Indizi e Delitti è il suggestivo titolo che Renzo Carboni sceglie per le sue immagini, come è suggestivo il riferimento dell’autore alla poetica di Eugène Atget, grande fotografo francese vissuto a cavallo tra l’800 e il ‘900, che nelle piccole strade del cuore di Parigi coglie in luoghi, all’apparenza irrilevanti, una nuova identità, trasmettendone la memoria storica.
È proprio nell’assenza di persone e di vita che la rievocazione è possibile, in quanto lo spazio diventa contenitore di ciò che è avvenuto e di ciò che avverrà.
Da questo spunto, Renzo Carboni cerca di comprendere il difficile rapporto tra il Tempo e la Storia e di coniugare lo spazio fisico con quello mentale.
Le città scelte da Carboni sono state testimoni di passaggi cruciali della Storia, quella antica ma soprattutto quella del Novecento i cui indizi pongono ancora interrogativi sui delitti compiuti e diventano un ammonimento per noi.
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“Le fotografie di Eugène Atget rappresentano il luogo dove si è commesso il delitto”.
Così scriveva Walter Benjamin commentando le fotografie dell’autore francese. La mancanza di figure umane nelle foto di Atget avvalora la lettura di Benjamin e sottolinea la drammaticità delle immagini. La stessa drammaticità che ho cercato di far trasparire dall’immagine della Chiesa di Santa Sofia trasformata, dopo la caduta di Costantinopoli in una moschea. Che dire poi di Mauthausen con le sue quinte di pietra e filo spinato, muti testimoni, ma a loro modo estremamente eloquenti, del passaggio di una umanità distrutta. L’immagine del Deutsches Museum di Monaco di Baviera sottolinea gli aspetti di una architettura risalente ad un periodo storico nel quale si affermava con violenza il nuovo ordine, i cui oppositori venivano imprigionati e torturati come avveniva nella sede centrale della Gestapo a Berlino, di cui oggi esiste il memoriale che guarda quella che fu la sede della Luftwaffe. Metafora prima di tutto ideologica e poi di separazione fisica, il muro di Berlino, continua a percorrere come un fantasma le strade di una città vista attraverso la lente deformante della pioggia e del tempo. Gli spari esplosi a Sarajevo in quel lontano giorno del 1915, continuano a rimbalzare, come una nemesi, rifrangendosi sulle targhette di un cimitero murale in memoria dei caduti nella guerra dei Balcani. E forse l’ultimo paesaggio possibile è ciò che si intravede fra le maglie della griglia di metallo ingentilita solo da poche gocce di pioggia.
| Istanbul
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Mauthausen
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Berlino
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Sarajevo
Berlino muro (particolare)
| Berlino
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Liegi
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