Il libro di Alessio Brandolini e Stefano Cardinali Il volto e il viaggio (Edizioni Fili d’Aquilone, 2017) è dominato da una tensione positiva che anima e fa pulsare le pagine. L’equilibrio cui complessivamente tende non è mai statico ma, al contrario, perennemente dinamico; le parti che lo compongono interagiscono fra loro creando un rapporto energicamente dialettico.
Il volume contiene, affianca e mette in relazione e a confronto, le parole poetiche di Brandolini (nato nel ’58) e i ritratti di Cardinali (di tre anni più vecchio). Sappiamo che di solito immagini e parole, scrittura e segno pittorico, simultaneamente si attraggono e si respingono, originando una specie di costante fibrillazione. Inoltre qui i disegni non sono a servizio e a commento dei versi, ma, pur mantenendo con essi uno stretto legame, vivono e brillano di luce propria e autonoma.
Scrive nell’Introduzione Marco Testi: “l’immagine è l’immagine, il verso – la prosa – fanno parte di una dimensione diversa, anche se non contrapposta”. Delle circa cento pagine del libro, trenta sono occupate dai disegni e questo fa capire subito che le parole prevalgono ma che le immagini non occupano un ruolo marginale.
I volti di Cardinali, tranne qualche eccezione, sembrano esprimere sentimenti di preoccupazione, di smarrimento, di inquietudine, un male di vivere che si ferma solitamente al di qua e prima della soglia dell’angoscia e del panico.
Il viaggio in versi di Brandolini incontra crocevia, bivi, deviazioni, rischia di smarrire l’orientamento e la direzione (“…non posso entrare in questo paesaggio / perché poi non ritroverei la via del ritorno”), a volte procede all’indietro, a ritroso e “avanza” su strade che portano verso il passato.
Ad accompagnarci e guidarci possono essere i ricordi e la memoria, i “fantasmi del passato”, oppure l’urgenza, il tormento e “lo strazio della fuga”. L’ansia si stempera e si affievolisce grazie a soste rigeneranti e benefiche: “La sosta dura un giorno / all’alba si riprende a camminare / con l’aria ancora fredda, piena / di germogli sconosciuti…”.
C’è sempre un valido motivo per andare, c’è sempre “una voce che sprona a partire” per trovare un varco (“cerco un varco nel mondo”), un passaggio propizio che ci allontani dalle nostre paure, da una cupa solitudine.
La stessa veemente dialettica che abbiamo sottolineato a proposito del rapporto fra immagini e parole, si ripresenta e ripropone all’interno del viaggio che i versi allusivamente e intensamente raccontano.
Da una parte ci si muove su un terreno accidentato e insidioso, pieno di trappole, buche, rovine, voragini, “frammenti di terra inaridita”, trincee difensive e muri. Dall’altra parte, la paura e l’ansia non bloccano il desiderio di esplorare nuove esperienze e mondi, di sbucare all’improvviso su un paesaggio inatteso ed entusiasmante, di perdersi per ritrovarsi: “Ci sono tante cose da scoprire / ogni giorno ma occorre non chiudersi / in trincea…”.
“Prendersi cura di sé e degli altri”, prendere “a calci il rancore”, “ridere ogni giorno", mettersi in ascolto della natura e delle sue voci, sono alcuni accorgimenti e rimedi quotidiani per contrastare il male di vivere, ma l’antidoto principale contro i veleni esistenziali resta l’amore, in tutte le sue innumerevoli forme a cominciare da quella più naturale e diretta:
Conto fino a cento, poi ti sussurro
all’orecchio che amo i tuoi capelli
quando sono in fiamme e ardono
nel mio cuore. Allora il sangue
scorre in senso inverso, nei boschi
si aprono passaggi e nelle pieghe
del male s’infiltrano giovani fiumi
dalle trote argentate che inebriano
l’aria, il respiro. Non ho più il fiato
sul collo, allora il buio si allontana.
POESIE E DISEGNI da Il volto e il viaggio (Edizioni Fili d’Aquilone, 2017)
LA MARCIA
La sosta dura un giorno
all’alba si riprende a camminare
con l’aria ancora fredda, piena
di germogli sconosciuti. La quiete
nell’azzurro cristallino del cielo
nell’odore che invita a proseguire.
Ogni volta nasce l’istante
e l’attesa reca vaghe inquietudini
e trema la foglia nel palmo della mano.
Il mistero è il verde che sopravvive nei cuori
nelle deboli fiammelle del riscatto, allora: avanti!
La sosta si fa sempre più breve e poi si riprende
la marcia nell’aria satura di germogli sconosciuti.
DARE I NUMERI
Il codice, non ricordo il codice
per accedere: sono rimasto chiuso
fuori e in casa non c’è nessuno.
Superfluo suonare, prendere a calci
la porta. Ho un vuoto e non ricordo
affatto il codice di sicurezza, adesso
è un enigma: sparito dalla memoria
dal cellulare, in casa non c’è nessuno
e io sto di fuori al buio, solo
e si gela, le stelle fanno a gara
per colpirmi con schiaffi accecanti.
Quello che ricordo è del tutto inutile
provo e mai il codice giusto, la porta
resta chiusa e dentro non c’è nessuno.
A casa si sta bene, subito una doccia
un whisky e sprofondo nel mio letto
però non c’è chi possa aprirmi ed io
non ho più in mente il codice esatto
quello di sicurezza, uno dietro l’altro
solo sei numeri, basta digitarli
e la porta si spalanca e allora posso
entrare nella mia comoda abitazione.
Busso tiro calci suono ma è del tutto
inutile, da ore così, sono sfinito
e il buio svuota: quale sarà il codice
per accedere, il codice di sei numeri?
Il codice? Sono ore che do i numeri:
non ricordo più il codice di sicurezza!
FRATERNITÉ
Pericoloso alimentare un sogno?
Come un frutto maturo, succoso
mi divora la sconfitta. Occorre
soffrire di più per fare qualcosa
di buono e sfuggire alle nere
potenze della morte? Ragazzi presi
a bersaglio reclamano più spazio
perché la loro pelle deve brillare
al sole di novembre. Gli uccelli
beccano alla porta, apro e già
sono in fuga, celati dalla chioma
del leccio, tra le zampe un ramoscello
di ulivo. Non mettiamo barriere
al nostro affetto: cosa sarebbe
la Terra priva delle piume
degli angeli che la sorreggono?
Lenta arriva l’alba, insegue un giorno
senza Dio
né ferite sui giovani corpi.
Stanco provo a rivivere, passeggiando
lungo la Senna, quella vecchia idea
di una reale… fratellanza tra gli uomini.
Parigi, 13 novembre 2015
VORAGINE
Non ascolti e il ronzio assorda il paesaggio.
Con la forza primitiva occupi poco spazio
distruggi la tana e intorno crei il vuoto
quel tipo di vuoto – benché operoso –
che rende immuni alla gioia piena e fa
vivere lacerati, coi piedi che vanno da soli
giù per lo scomodo sentiero, con in testa
un cappello allacciato sotto il mento
per proteggere gli occhi dal vento sabbioso.
Doveva esserci quel mare incontaminato
che rende la schiuma ancora più bianca
ma è scomparso dietro una lastra di acciaio
al di là delle voci, degli sguardi sfuggenti
delle tante distrazioni. Vuoi bucarlo
con un chiodo, uno scalpello, un piccone
ma lievita ancora lo spessore del ghiaccio
si allarga la voragine e la foresta. Dai,
prendi gli attrezzi,
apriamo un nuovo sentiero!
PERCORSI LUNARI
La calma prende fiato
nell’oscurità dei pianeti
dopo decenni di caos.
Non c’è più luce
e quel che rimane è solo
un lieve soffio, un bianco
ricordo. Nel sogno
passo nella cruna dell’ago
in un manto di foglie
aguzze, di affamate spine
che divorano il mio corpo.
Ho il sospetto che dovrei
vivere in un altro luogo
lontano da dove sono.
Anche un filo d’erba ha
le sue solide radici. Avrei
avuto diritto a un altro
passato, a un’infanzia
giocosa per questo
il presente è quel che è:
velenoso e granitico
nei suoi tormenti occulti
nelle sfide in campi minati.
Ci sono tante cose da scoprire
ogni giorno ma occorre non chiudersi
in trincea. Alzarsi freschi al mattino
correre nei percorsi lunari ma dalla parte
del sole, al riparo dai mercanti di uomini
che solcano il Mediterraneo, dagli avidi
dai bugiardi che nulla sanno dell’astuzia
dei gatti e della leggerezza degli elefanti.
|
Alessio Brandolini e Stefano Cardinali, Il volto e il viaggio, introduzione di Marco Testi, Edizioni Fili d’Aquilone, 2017, pag.102, euro 13.
Alessio Brandolini (1958) vive a Roma dove si è laureato in Lettere moderne. Ha pubblicato i libri di poesia: L’alba a piazza Navona (1992, «Premio Montale - Inedito»), Divisori orientali (2002, «Premio Alfonso Gatto - Opera Prima»), Poesie della terra (2004; anche in spagnolo: Poemas de la tierra, 2004 e 2014), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007; anche in spagnolo: Mapas colombianos, Colombia, 2015), Tevere in fiamme (2008, «Premio Sandro Penna»), Il fiume nel mare (2010, Finalista «Premio Camaiore») e Nello sguardo del lupo (2014). Nel 2016 è uscita l’antologia poetica: Il futuro è un campo incolto (1992-2014). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue e pubblicati su riviste italiane e straniere. In Costa Rica sono uscite le antologie En el ojo del lobo (2009), Desde otro planeta (2014) e in Colombia Llamo desde otro planeta (2016), tutte con la traduzione di Martha Canfield. Dal 2003 al 2013 ha fatto parte del gruppo letterario “I Libri In Testa”. Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti brevi Un bosco nel muro (Empirìa). Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina «Fili d’aquilone», rivista web di «immagini, idee e Poesia». Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.
Stefano Cardinali (Roma, 1955) vive a Latina. Nel 1989 partecipa alla prima mostra collettiva seguita a breve da una individuale di acqueforti. Dopo varie esposizioni con altri artisti nel 2002 presenta la prima personale di acquerelli e grafiche dal titolo “La Natura delle Cose”. In quel periodo comincia la collaborazione con Alessio Brandolini e alcuni suoi disegni vanno a corredare i libri del poeta. Ritenuta conclusa l’esperienza grafico-pittorica si dedica alla scrittura entrando nel collettivo Anonima Scrittori. Nel 2011 pubblica l’e-book Savile Row - La strada per la musica degli anni settanta. L’avventura con la scrittura lo porta a conoscere Antonio Pennacchi che gli chiede di realizzare le cartine dell’Agro Pontino, prima e dopo la bonifica, per il suo romanzo Canale Mussolini che vincerà il Premio Strega nel 2010. In seguito alla felice partecipazione al libro di Pennacchi, riprende a disegnare dedicandosi però esclusivamente al ritratto. Nasce così l’esperienza che lo porta a riprendere la collaborazione con Brandolini e alla realizzazione di questo libro.
baroni.giancarlo@alice.it
|