Giovanni si era accorto oramai da tempo che in casa un argomento era diventato di pressante attualità. Non si trattava di una questione di politica o di economia, no; era un soggetto che non coinvolgeva le sorti della nazione, ma catturava ugualmente l’attenzione di tutta la famiglia, composta da padre e madre impegnatissimi, un fratello e una sorella maggiori con i quali era perennemente in disaccordo, più un nonno arzillo e pieno di trovate geniali.
Immaginate l’argomento? Il miglior lavoro che Giovanni potesse fare nella vita.
L’accesa discussione era nata per il fatto che Giovanni fosse il più piccolo della famiglia e tutti si sentissero perciò in dovere di esprimere il loro parere sul suo futuro.
Il nonno parlava con grande nostalgia del proprio passato militare e sognava per il nipotino un fulgido futuro nell’esercito, carriera nella quale naturalmente avrebbe raggiunto i vertici, viste le sue indiscusse doti diplomatiche e di fine stratega. Per affermare ciò il nonno si basava sulle proprie esperienze di testimone delle acute risposte che Giovanni dava ai fratelli e dell’abilità con cui riusciva a sottrarsi alle loro angherie da caserma.
Il papà sognava che Giovanni seguisse le sue orme e si affermasse come architetto. La sua abilità era testimoniata dalla perizia con cui aveva coperto di scarabocchi ogni foglio a disposizione e, a riprova della propria lungimiranza, conservava con cura tutti i disegni di Giovanni dalla scuola dell’Infanzia in poi.
La mamma scrollava la testa con malcelata ironia e non si capacitava del fatto che nessuno si accorgesse della bravura con cui Giovanni si dedicava allo studio del violino. Lei aveva sempre sognato di dedicarsi alla musica, ma in famiglia nessuno l’aveva incoraggiata e riteneva che i geni del talento musicale si fossero trasferiti tutti nel figlio. Non era forse una riprova anche l’invidia dei vicini che spesso la fermavano sulle scale per chiederle quanto sarebbe durata quella storia?
Il fratello non era d’accordo con nessuno di loro e nei rari momenti in cui non litigava con Giovanni, ammetteva che sarebbe stato un discreto calciatore. Certo non alla sua altezza di ala sinistra della squadra locale, ma con un costante impegno avrebbe potuto raggiungere dignitosi risultati.
La sorella partecipava con minor foga alla discussione, ma aveva anche lei un’idea precisa. Giovanni doveva dedicarsi all’informatica, la carriera del futuro. Lei era completamente negata con il computer e invidiava moltissimo la sua migliore amica, che lavorava come webmaster in una importante azienda cittadina.
Giovanni li ascoltava e taceva, ma non ne poteva più. Un giorno in cui si sentiva particolarmente sconsolato, decise di aspettare la fine della lezione e di confidarsi con il professore di italiano, l’insegnante con cui andava più d’accordo. Il professore ascoltò senza interromperlo.
“Non so quanto ti possa consolare, ma alla tua età è facile trovarsi in questa situazione.”
Giovanni non poteva credere alle proprie orecchie. “Vuol dire che capita anche ai miei compagni?”
“A molti di loro, sì, ne sono certo. E ci sono passato anche io. Spesso i genitori tendono a sopravvalutare le doti di un figlio perché desiderano che abbia successo nella vita e magari possa realizzare ciò che loro non hanno potuto fare. Magari poi si intromettono anche nonni e zii, fratelli e cugini. Stai tranquillo, non è nulla di nuovo e soprattutto di terribile. Sai che cosa veramente ti preoccupa?”
Giovanni non rispose e si limitò a scuotere la testa. Il professore proseguì. “È la paura di deluderli. Ti sei oramai accorto di quanto ognuno di loro tenga al proprio sogno e sai che se dovessi scegliere l’uno piuttosto che l’altro, inevitabilmente accontenteresti solo uno di loro.”
Giovanni si domandò come mai non ci avesse pensato da solo e concluse che il professore doveva essere un tipo davvero intelligente. “E come posso fare per evitare che succeda?”
“La soluzione è semplicissima: basta che tu decida da solo che cosa ti piacerebbe fare da grande. Dimentica che al mondo esistano i militari, gli architetti, i musicisti, i calciatori e gli informatici: credi che non ci siano altre professioni o altri mestieri?”
“Lei come ha capito che voleva fare il professore?”
“L’ho scoperto a poco a poco, accorgendomi che mi piaceva aiutare i miei compagni nello studio e che non davo ripetizioni solo per racimolare un po’ di soldi mentre frequentavo l’università. Per me era una grande soddisfazione far appassionare un ragazzino alla lettura, dargli modo di superare le difficoltà nell’esprimersi, aiutarlo a trovare un buon metodo di studio.”
“Veramente un’idea di ciò che vorrei fare da grande ce l’avrei già.”
“Benissimo, allora sei già a metà strada! Che cosa vorresti fare?” chiese il professore incuriosito.
Giovanni strusciò i piedi per terra e mormorò: “Sin da quando ero piccolo mi è sempre piaciuta tanto la campagna. Sono felicissimo quando posso andare alla cascina dove la mamma compera la frutta e la verdura, il latte e le uova. Però ho paura che se dicessi di voler fare il contadino, penserebbero che sia matto.”
“Guarda che per occuparsi della campagna non bisogna fare per forza solo il contadino.” lo interruppe il professore. “Hai mai sentito parlare di agronomia?”
Giovanni scosse di nuovo la testa mentre il professore tornava in classe e gli faceva segno di seguirlo all’armadio in cui c’erano i libri. Gli mise in mano il vocabolario e gli fece cercare la parola.
agronomìa s. f. [der. di agronomo]. – Scienza e pratica dell’agricoltura, intesa come applicazione dei principî scientifici alla coltivazione delle piante, in modo da ottenere la massima produzione, e all’utilizzazione dei prodotti agricoli. agrònomo s. m. (f. -a) [comp. di agro- e -nomo]. – Chi studia o professa l’agronomia sia pura sia applicata. In senso più strettamente professionale, chi, in possesso della laurea in scienze agrarie e abilitato all’esercizio della professione, applica le conoscenze agronomiche alla pratica agraria, nella direzione di aziende e industrie agrarie o quale funzionario in uffici pubblici o privati.
“Pensaci su e non avere fretta. Intanto comincia a far capire alla tua famiglia che potresti avere un’idea del lavoro diversa dalla loro. Vedrai che forse all’inizio se la prenderanno un po’, ma piano piano dovranno accettare il fatto che tu abbia le idee chiare e finiranno con il darti tutto il loro appoggio.”
Quel giorno Giovanni tornò a casa più tranquillo e capì di avere tutto il tempo che voleva per decidere. Smise di preoccuparsi delle discussioni in famiglia e quasi non se ne accorse più. O forse qualcuno aveva notato i libri che Giovanni aveva incominciato a comperare e si stava accorgendo che qualcosa stava cambiando?
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