FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 38
aprile/giugno 2015

Silenzio

 

IL CORPO DEL SILENZIO

di Lucianna Argentino



Sa cosa vuol dire ricomporre il silenzio dilaniato da parole deflagrate con spietata crudezza o molestato da un silenzio avverso, nemico del silenzio buono che chiama al profondo dell’ascolto, al chiaro della redenzione. Lo sa lei divisa in media ed estrema ragione, lei rimanente del tutto che l’accoglie. Così si affida alle parole come un sogno si affida alla realtà.


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La speranza prevede abbandoni difficili, lo scavo di abissi lungo sentieri illuminati dalla lungimiranza. Si serve della qualità evangelica della luce per portare altrove il male; lo porta dove è altro male così senza identità si confonde, reso innocuo muore. Lui la guarda senza capire e la notte dorme mentre lei prudente e furtiva veglia su un giaciglio di parole insidiate da un silenzio orecchiabile – le conduce a dottrina dai suoi sogni.


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Conserva nelle mani le ricorrenze, le cose che sembrano andare e invece rimangono in un silenzio che non sa più dirle, in attesa dietro la porta che torni la parola. Complice la vita le lega a un filo come da bambino suo fratello legava assieme le automobiline e le trascinava per tutta la casa. Lei le tiene in grembo, sfoglia l’almanacco, annota in margine quella verità che la lega all’ombra delle cose.


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Li abbracciano. I sommozzatori abbracciano i corpi degli annegati per riportarli in superficie e lei abbraccia le parole vive nel fondo marino del suo corpo contro il loro corpo gonfio di silenzio. Le porta a galla perché sulla pagina cantino al mondo la lucentezza delle tenebre e come è giusto il nostro essere temporali e come è perfetta l’equazione di vita e di morte per noi numeri complessi nel moto relativo dell’esistenza.


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Quando si lacera il tempo lei lo rammenda col tessuto connettivo del silenzio cui segue il furore della penna. Ma di solito – sprovvista di segni – le cose le scuce, le separa dalla loro utilità, le ricuce sulla pagina ad altra necessità. Con le parole gli ricama un altro uso, un uso inutile eppure misteriosamente prezioso. Indispensabile.


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Vede il silenzio salire dalle radici delle parole e percuoterle, percuoterle perché possano risuonare meglio dentro ciò che non sanno, dentro il buio delle cose e dei cuori senza più attitudini. Vaglia tutte le prove sufficienti a suggerire che Dio possa essere un numero che batte il tempo al nostro respiro.


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Sosta a lungo nel farsi luogo della parola. Impara ad accendere fuochi che ripetano sulla terra il volto delle stelle – un loro tratto almeno – e siano di ristoro allo sforzo di perdurare che ogni cosa ed essere compie. Insegna al pensiero l’uso domestico e quotidiano del silenzio, il suo mutare di sostanza attraverso la liquida sonorità dell’inchiostro.


La selezione proposta è tratta dal testo inedito Frammenti di autobiografia postuma.



(Foto di Mauro Corona)


lucianna.argentino@gmail.com