FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 55
maggio/agosto 2020

Cenere

 

DIARIO DELLA CENERE

di Alessio Brandolini
(con un disegno di Stefano Cardinali)




Stefano Cardinali, Diario della cenere (Pastello su cartoncino nero)


O cielo, cielo, ti vedrò nei sogni.
Non sarà mai che tu divenga tenebra
e il giorno avvampi come un bianco foglio:
soltanto un po’ di fumo e un po’ di cenere!

OSIP MANDEL’ŠTAM


1

Da mesi a parlare di pace e ne sappiamo
ben poco. Tra spine, l’erba alta, formiche
e un bosco in fiamme. Il fatto di aver
dormito male mi rende esposto a idee
pericolose. Trascuro i colori delle foglie
e del tramonto, l’allegro volo delle rondini.


2

Camminiamo da ore e tutto questo spazio
allarga la vista, lava all’interno. Il passato
scorre nel fiume, resta la forma di un giorno
che mai sorgerà perché in fuga da un pugno
di stelle. Posso afferrarmi al tuo sguardo
e poi, da un lago di cenere, estrarre l’azzurro.


3

Da anni medito su ciò che pensi e ne so ben
poco. Le parole sono un vezzo d’altri tempi
ma resisto incollato alla scorza dell’abitudine
al terrore del vuoto, del baratro. Vorrei
che mi regalassi un segreto, qualsiasi cosa ma
non questo freddo sorriso che tiene a distanza.


4

A testa bassa per strade torte, deserte
per oblique scalinate che raggiungono
le stelle e lassù passeggiamo e l’erba
delle nuvole ci carezza i piedi. Le mani
sono foglie con l’odore dell’alba quando
con calma si distende su creste innevate.


5

Aspetto che avvampi il buio e mi assale
la nostalgia di te che getti gioia nell’aria.
Cerco la pace e il chiasso sfonda le pareti.
Dare un senso alle pietre che un folle tira
nel pozzo della memoria? Spunta il sole:
magnifico osservarlo come la prima volta.


6

Un male antico può risanare le ferite?
Lavori duro e nessuno se ne accorge:
sgrava il peso o sprofonderai nella palude.
Ci si perde e allo specchio c’è un bambino
triste, pieno di rughe. Il sogno è un viaggio
sotto un vulcano, un precipizio dove tuffarsi.


7

Il primitivo fiume scorre tra pilastri, abbatte
barriere. Tirerò su per te una vigna un orto
una casa. Sotto la corteccia arde l’angoscia
il sole strizza un occhio e resto colpito
dall’attenzione che mi riserva. Il vento sprona
al coraggio, disperde la polvere di questi giorni.


8

Fare qualcosa? Un’accecante luminosità
e il viola scuro della montagna con la casa
sotto il paese dove abbiamo vissuto attimi
che duravano mesi. Ora siamo braccati
da una valanga, non usciamo da giorni
e ci diciamo soltanto lo stretto necessario.


9

Sul vulcano colonne di nuvole cariche
di cenere, per questo restiamo barricati
in casa. Trilla il telefono: - Ciao come va?
- Non così male, un po’ all’indietro e tu?
- Bene, ho finito il mio romanzo. E tu?
- Cancello parecchio di ciò che ho scritto.


10

Spiove ed è bello contare sul sorriso del sole.
Un pezzo di gioia tutta nostra dove piantare
alberi, vederli fiorire. Gorgheggia il pettirosso
sembra una sfida, chi spintona verso il recinto?
Attesa: sì, parola difficile da pronunciare
perché da decenni sappiamo che mai avrà fine.


11

Se rido è perché ho pianto tutta la notte
e il giorno ha la sua parte di follia. Gli uccelli
non sbagliano una nota se li ascolti, il loro
canto è perfetto e salutare sebbene, talvolta,
noioso. Resistere era lo scopo prioritario
ora insonnoliti affrontiamo la cenere, il fumo.


12

Tra noi un muro di ombre da attraversare
a nuoto e in solitaria, una bracciata dietro
l’altra e allora scrivo questo diario per non
spezzarmi e svanire. In nessuno modo vuoi
parlarne e davanti al vulcano in eruzione
avanziamo (chiusi in casa) come se nulla fosse.

aprile 2020



alexbrando@libero.it