FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 41
gennaio/marzo 2016

Calma & Fretta

 

L’AMORE CRESCE COME L’UVA

di Maria Cristina Sarò



È sempre presente la legge del ricordo. È un calendario la legge della natura. Un orologio che segna la bellezza e la meraviglia. Così dovremmo osservare l’uva e allo stesso modo osservare gli altri. Vivere tutto e ogni cosa con la semplicità di un tempo che è vita. Accussì se osservi l’uva, impari a vedere un altro. Impari ad amare. Impari a riconoscere tutte le sue fasi. Impari ad aspettare, a non avere fretta come Campanella che aveva atteso Ina, e poi lei era diventata il suo mare. Questo amore era cresciuto come l’uva. Lentamente, germogliando da marzo ad aprile. Fiorendo come gli acini in un mese che si chiama maggio, un mese in cui la fioritura è parte del corpo di questi due picciriddi come parte della vita di un puntino che poi si chiamerà chicco d’uva. Ché se ami veramente, puoi anche vedere una punta di penna diventare un fiore. E poi, nel mese di giugno, sempre più lentamente crescere, aggiungere, correre per sfidare il tempo, per vivere la gioia, per dare spazio alle cellule che si moltiplicano perché sono già la natura di un sentimento. Accussì davanti all’amore cambia anche il colore delle cose che abbiamo intorno. E tutto può invaiare, cambiare colore, mutare in tempi diversi per ragioni opposte. L’acino verde che diventa giallo o rosso. La vita che ci regala quello che vogliamo oppure ci toglie ciò che non abbiamo avuto il coraggio di scegliere. Ed è luglio, il grappolo cambia colore e si prepara a diventare quella verità così grande che si chiama amore; a fare i conti con il diritto che ha la natura quando questa terra siamo noi. Ed è in quel momento che questi due picciriddi si toccano così come si tocca e si mangia un chicco d’uva. Lasciando a vista la parte più nobile del corpo, ora che gli zuccheri sono così concentrati che farebbero godere e sorridere anche chi non ha mai conosciuto il sapore della felicità. Chistu è, in Sicilia, il limite della bellezza: quella sintesi che avviene nei grappoli e quando coinvolge noi stessi invece ci fa paura, ci rende soli davanti al mare come Campanella. Picchì l’amore di un altro ci fa sempre paura, quando invece raccogliamo oro bianco e oro nero solo per essere padroni di un nettare che chiameremo amore, terra, Sicilia. Chistu è il limite dell’umana bellezza: non credere che la terra sappia più di noi, e a noi possa insegnare qualsiasi legge.


Il brano è tratto dal romanzo di Maria Cristina Sarò CAMPANELLA, Torri del vento Edizioni, 2015, pagg. 104, euro 12.


mcristinasaro@gmail.com