FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 35
luglio/settembre 2014

Soste & Percorsi

 

PERCORSO DUE DI DANIEL CALABRESE

di Alessio Brandolini



Ruta Dos è l’ultimo libro di poesia di Daniel Calabrese (1962), autore argentino di origine italiana, che da qualche anno vive in Cile. Come inedito la raccolta poetica ha vinto il “Premio Revista de Libros” nel 2012 ed è stata pubblicata l’anno successivo. Si divide in due ampie sezioni: Primo e Secondo Tratto, a marcare un viaggio, un lungo percorso. Il titolo è bisenso e gioca con due concetti differenti. Da una parte quello della memoria, e la Ruta Nacional 2 (oggi Autovía 2) è in effetti una strada reale che passa accanto a Dolores (Argentina), il paese dove è nato e cresciuto l’autore; dall’altra suggerisce un’alternativa al percorso comune, abituale o predestinato, la scelta di una cammino più complesso che non esclude la visione mistica. Non a caso il titolo è posto in lettere e non in numero. Ovvero opposizione a una realtà stabilita, continuo spostamento delle pietre che tracciano la strada, il desiderio di misurare il tempo (la vita) con altri strumenti.

L’ironia e il gioco, presenti nella raccolta (v. la divertente poesia “Le differenze tra mio padre e Kerouac”), si inseriscono in un contesto di ricerca del senso del viaggio, dell’ininterrotto spostamento in cerca di un luogo adatto, del “potere / che una certa luce genera sugli uomini”. Le “pietre consunte” che rotolano e s’incastrano nei testi di Calabrese sono le parole e le frasi logorate dall’uso, così le azioni ripetute per abitudine e pigrizia. Non c’è sosta nella ricerca di un significato più profondo dell’agire umano, una transumanza che alla meta segna già una ripartenza: “andarmene, tutto sommato, è qualcosa / che sto perfezionando con il tempo”.
Il vuoto, l’ombra sono una minaccia e il fiume che scorre dentro è il flusso di poesie e lettere non scritte o lasciate a metà, di soste in umili tabernacoli che sono i momenti di riflessione, forse di preghiera per dare speranza ai giorni: allora la parola si annulla (v. “La vita senza parole”) per poi riempirsi di nuovi significati e riattivare quel sole nascosto – come in attesa – sommerso dalla valanga di lise parole o sprofondato nel lago della “chiusa indifferenza” dove soffia “il vento metallico / di un pianeta sterile”.

L’esplorazione mistica/geografica di Calabrese è anche una ricerca linguistica dove alle analisi introspettive in versi, come un parlare tra sé e sé, s’innestano fitti dialoghi, strampalati resoconti di viaggi (reali e fantastici), teneri ricordi e fatti crudeli, drammatici (v. la poesia “Perdono” dove si parla della crocifissione di un uccello, metafora del viaggio e della libertà). Ci sono parallelismi con la Divina Commedia, già nel titolo e in quel continuo “andarsene per proprio conto”, nella discesa agli inferi, nella descrizione delle visioni. In una poesia si parla esplicitamente di Dante, così come di altri fondamentali esploratori (di mondi reali o immaginari), come Conrad, Borges, Lezama Lima...

L’avventura poetica di Daniel Calabrese è un percorrere per scoprire e scoprirsi ed è bello procedere sotto il sole dopo essere stati immersi, affogati nell’acqua (nel vuoto) per anni. Si passeggia sui ricordi della Ruta Dos “pensati dalla luce / sognati dal tempo” e all’improvviso ci si ritrova all’interno di visioni mistiche e la propria strada – onirica e concreta – appare riflessa in uno specchio. Percorso Due è un transito verso l’altro e l’altrove, a volte una strada senza uscita dove lungo il percorso si parla coi viandanti, il celo, gli alberi e arrivati al limite, toccatolo con mano con curiosità e sorpresa, ci si volta e si torna indietro.
Per poi ripartire.




POESIE DI DANIEL CALABRESE
da Ruta Dos / Percorso Due
(El Mercurio/Aguilar, Santiago de Chile, 2013)


L’unica pietra in questo percorso
è la luna


MÉTODO PARA CALCULAR EL TIEMPO

Los que viven a este lado de la ruta
saben de compensaciones:
cada vez que alguien pasa rumbo al Sur
anotan la hora exacta
y dejan caer una piedra en el vacío del ser.

Quienes viven del otro lado
conocen la polaridad:
cada vez que alguien pasa en sentido contrario,
de regreso,
anotan lo mismo,
pero sacan una piedra del vacío del ser.

Así unos llenan su vacío
y otros lo despejan.

Cada cierto tiempo,
los que han llenado su vacío
cruzan por el puente viejo (que era nuevo)
y esperan con paciencia
a que pasen los regresadores del Sur,
uno tras otro,
hasta que el vacío es total.


METODO PER MISURARE IL TEMPO

Quelli che vivono da questa parte della strada
sanno di risarcimenti:
ogni volta che qualcuno passa diretto al Sud
annotano l’ora esatta
e lasciano cadere una pietra nel vuoto dell’essere.

Quelli che vivono dall’altra parte
conoscono la polarità:
ogni volta che qualcuno passa in senso contrario,
di ritorno,
annotano la stessa cosa,
ma sottraggono una pietra al vuoto dell’essere.

Così alcuni riempiono il proprio vuoto
e altri lo sgombrano.

A cadenza regolare,
quelli che hanno riempito il proprio vuoto
attraversano il ponte vecchio (che era nuovo)
e aspettano con pazienza
il passaggio dei ritornati dal Sud,
uno dopo l’altro,
fino a quando il vuoto si fa totale.


EL AHOGADO

Deseo aclarar que no fue en un río
sino en la misma tierra donde me ahogué.

El único río que llevo en la memoria
es un estremecimiento
donde las pequeñas cosas se hunden
aunque nunca llegan a desaparecer.

A veces,
se hunden antes de que pase el río.

Y su pedido de auxilio
siempre
llega tarde.


L’AFFOGATO

Voglio chiarire che non fu in un fiume
ma affogai nella stessa terra.

L’unico fiume che ho nella memoria
è un brivido
dove affondano le piccole cose
anche se mai scompaiano del tutto.

Talvolta,
affondano prima che passi il fiume.

E la loro richiesta di aiuto
sempre
arriva tardi.


LAS DIFERENCIAS ENTRE MI PADRE Y KEROUAC

Mi padre nació un año después,
muy lejos, casi a la orilla de esta ruta.

Kerouac no tuvo, a su vez, un padre
nacido en altamar, como mi abuelo.

Y para qué iba a escribir poesía, mi padre.
En cambio Kerouac, entre católico y budista,
excedía las fronteras.

Papá tenía una bicicleta roja: eso es viajar.

Uf, ambos odiaron el comunismo.

Creo que si un cruce misterioso
los hubiese reunido en la mesa de algún bar
se habrían reído mucho.

Pero mi padre se emborrachó
una sola vez en toda su vida.


LE DIFFERENZE TRA MIO PADRE E KEROUAC

Mio padre nacque un anno dopo,
molto lontano, quasi al bordo di questa strada.

Kerouac non ebbe, a sua volta, un padre
nato in alto mare, come mio nonno.

E perché mio padre avrebbe dovuto scrivere poesie?
In cambio, Kerouac, tra cattolico e buddista,
oltrepassava le frontiere.

Papà aveva una bicicletta rossa: quello è viaggiare.

Uff, entrambi odiarono il comunismo.

Credo che se un incontro inatteso
li avesse riuniti al tavolo di un bar
avrebbero riso a crepapelle.

Però mio padre si ubriacò
una volta soltanto in tutta la sua vita.


PERDÓN

Nunca antes había visto, en esta tierra,
una crucifixión.

Fue en una de esas horas de lucidez,
cuando la mente coincide con el cuerpo en tiempo real,
aquello que muchos representaron
con una luz, con una esfera
regular sobre un rostro inocente,
o el compromiso de los astros
detrás de una silueta congelada.

El pájaro estaba inmóvil,
clavado en un poste al costado
de la ruta.

Recibía una brisa que no tenía comienzo
ni tenía fin
y miraba desde atrás de sus ojos
como pidiendo disculpas.

El que venía conmigo trató de bajarlo,
acercó la mano, pero la retiró enseguida.
Parece un ave rapaz, me dijo.

Nos alejamos para seguir nuestro camino,
aunque me di vuelta como a los treinta pasos.

No vi las armas debajo de sus alas.

No me pareció un ave rapaz.


PERDONO

Mai prima avevo visto, su questa terra,
una crocifissione.

Accadde in una di quelle ore di lucidità,
quando la mente aderisce al corpo in tempo reale,
e che in tanti rappresentarono
con una luce, con una sfera
regolare su un volto innocente,
o il patto degli astri
al di là di una silhouette congelata.

L’uccello stava immobile,
inchiodato a un palo al fianco
della strada.

Riceveva una brezza che non aveva inizio
né fine
e guardava al di là dei suoi occhi
come chiedendo scusa.

Quello che veniva con me provò a staccarlo,
avvicinò la mano e subito la ritirò.
Sembra un uccello rapace, disse.

Ci allontanammo per riprendere il cammino,
però mi voltai dopo una trentina di passi.

Non vidi armi sotto le sue ali.

Non mi sembrò un uccello rapace.


ESPECIE

Un río inmenso corre dentro de mí
como si corriera en la más terca profundidad.

Respiran en su orilla animales sedientos
que se alimentan de unos ojos
cansados y pequeños,
y todo les parece limpio.

El ruido se acompasa,
corre por calles estrechas.
El ruido golpea las ventanas,
corre también sobre la Ruta Dos
y corre encima de una plaza abandonada.
El ruido ahora se hace blando.

Animales sordos.
Animales que beben y comen
para alargar su vida.

Animales que vuelven a su río miserable,
y todo les parece limpio.


SPECIE

Un fiume immenso scorre dentro di me
come se corresse nella più ostinata profondità.

Alla sua riva respirano animali assetati
che si alimentano di occhi
stanchi e piccoli,
e tutto gli sembra pulito.

Il rumore si adegua,
corre per anguste vie.
Il rumore percuote le finestre,
corre anche per la Ruta Dos
e corre fin su la piazza deserta.
Ora il rumore si fa leggero.

Animali sordi.
Animali che bevono e mangiano
per allungare la propria vita.

Animali che tornano al loro misero fiume,
e tutto gli sembra pulito.


VIDAS PRIVADAS

La muerte es pan de cada día.
El veintiséis de marzo, por ejemplo,
se quebró la última copa de aquel juego italiano.
Al llegar el invierno perdimos una caja
y en su vientre
se fue una antigua foto de mis padres.

La muerte es a cada momento.
Hace un año murió el perro de la casa
y recién ayer me di cuenta.

Todos los días muerte.
Un choque enterró lo que pensaba
de ciertos obstáculos.
La botella se agota y se recarga
como en los peores sueños,
se agota y se vuelve a llenar cuando
rebasamos el pequeño humilladero
que todos llevamos dentro.


VITE PRIVATE

La morte è pane di ogni giorno.
Il ventisei marzo, per esempio,
si è frantumato l’ultimo bicchiere del servizio italiano.
All’arrivo dell’inverno abbiamo perso una cassa
e nel suo ventre
se n’è andata un’antica foto dei miei genitori.

La morte c’è in ogni istante.
Un anno fa è morto il cane di casa
e solo ieri me ne sono accorto.

Morte tutti i giorni.
Uno scontro ha sotterrato ciò che pensavo
di alcuni ostacoli.
La bottiglia si svuota e si ricarica
come nei peggiori sogni.
si svuota e torna a riempirsi quando
passiamo per il piccolo tabernacolo
che tutti abbiamo dentro.


SIEMPRE LLEGAMOS TARDE

Siempre alguien estuvo antes aquí.
Siempre llegamos tarde.

Cualquier cosa que uno haga,
por ejemplo meter la cabeza en un balde viejo,
es como ahogarse en eso que llaman memoria.

El puño enrojecido
de tanto apoyar una cara de pensador
sobre codos y rodillas
es parte de una agenda,
de una carta, quizás,
que ensayamos en una libreta
a medias abandonada.

Pero se abre la cabeza,
se echa un poco de vino
y ya tenemos la vida resuelta:
todo tiene gusto a tierra.

Da lo mismo si te insultan por teléfono.
Todo tiene gusto a tierra,
porque en este lugar prometido
siempre alguien estuvo antes aquí.
Siempre llegamos tarde.


ARRIVIAMO SEMPRE TARDI

Qui, prima, c’è stato sempre qualcuno.
Arriviamo sempre tardi.

Qualsiasi cosa si faccia,
per esempio infilare la testa in un vecchio secchio,
è come affogare in quello che chiamano memoria.

Il pugno arrossato
a forza di sostenere un volto da pensatore
su gomiti e ginocchia
è parte di un’agenda,
forse di una lettera
abbozzata in un taccuino
e a metà abbandonata.

Ma si apre la testa,
si butta un po’ di vino
e abbiamo la vita risolta:
tutto ha il sapore della terra.

La stesso se t’insultano al telefono.
Tutto ha il sapore della terra,
perché in questo luogo promesso
qui, prima, c’è stato sempre qualcuno.
Arriviamo sempre tardi.


UNA CASA

Cómo nos vamos a enterrar contra el suelo
para construir una casa tan precaria.

Una casa donde vivan los vivos
y los otros.

Una casa de fierros, piedras,
con tubos de pvc retorcidos
y kilómetros de cables
por donde pasa la luz que apasiona a los muertos
y a los otros.

Y la luna llena estos ojos vacíos.


UNA CASA

Per quale motivo seppellirsi nella terra
per costruire una casa tanto precaria?

Una casa dove vivano i vivi
e gli altri.

Una casa di ferri, pietre,
contorti tubi in pvc
e chilometri di cavi
dove scorre la luce che entusiasma i morti
e gli altri.

E la luna riempie questi occhi vuoti.


OTRA VEZ FUIMOS AL CAMPO

Atravesamos uno de esos bosques
bajo el perfume y la media sombra
hasta que llegamos a un claro.

Ella, que me sostenía de la mano,
me soltó para enseñar el poder
que engendra cierta luz sobre la gente.

A medida que entramos en el silencio
parecía perder el peso que la sujetaba al suelo.

Un poder que se mueve formando curvas:
y que atrae, repele, atrae, repele.

Nos quedamos mirando esa luminosidad,
sabiendo que tarde o temprano
lo interno se ajustaría con lo externo.

Ella me invitó a seguir, pero elegí
dar media vuelta e irme.

Irme, después de todo, es algo
que estoy perfeccionando con el tiempo.


ANDAMMO DI NUOVO IN CAMPAGNA

Attraversammo uno di quei boschi
sotto il profumo e la penombra
fino a giungere in una radura.

Lei, che mi teneva per mano,
mi lasciò per mostrare il potere
che una certa luce genera sugli uomini.

Man mano che entrammo nel silenzio
sembrava perdere il peso che la bloccava al suolo.

Un potere che si muove formando curve:
e che attrae, respinge, attrae, respinge.

Restammo a fissare quella luminosità,
sapendo che prima o poi
l’interno si sarebbe saldato all’esterno.

Lei m’invitò a proseguire ma scelsi
di voltarmi e andar via.

Andarmene, tutto sommato, è qualcosa
che sto perfezionando con il tempo.


FORMAS DE VIDA

Entré de pronto en ese costado frío
pensado por la luz,
soñado por el tiempo.

Siempre hay algún individuo,
alguna minoría
viviendo en el espejo.
En esta ocasión
estaba ella como una cosa nueva
para ser creída por mis ojos.

Podría decirse que es dura
la ocupación de un espejo.
Pero, una vez adentro,
el solo acto de reflejar
no explica su existencia.

Mientras sigo pensado por la luz,
escucho en silencio los pequeños estallidos
del cuerpo que se pudre
y espero aquel instante
en que me empiece a desear la sombra.


FORME DI VITA

Rapido entrai in quel fianco freddo
pensato dalla luce,
sognato dal tempo.

C’è sempre qualcuno,
una minoranza
che vive nello specchio.
In questa occasione
c’era lei come una cosa nuova
per essere creduta dai miei occhi.

Possiamo dire che è dura
l’occupazione di un specchio.
Ma una volta all’interno
il solo atto di riflettere
non spiega la sua esistenza.

Seguito ad essere pensato dalla luce
e ascolto in silenzio i deboli scoppiettii
del corpo che marcisce
e attendo l’istante
in cui inizia a desiderarmi l’ombra.


LA VIDA SIN PALABRAS

Nos vamos dando vueltas.
Vueltas en la cama, en el trabajo,
en las calles cuadradas donde los perros
ya están aprendiendo a cruzar.

Y de tanto decir estupideces
las cosas se empiezan a pulir;
uno las toca y ya los bordes
no son tan filosos como antes,
los colores entran apenas en el ojo
y cuesta cada vez más sacar la verdad de la boca.

La gente dice «cantos rodados»,
para ilustrar
aquello que se ha gastado tanto,
como un sol que sigue sumergido.

Y nos vamos dando vueltas,
vueltas en la memoria, en el monte,
en la biblioteca circular donde los ciegos
tienen que leer a tientas.

Descubrimos que la palabra «árbol»
contiene varios miles de especies.

Casi no vale la pena decir nada,
pero aún sabemos, como los perros,
exactamente cuándo ladrar.


LA VITA SENZA PAROLE

Facciamo dei giri.
Giri nel letto, al lavoro,
nelle strade quadrate dove i cani
apprendono ad attraversare.

E a forza di dire cretinate
le cose iniziano a levigarsi;
uno le tocca e già i bordi
non sono affilati come prima,
a fatica i colori entrano nell’occhio
ed è più faticoso cavare la verità dalla bocca.

La gente dice “pietre consunte”,
per illustrare
ciò che s’è tanto logorato,
come un sole che resta sommerso.

Facciamo dei giri,
giri nella memoria, sul monte,
nella biblioteca circolare dove i ciechi
devono leggere a tentoni.

Scopriamo che la parola “albero”
accoglie migliaia di specie.

Quasi meglio non dire nulla,
ma sappiamo ancora, come i cani,
quando è il momento di abbaiare.


SE AVECINAN HORAS DE MUCHO TRABAJO

Me miraste sólo una vez.

Yo trabajaba en el bosque,
un bosque pequeño
donde hacía milagros con el hacha.

Puedo decir que los conocía a todos.
A todos los árboles.
A cada uno de los que oscilan
en la vida silenciosa.

Ahora salgo en tu mirada
cuando se enciende como los vidrios ardidos.
Salgo en tu mirada y me azoto
contra las ramas y los troncos
del mundo que ves.

Ellos me podrían hacer polvo,
pero se quedan callados.


SI AVVICINANO ORE DI MOLTO LAVORO

Mi hai guardato solo una volta.

Lavoravo nel bosco,
un piccolo bosco
dove facevo miracoli con l’ascia.

Posso dire che li conoscevo tutti.
Tutti gli alberi.
Tutti quelli che oscillavano
nella vita silenziosa.

Ora appaio nel tuo sguardo
quando si accende come vetri arditi.
Appaio nel tuo sguardo e mi flagello
contro i rami e i tronchi
del mondo che vedi.

Loro potrebbero ridurmi in polvere,
ma restano in silenzio.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Daniel Calabrese
è nato a Dolores (nella provincia di Buenos Aires) nel 1962 e vive in Cile.
Ha pubblicato i libri di poesia: La faz errante (Mar del Plata, 1989, Premio Alfonsina Storni), Futura Ceniza (Barcelona, 1994), Escritura en un ladrillo (bilingue spagnolo-giapponese, Kyoto, 1996), Oxidario (2001) e Ruta Dos (Premio Revista de Libros de El Mercurio, Santiago, Cile, 2013).
Ha partecipato a numerosi festival e incontri poetici. Suoi testi sono stati pubblicati su riviste e antologie di poesia ispanoamericana. Parte del suo lavoro è stata tradotto in inglese e in giapponese. Ha fondato e dirige Ærea, Annuario ispanoamericano di poesia e traduzione. È direttore di pubblicazioni di RIL editori, a Santiago (Cile).

(foto di J. J. Salvador)


alexbrando@libero.it