*
I nomi
che oggi non hai dato
non sono persi
allora:
impronte
di animali sconosciuti
che ogni tanto
rallentano la corsa.
Ciò che prima
era nascosto nell’assenza
reclama
la cattura.
Il tempo s’affolla
di ritardi
e così matura:
dove torna
ritrova rinnova
semi radici
sguardi.
*
Tra il cielo intatto
e questo telo
in pannolenci
caldo stellato
ti accorgi
che la distanza
non è un caso:
hai indovinato
il gancio
che da sotto sporge
e che ci tiene appesi
se il dubbio
culla
la gabbia
come fosse vento
e un canto la copre
la protegge
dal nulla.
FERITA
Nel ripulirle i bordi
aspetterò
che a forza di guardarla
riveli un tratto
familiare
e che al mattino
il male si raccolga
come vegliando
un cadavere supino
forestiero
con indosso
l’uniforme del nemico
tra le spighe
accanto al fosso.
L’ASCOLTO
Sotto quest’umida voce
di fanghiglia e foglie
ricompare improvviso
il solco
del carro lasciato
da quella pace
che mi trasportava
a passo d’uomo
verso la cima, una luce
boscosa
(solo di notte frusciando
un poco più veloce).
ANNIVERSARIO
Quando è sera
non so dire
quale vento spinga
l’infuocata verticale
a sfidare
la dimenticanza.
Fedeli
si allacciano i confini
tra dodici torri
costiere.
Dodici altane
disadorne
inconfessabili.
Dodici fiamme.
Ma nel vivo
di ogni fiamma
due stoppini:
l’invisibile
intrecciato
alla tua carne.
LO SPARO
Dispersa
ti cerco.
Sono uno scuro
stormo
che s’alza
dal campo.
Sii vero.
Allarga le chiome
ch’io possa
riunire i miei nomi
sostare.
Ma è in basso
il raccolto
e il tuo spazio una sfida.
Con l’ombra
dilati
quel pezzo di terra
che invita
al furto.
È colpa o destino
tornare insaziata
tra l’erba sottile
scacciata
in eterno
da uno spettro
un fucile?
WAR HORSE
Terra brulla
una volta campo
di solchi e sementi
vuoto di mezzo
che fosti tempo
di attesa leggera
adesso ti apri
alla tregua
di un gesto.
Tra le nostre opposte
trincee
impigliato
nel filo spinato
un cavallo
senza padroni.
La schiena madida
il ricordo
come indomito istinto.
Le narici fiutano
chi sembra
scordare i confini.
Delle tue ombre
spingine una
al centro
del fuoco sospeso
io manderò la mia
a liberare
quel fascio di muscoli
il grido la ferita
che chiede
alle mani di entrambi
di riconoscersi
uguali
e cerca tra loro
una fuga infinita.
GLI OGGETTI DOPO IL TRASLOCO
Li diresti intatti
immemori
del luogo precedente
padroni
nuovamente
di se stessi.
Non li cambia
neppure l’inclinarsi
del riflesso
con cui
si parlano in segreto.
Forse è davvero
soltanto
un riproporsi
al rito
o al semplice piacere
di un possesso.
Per molti almeno.
Alcuni
se li guardi bene
sono un naufragio
un vuoto retroattivo
di bellezza
- illecito dolore.
Ci sono
ma non ne hanno più
motivo
né certezza.
CREAZIONE
Due bambini
molto vicini e soli
le mani
formate d’acqua e di creta
strette alle grate
in petto il primo soffio
come edera che cresce
e che si appoggia
a nuova aria
in punta di piedi
per vedere fuori
seguono col corpo
il dondolio lontano
dei primordi
di un’altalena
vuota.
E sentono
qualcosa di indistinto:
sono loro
la spinta
anzi l’assenza.
Quell’oscillare
somiglia a una promessa
primizia di salvezza
nell’ignoto:
l’asse di legno
va oltre
il margine del sole
poi ritorna
come varca
il vuoto tra i due cieli
la lunga barca
egizia.
LA VITA PARLA
Amami adesso
che ho frutti incerti
in grembo, nella voce
il tempo
e tegole sconnesse
tra questo letto e il cielo.
Ogni notte
ti asciugo la fronte
e raccolgo di te
quello che si era sparso.
Ma tu non volermi
diversa.
Stringi forte
il mio corpo di ore
lucente e cupo
recinto
sotto l’edera e il mirto.
(Su me
spunta fedele
anche colei che credi
mi sia ostile).
*
(per Juliette)
Cerchi
per la prima volta
nei tuoi capelli
fini raccolti
una diversa geometria
un contrappunto
come di archi
che suonano in sordina
e di profilo
la ripresa che stupisca.
Questa mattina
appena sopra il collo
c’è un fiato
che allunga
una goccia d’ombra
e l’allontana
- corno da caccia.
Scherzi con Olga
e lei ti fa la treccia
in un fraseggio
svelto ispirato
preludio
di una più dolce audacia.
PUNTEGGIATURA
(per i miei bambini)
Staccatevi un poco
perché vi metta a fuoco
perché vi legga
col giusto respiro.
Al fiato insegnate
il riposo
siatene il tempo sospeso
che rende
meno labile
il senso
e il buio
più orecchiabile
nota di fondo.
|