FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 55
maggio/agosto 2020

Cenere

 

RILEGGERE IL PLINTO DI DAVID ROSENMANN-TAUB

di Marco Benacci



Ammetto che più di una volta ho pensato che impiegare i giorni di isolamento per rimettere a posto la libreria non era stata proprio una buona idea, fino a quando non ho ritrovato un piccolo gioiello che credevo perduto in uno di quei prestiti senza ritorno: Il Plinto di David Rosenmann-Taub edito da Le Lettere qualche anno fa. Quando l’avevo letto la prima volta mi aveva entusiasmato, ma questa volta ha avuto realmente un sapore speciale e ho finalmente potuto goderne a pieno la potenza.
David Rosenmann-Taub (Santiago del Cile, 1927) è considerato da molti come una delle voci viventi più importanti della poesia in lingua spagnola, ed Il Plinto è forse la sua opera più emblematica: vero e proprio viaggio nel mondo poetico tipico dell’autore dove regnano la bellezza della parola e l’equilibrio di forma e musicalità.

Come fa notare Valerio Magrelli nella prefazione del libro, sebbene le poesie che compongono la raccolta possano all’inizio disorientare, col passare dei versi ci si rende conto di quanto la poesia dello scrittore cileno sia un’arte capace di affascinare e stupire grazie a un dominio espressivo e poetico assoluti, in cui viene mescolata una creatività finissima con l’impressionante capacità di usare tutte le forme e tutti i meccanismi poetici dei nostri tempi; quella che affiora con la lettura è una poesia esatta, attenta e cosciente, a tal punto che la sensazione finale sull’autore è che David Rosenmann-Taub sia un vero e proprio “poeta senza errori”, adattando le parole del Vasari quando definì il pittore Andrea del Sarto.

L’idea melodica della raccolta è senza dubbio il ricongiungimento del poeta con il trittico Natura/Universo/Dio; lo scopo vero però è quello della riunione dell’Uomo con se stesso, il dominio della propria anima, la sopravvivenza al dolore ed al dubbio, dove l’arte (in questo caso poetica) è l’ultimo passaggio, l’ultimo tentativo, quasi un melanconico sollievo («Sotto il mio petto, che custodisce i trifogli morti, / mentre mi sognano i tigli e i pioppi, bianchi, / come brilla in me, gioviale, il cammino dolente!», LXVIII Bocciolo, p. 189). Nata all’interno delle esperienze di vita, la poesia prende forma amalgamandosi in maniera inedita con altre arti che lo stesso Rosenmann-Taub domina: la forza del suono (e delle pause) sono un chiaro riferimento alla musica, così come le sovrapposizioni d’immagini lo sono alla pittura; è per questo che nel libro ci si trova di fronte a una poesia piena, forte e soprattutto consapevole. Ecco quindi il perché del titolo, il plinto: la base che, appoggiata sulla terra, sorregge la colonna; il plinto è il libro che racchiude l’arte, l’espressione ultima dell’elaborazione dei sentimenti a cui la vita ti mette davanti, il plinto è il poeta stesso, che appoggiato alla Natura, sorregge la sua storia, l’Universo, Dio:

      LXXVI
      Tedeum


      Notte di giorno.
      Il fiume del mio ragazzo
      non conosce rive.

      (p. 211)

In questo breve e commovente componimento, inserito non a caso nella sezione intitolata “Nella lava sensuale” in cui si richiama a qualcosa di passionale, ci sono anche dei precisi riferimenti alla Santissima Trinità ed al mistero della fede; oltre a questo però, leggendo i pochi versi, è evidente anche la presenza di un dolore: la consapevolezza di essere costretto a sostenere in eterno il peso della scomparsa prematura del figlio, presente in tutta l’opera.

Le poesie de Il Plinto sono esattamente questo: una fusione tra tanti elementi come l’erotico, il religioso, il personale, la natura:

      LXXII
      Alta marea


      L’utero: lustrale. E le nostre vene:
      salendo i versanti della terra.

      Celesti ascelle che titilla il tatto.
      Filtri - terrore - impastati, flagellati.

      Le mie palme, come bocche, sul tuo seno,
      ricercando il figlio prodigo del bacio.

      Nel momento in cui la mia carne respira
      il tuo mistero copioso, ti domando
      del fogliame della mia ribellione.
      Mi risponde l’anello delle tue cosce
      con valli di scogliere e di campagne.

      Un grido di frangente, una colonna,
      quando il piacere è una bruciatura.

      Si infiamma per vedere il nostro gusto
      la collina inondata da noi stessi.

      Con la suprema vigna delle nostre piaghe
      l’abisso di Dio sobbalza.

      (p. 203)
È infine l’elemento religioso, come indicato dalla maggior parte della critica, la costante più forte della raccolta, dove ogni parola è la ricerca del contatto con Dio e, in molti casi, l’evidenza della sua inconsistenza («Non sul cadavere di Dio io medito, / né il suo trasfigurarsi io mordo:», XVIII, p. 65) e dei suoi difetti:
      [...]

      Dio sale sul terrazzo a vedere se, per distrazione,
      ha lasciato qualcosa: e anche se esplora e perlustra
      i corridoi liberi, e i suoi occhi ripuliscono
      tetti e soffitte, lui dimentica la morte
      e la vita che in un angolo vuoto stanno a litigare.
      E Dio va via senza vederle, ma sente un brivido.

      (XXVII, p. 87)
Altro esempio ne è la costante fusione tra l’elemento autobiografico e gli elementi della tradizione religiosa (o addirittura Dio stesso), come una costante elaborazione della presa di coscienza del dolore dell’uomo di fronte all’impotenza del divino («Ascoltami, Cristo: sono il tuo orecchio. / Guarda la croce: sono io crocifisso. / Sono la tua lingua - muto che parla -, / sono la tua lingua e ti sto parlando», XXXIX Golgota, p. 119).

Ma è la scelta poetica di come trattare gli argomenti che richiama di più l’attenzione: le fini parole dei componimenti sembrano sussurrate, pronunciate nel sonno/sogno di una vita, sottolineando l’importanza del silenzio e dei segreti e con un personale ermetismo che dona un’aura di mistero alle poesie, tutto si muove ai margini (come l’alba ed il tramonto lo sono per la notte), si amalgama, si unisce, si ricongiunge («La casa è un singhiozzo. L’orizzonte / attraversa la casa: volto del crepuscolo / andato tra il mai più e il mai più», i>LXII Shabbat, p. 177).

Ed è forse la parola in sé ad essere veramente importante: ricorrere a difficili arcaismi, cultismi, neologismi, ebraismi, modi di dire tipicamente cileni, parole in lingua quechua, terminologie musicali, raccontare esperienze quotidiane, richiamare archetipi, essere erotico e sarcastico, scherzare con Dio, parlare della morte e dell’infanzia, il tutto senza mai perdere quella ricchezza poetica e psicologica che contraddistinguono i suoi componimenti, in un mondo in cui ormai la parola (e forse l’arte?) è sempre più tradita, questo libro di David Rosenmann-Taub è una speranza ed una tappa necessaria per tutti gli amanti della poesia.

Non era facile tradurre un libro così, ma grazie al lavoro di Stefano Tedeschi, Il Plinto è un libro da leggere più volte, perfetto per ogni situazione (anche lo stato di quarantena che stiamo vivendo) perché ogni lettura è un’esperienza nuova; anzi forse ogni lettura è un percorso nuovo anche grazie a questa edizione italiana de Le Lettere impreziosita dai contributi di Magrelli e Tedeschi, oltre a un’intervista all’autore realizzata da Martha Canfield (reperibile anche nel n. 40 di Fili d’aquilone, insieme a una serie di poesie tratte dal libro), che offrono chiavi di lettura inedite ed intriganti.

Aprile, 2020


David Rosenmann-Taub, Il Plinto, a cura di Martha Canfield, prefazione «La poesia di David Rosenmann-Taub» (pp. 5-8) di Valerio Magrelli, traduzione, note e postfazione «Per una retorica del silenzio» (pp. 225-232) di Stefano Tedeschi, «Intervista con l’autore» di Martha Canfield, Le Lettere, Firenze, 2017.




David Rosenmann-Taub
è nato a Santiago del Cile il 3 maggio 1927, figlio di emigranti ebrei polacchi, entrambi di vasta cultura e vocazione artistica. Sua madre è stata una pianista di grande talento, che iniziò molto presto il figlio nella passione per la musica. Il bambino risultò straordinariamente precoce, al punto che a nove anni già era in grado di insegnare lui stesso. Anche per la scrittura dimostrò una immediata vocazione, in particolare per la scrittura poetica. La sua prima opera, un poemetto intitolato L’adolescente, fu pubblicato sulla rivista «Caballo de fuego» nel 1945.
Nel 1948 ottenne la laurea come insegnante di spagnolo presso l’Istituto Pedagogico dell’Università del Cile. Lo stesso anno venne premiato dal Sindacato di Scrittori per il suo inedito Cortejo y epinicio, che fu pubblicato l’anno dopo dalla casa editrice Cruz del Sur. Nelle tre decadi successive vengono pubblicate altre dieci raccolte; tra questi c’è Los surcos inundados, che vinse il Premio Municipale di Santiago del Cile. Nel 1975 inizia una serie di viaggi in tutta l’America, e poi in Europa e negli Stati Uniti, guadagnandosi da vivere con le sue conferenze su poesia, musica ed estetica. Nel 1985 si stabilisce negli Stati Uniti, dove continua il suo lavoro creativo sul campo poetico, musicale e anche artistico, coltivando il disegno e la pittura.
La sua poesia è sempre stata apprezzata ad alto livello critico; il poeta Armando Uribe, suo connazionale e Premio Nazionale di Letteratura 2004, lo considera «il poeta vivo più importante e profondo in lingua castigliana».
Nell’anno 2000 è stata creata a New York la Fondazione Corda con il proposito di riunire, preservare e diffondere l’opera di Rosenmann-Taub.
Nel 2010 è uscita una prima antologia della sua poesia in italiano, E poi il vento, a cura di Sabrina Costanzo, Andrea Lippolis Editore, Messina.

OPERE PUBBLICATE

  • 1949 Cortejo y epinicio (primo volume della tetralogia omonima), Cruz del Sur, Santiago (in seguito verrà ripubblicato con il titolo originale, El zócalo)
  • 1951 Los surcos inundados, Cruz del Sur, Santiago
  • 1952 La enredadera del júbilo, Cruz del Sur, Santiago
  • 1962 Cuaderno de poesía, Taller Edición 99, Santiago
  • 1976 Los despojos del sol: Ananda primera, Esteoeste, Buenos Aires
  • 1977 El cielo en la fuente, Esteoeste, Buenos Aires
  • 1978 Los despojos del sol: Ananda segunda, Esteoeste, Buenos Aires
  • 1983 Al rey su trono (aforismi di Nahum Kamenetzky con disegni del poeta), Esteoeste, Santiago
  • 2003 El mensajero (Cortejo y epinicio II), LOM, Santiago
  • 2004 El cielo en la fuente / La mañana eterna, LOM, Santiago
  • 2004 País más allá, LOM, Santiago
  • 2005 Poesiectomía, LOM, Santiago
  • 2006 Los despojos del sol: Anandas I y II, LOM, Santiago
  • 2007 Auge, LOM, Santiago
  • 2008 Quince (quindici poesie commentate, con CD), LOM, Santiago
  • 2011 La opción (Cortejo y epinicio III), LOM, Santiago
  • 2013 La noche antes (Cortejo y epinicio IV), LOM, Santiago
  • 2014 Los surcos inundados, LOM, Santiago
  • 2015 Oó,o, Pre-Textos, España
  • 2016 Trébol de Nueve, LOM, Santiago
  • 2017 Alm-ería, Pre-Textos, España
  • 2018 Jornadas, LOM, Santiago

marco.benacci@live.com