tripa hasta el siguiente vaso,
hasta la tarde, hasta asomarse a la ventana, al mundo,
a la calle a prisa
que hace tiempo amaneció.

Y la casa tirada, todo inmóvil oliendo a tabaco.
Toda la casa
toda la memoria
ceniza.


COME DOPO UN GIORNO DI FESTA

Mai vita più amara
come al mattino dopo un giorno di festa.
Aspro il sapore del primo respiro,
immensa è la sete con la quale si nasce,
lo spasmo del vomito che nega il beneficio
di mandar giù qualche boccone.
E brucia la memoria incompiuta,
si sposta il ventre fino al bicchiere successivo,
fino alla sera, fino ad affacciarsi alla finestra, al mondo,
in strada di fretta
che l’alba è già passata.

E la casa abbattuta, tutto immobile e odore di tabacco.
Tutta la casa
tutta la memoria
cenere.


ESCRIBANO

Alguien dicta al oído lo que escribo, nadie más escucha su palabra de sombra sin voz, sin labios, sin diafragma. Alguien dicta lo que escribo, su voz habla a mis manos, yo no escucho, no es palabra el sustrato; es latido.

Cuando a media noche me despierta el sobresalto de la pluma inaccesible, del inmarcesible papel en blanco ¿quién despierta? ¿Quién se queda dormido?

Alguien dicta la tristeza, lo que no soy, lo que nunca he sido.

Alguien dicta, deletrea, suyo el impulso, lo que sin darme cuenta digo, suya la pausa, el gesto de isla entre tormentas, y cuando no digo,

Él es quien calla.


SCRIVANO

Qualcuno detta all’orecchio quello che scrivo, nessun altro ascolta la sua parola d’ombra senza voce, senza labbra, senza diaframma. Qualcuno detta quello che scrivo, la sua voce parla alle mie mani, io non ascolto, non è parola il substrato; è battito cardiaco.

Quando a mezzanotte mi sveglia lo spavento della penna inaccessibile, dell’inalterabile carta immacolata: chi si sveglia? Chi resta addormentato?

Qualcuno detta la tristezza, ciò che non sono, ciò che non sono mai stato.

Qualcuno detta, scrive, suo l’impulso, quello che dico senza rendermene conto, sua la pausa, il gesto di isola tra le bufere, e quando non parlo,

è Lui che sta zitto.


DISTANCIA

      Fuimos bajando hasta el fondo
      por las calles del puerto. La noche
      remaba en el abismo de los ojos.

      Jorge Fernández Granados

Habíamos encontrado muchas luces en la selva,
pero perdimos el camino de regreso a casa.
Oscuridad por todas partes, sólo luces ululantes, voladoras,
algunas encerradas en nuestros frascos de mayonesa.

La noche se fue cerrando sobre nosotros
ocultándonos unos de otros. La luces atrapadas languidecieron,
avanzada la noche nuestra casa estaba más lejos cada vez que respirábamos.
Parados “en medio de la selva oscura”, dijera el florentino,
esperábamos el amanecer que estaba a diez horas de distancia,
y la selva rugía mientras tanto,
y quebradizos aleteos de lechuzas coronaban nuestro miedo.
–No se alejen demasiado, advirtió mi padre,
pero seguimos nuestra vocación de nunca hacerle caso.
No había camino de vuelta, estábamos ahí para noche,
sus negras raíces fecundaban la tierra.


DISTANZA

      Andammo giù fino in fondo
      per le strade del porto. La notte
      remava nell’abisso degli occhi.

      Jorge Fernández Granados

Avevamo incontrato molte luci nella foresta,
ma perdemmo la strada per tornare a casa.
Ovunque oscurità, solo luci ululanti, alate,
alcune imprigioniate nei nostri barattoli di maionese.

Via via la notte si richiuse su di noi
nascondendoci gli uni agli altri. Le luci intrappolate languivano,
con l’avanzare della notte la nostra casa si faceva più lontana a ogni respiro.
Bloccati “in mezzo a una selva oscura”, direbbe il fiorentino,
aspettavamo l’alba che era a dieci ore di distanza,
e nel frattempo la giungla ruggiva,
e fragili battiti d’ali di gufi coronavano la nostra paura.
– Non allontanatevi troppo, ci aveva avvertiti mio padre,
ma avevamo continuato la nostra inclinazione a non dargli mai retta.
Non c’era strada per il ritorno, dovevamo restare lì per la notte,
le sue nere radici fecondavano la terra.


LA LLUVIA INCENDIA LAS PALABRAS DE LOS MUERTOS DE MI CASA

I

Mi abuela se ha ido hacia otra parte
y ha olvidado su cuerpo en la cama
junto al tanque de oxígeno.

Mi abuela se ha ido hacia otra parte
—no sé a dónde—,
me mira desde otra orilla
y desde otra orilla me pregunta:
¿Cuál es su nombre, señor?

II

Mi abuela agoniza entre las sábanas,
platica con personas que nadie puede ver.
Ordena a Paloma que prepare la mesa
y regaña a los niños que corren invisibles por la sala.

Las palabras de los muertos de la casa
las escucha mi abuela,
quizá en el sueño seamos sus fantasmas.

Agoniza entre las sábanas oscuras de su cuarto,
ya no camina, ya no regaña el cadáver de mi abuela que aún respira.
Pero hay días, en que la lluvia no le incomoda los recuerdos
y me llama, me pide que la siente, que toque su cara,
dice que otra vez quiere bailar en la playa,
le sobra el tiempo para irse de parranda junto al mar.

Mi abuela de pronto, al cerrarse la ventana,
saluda al hombre que le detiene sus manos,
el hombre de blanco que ha venido por ella con remos en la espalda.
—Recoge la mesa Paloma, ya comieron los niños,
no olvides regar las plantas antes de irte a tu casa.
Grita mi abuela con el aire que le queda.


LA PIOGGIA BRUCIA LE PAROLE DEI MORTI DELLA MIA CASA

I

Mia nonna se n’è andata da un’altra parte
e ha dimenticato il suo corpo nel letto
accanto alla bombola di ossigeno.

Mia nonna se n’è andata da un’altra parte
– non so dove –,
mi osserva da un’altra sponda
e da un’altra sponda mi domanda:
Signore, qual è il suo nome?

II

Mia nonna agonizza tra le lenzuola,
parla con persone che nessuno può vedere.
Ordina a Paloma di preparare la tavola
e sgrida i bambini che invisibili corrono nella sala.

Le parole dei morti della casa
le ascolta mia nonna,
forse nel sogno siamo i suoi fantasmi.

Agonizza tra le lenzuola oscure della sua stanza,
non cammina più, né sgrida il cadavere di mia nonna che ancora respira.
Ma ci sono giorni in cui la pioggia non disturba i suoi ricordi
e mi chiama chiedendomi di ascoltarla, di toccarle il volto,
dice che vuole ballare un’altra volta in spiaggia,
che ha tutto il tempo per andare a divertirsi in riva al mare.

All’improvviso mia nonna, quando la finestra viene chiusa,
saluta l’uomo che le blocca le mani,
l’uomo vestito di bianco che è venuto per lei con i remi sulle spalle.
– Sparecchia Paloma, i bambini hanno già mangiato,
non dimenticarti di annaffiare le piante prima di tornartene a casa.
Urla mia nonna con il fiato che le resta.


OTOÑO

¿Has notado que cada hoja es distinta a sus iguales?
Ni siquiera son del mismo color,
varían entre sí por milimétricas medidas
y cuando caen de los árboles empujadas por la fatalidad,
se deslizan distinto por la escenarios del aire.
Unas describen lentas espirales, otras giran sobre su propio eje,
pero todas caen, irremediablemente caen
hacia la tierra maciza de los parques o al asfalto de la aceras;
sólo en ese momento todas las hojas del árbol son iguales.


AUTUNNO

Hai notato che ogni foglia è diversa da tutte le altre?
Non sono neanche dello stesso colore,
variano tra loro di misure millimetriche
e quando cadono dagli alberi spinte dalla fatalità,
scivolano in modo diverso tra gli scenari dell’aria.
Alcune descrivono lente spirali, altre ruotano sul proprio asse,
ma tutte cadono, irrimediabilmente cadono
verso la solida terra dei parchi o sull’asfalto dei marciapiedi;
solo in quel momento tutte le foglie dell’albero sono identiche.


CONVERSIÓN

      Aunque estoy a punto de renacer,
      no lo proclamaré a los cuatros vientos
      ni me sentiré un elegido:
      sólo me tocó en suerte…

      Virgilio Piñera

Una mañana en la mañana
mi cuerpo comenzó a languidecer.
Se volvieron mis huesos quebradizos,
polvo, lodo en el tiempo breve de un instante.
Los huesos de mis manos, de mis brazos,
mis hombros lánguidos sin fuerza para sostenerse
y mis ojos sustrayéndose en sus cuencas.
Cada vez más lejana la tensión del músculo,
la tersa rima de las vértebras,
más liquidas mis venas que mi sangre.

Una mañana en la mañana, sencillamente,
fui río que extravío su cauce.


CONVERSIONE

      Anche se sto per rinascere,
      non lo proclamerò ai quattro venti
      né mi sentirò un prescelto:
      sono stato solo fortunato…

      Virgilio Piñera

Un giorno al mattino
il mio corpo iniziò a infiacchirsi.
Fragili divennero le mie ossa,
polvere, fango nel breve tempo di un istante.
Le ossa delle mie mani, delle mie braccia,
languide le mie spalle senza forza per sostenersi
e i miei occhi s’infossarono nelle loro cavità.
Sempre più distante la tensione muscolare,
la tersa simmetria delle vertebre,
più liquide le vene che il mio sangue.

Un giorno al mattino, semplicemente,
divenni un fiume che aveva smarrito il suo percorso.


DOLOROSAMENTE

      A Federico Vite
Hay días que duelen
por el silencio al que nos condenan las grandes ciudades
o porque el mendigo de la esquina ya no está

hay tardes también oscuras
donde la soledad es estandarte
donde amar es un acto que no pertenece a las costumbres civilizadas
porque así es el amor
porque uno se cansa de estar frente a la ventana esperando lo que sea
con el tanto de fe suficiente para no morir por cuenta propia

hay días que duelen sí
porque también el amor es necesario


DOLOROSAMENTE

      A Federico Vite

Ci sono giorni che fanno male
per il silenzio al quale ci condannano le grandi città
o perché il mendicante dell’angolo non c’è più

ci sono anche serate buie
dove la solitudine è vessillo
dove amare è un atto che non appartiene ai costumi civilizzati
perché così è l’amore
perché ci si stanca di stare davanti alla finestra aspettando qualsiasi cosa
con abbastanza fede da non morire da soli

ci sono giorni che fanno male
perché anche l’amore è necessario


INDICACIONES DEL BARQUERO

Debes remar sin prisa,
la otra orilla te esperará de todas formas.

Que no se cansen tus hombros,
que nunca el remo encuentre impulso del abismo.

Que tu cuerpo rompa los obstáculos que interpone el aire,
que tu mirada logre, con la persistencia del suicida,
penetrar la oscuridad del río que conduce hasta la muerte.

Qué oscura es el agua del abismo.
Qué clara te parecerá entonces la hora última.


INDICAZIONE DEL TRAGHETTATORE

Devi remare senza fretta,
l’altra riva ti aspetterà comunque.

Che le tue spalle non si stanchino,
che il remo non incontri mai l’impulso dell’abisso.

Possa il tuo corpo spaccare gli ostacoli interposti dall’aria,
che il tuo sguardo riesca, con la perseveranza del suicida,
a penetrare l’oscurità del fiume che conduce verso la morte.

Com’è oscura l’acqua dell’abisso.
Che chiara ti sembrerà in quel momento l’ultima ora.


ISLARIO

Llegaremos a esa isla donde sólo habiten sombras,
la inmovilidad con sus raíces bajo el agua,
un paisaje detenido en contraste con el oleaje,
invisibles gotas de lluvia que de tanta luz fundarán constelaciones.
Los catalejos no podrán acercar lo inalcanzable.

Parados sobre arena
esperaremos el movimiento de una rama
o una sombra inaccesible detrás de alguna fronda.
Pero ningún movimiento nos dará la bienvenida
y regresaremos al barco sin un ápice de furia.

A aquella isla la llamaremos Nada.


ISOLARIO

Arriveremo a quell’isola dove ci sono soltanto ombre,
l’immobilità con le sue radici sotto l’acqua,
un paesaggio fermo in contrasto con le onde,
invisibili gocce di pioggia che con tanta luce fonderanno costellazioni.
I cannocchiali non potranno avvicinare l’irraggiungibile.

Coi piedi sulla sabbia
aspettiamo il movimento di un ramo
o un’ombra inaccessibile dietro qualche fronda.
Ma nessun movimento ci darà il benvenuto
e torneremo alla nave senza un briciolo di rabbia.

E quell’isola la chiameremo Nulla.


ESCRIBA

Alguien dicta lo que escribo, pausadamente repite con precisión la nitidez de los nombres que delatan su sórdida vocación de dictado. Alguien dicta de otra parte los pedazos del trigo, el pan, los frutos. Alguien dicta, siempre dicta, ahora mismo Él escribe mis manos, mis ojos que miran esta página, tus ojos que dudan ante el mal sentido. Alguien dicta sordamente. Nadie más escucha, porque Nadie está conmigo.


SCRIVI

Qualcuno detta quello che scrivo, lentamente ripete con precisione la nitidezza dei nomi che rivelano la loro sordida vocazione al dettato. Qualcuno da un’altra parte detta i pezzi di grano, il pane, i frutti. Qualcuno detta, detta sempre, proprio in questo momento. Lui scrive le mie mani, i miei occhi che osservano questa pagina, i tuoi occhi che esitano davanti all’incompreso. Qualcuno detta sordamente. Nessun altro ascolta, perché Nessuno è qui con me.


POÉTICA

Miras con precisión cada poro de la hoja,
cada línea sugerida
e intentas las palabras, sin éxito.


POETICA

Guardi con precisione ogni poro della foglia,
ogni accenno di linea
e cerchi le parole, senza successo.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Álvaro Solís
è nato a Villahermosa (Messico) nel 1974 e si laureato in Filosofia e in Letteratura messicana all’Università di Puebla, dove attualmente insegna Letteratura.
Ha pubblicato le raccolte poetiche: También soy un fantasma (2003), Solisón (2005), Cantalao (2007), Los días y sus designios (2007), Ríos de la noche oscura (2009), Todos los rumbos del mar (2011), Diario del mar (2012), Bitácora de nadie (2013) e Estos días sin mañana (2020). Di prossima uscita l’antologia Ni tarde ni temprano.
Ha pubblicato il libro di poesie per l’infanzia Balthus, yo también perdí a mi gato (2007).
Ha curato antologie sulla poesia contemporanea messicana e cubana e ricevuto diversi premi letterari.

alexbrando@libero.it