FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 22
aprile/giugno 2011

Miti & Leggende

 

ALBERO DEL TEMPO
La poesia di Alfonso Chase

di Alessio Brandolini



ARTE POÉTICA

IV

Despertar es morir.
El sueño resucita,
ilumina el olvido
y es prodigio que cae de súbito
en la carne.
Todo queda en la cima
de este mundo invasor de los sentidos
y en el vértigo tibio
de otra carne.
Mundo inmenso de sangre y de ternura
se deshace
y fugitivo
se arrastra como asedio.
A mi verdad se asoma.
Yo no respondo.
Me ensimismo.
Yo no le busco,
la soledad le empuja
a mi camino.
Semejante a un cristal se quiebra
el mundo.
Encuentro al sueño.
Mas no perdura:
oscuro espejo dentro de mí
no le retengo.


ARTE POÉTICA

IV

Svegliarsi è morire.
Il sonno resuscita,
illumina l’oblio
ed è prodigio che all’istante entra
nella carne.
Tutto resta al culmine
di questa mondo invasore dei sensi
e nella vertigine tiepida
di un’altra carne.
Mondo immenso di sangue e tenerezza
si disfa
e fuggiasco
si trascina come assedio.
Alla mia verità si affaccia.
Io non rispondo.
Rimango assorto.
Io non lo cerco,
la solitudine lo spinge
nella mia strada.
Simile a un vetro si frantuma
il mondo.
Incontro il sonno.
Ma non perdura:
oscuro specchio in me
non lo trattengo.


ÁRBOL DEL TIEMPO

II

Cae el andamiaje de los cuerpos.
Gime lo que no decimos
y se duerme el invierno en los ojos,
creciendo, tirando,
volcando a hachazos el bosque de las palabras inútiles,
golpeando también
nuestra desnudas máscaras.


ALBERO DEL TEMPO

II

Cade l’impalcatura dai corpi.
Geme quello che non diciamo
e s’addormenta l’inverno negli occhi,
crescendo, tirando,
rovesciando a colpi d’ascia il bosco delle parole inutili,
percuotendo anche
le nostre nude maschere.


IV

Que la palabra rompa, hiera,
que se clave justamente en el corazón del hombre.
No haya palabras vacías,
frases hechas y respuestas girando
como veletas muertas.
Ir por el mundo derribando estatuas,
socavando abismos,
despeñándonos a tientas
en nuestros propios silencios.
Dividir todas las murallas,
abofetear al otoño falso
que nunca hemos conocido
y así llegar hasta la líquida raíces
de los sueños.


IV

Che la parola spezzi, ferisca,
che s’inchiodi proprio nel cuore umano.
Non ci siano parole vuote,
frasi fatte e risposte che girino
come banderuole morte.
Andare per il mondo abbattendo statue,
scavando abissi,
precipitandoci a tentoni
nei nostri silenzi.
Dividere tutte le muraglie,
schiaffeggiare l’autunno falso
che mai abbiamo conosciuto
e giungere così alle liquide radici
dei sogni.


V

No somos nadie y somos todos.
Nos descubrimos los unos a los otros
en palabras,
en símbolos de dioses
o en la mirada ciega de la madre solitaria
que nos aguarda en las noches de vigilia.
Todo es un asombrarse mutuo.
Un fulgor que se congela desde siempre
y acaba hecho un pozo de sed.
No hay nada.
Giramos. Volvemos siempre
a un mismo punto:
el sol, la noche, el nombre de un amigo
nos miran desde siempre.
Somos un largo corredor vacío
que no recorre nadie,
una frente rota de la que saltan
pájaros, llamas o fantasmas.


V

Non siamo nessuno e siamo tutti.
Ci scopriamo l’un l’altro
in parole,
in simboli di dèi
o nello sguardo cieco della madre solitaria
che ci aspetta nelle notti di veglia.
Tutto è un mutuo meravigliarsi.
Un fulgore che da sempre si congela
e si converte in un pozzo di sete.
Non c’è nulla.
Giriamo. Torniamo sempre
a uno stesso punto:
il sole, la notte, il nome d’un amico
ci guardano da sempre.
Siamo un lungo corridoio vuoto
che nessuno percorre,
una fronte rotta dalla quale saltano
uccelli, fiamme o fantasmi.


VIII

Súbitamente estoy de nuevo ante mi sombra.
Me persigo en el naufragio
de oscuras sílabas
y siento en la garganta el rumor
de altos vientos.
Me miro desde mí mismo
y me recorro.
Algo leve me hiere y escucho otro silencio
tras de otro sonido.
Sin rumbo.
Enclaustrado en celdas translúcidas
que no puedo romper,
me parezco
a uno que todavía no ha nacido.
La cosas fugitivas nos rondan
de extrañas maneras.
Usamos hábitos conocidos,
palabras sólidas y palabras huecas
para volver a un mismo punto: nosotros.
Los demás permanecen y son uno,
se escuchan unos a otros y dividen su linaje único.


VIII

All’improvviso sono di nuovo davanti alla mia ombra.
M’inseguo nel naufragio
di oscure sillabe
e sento in gola il rumore
di alti venti.
Mi guardo da me stesso
e mi percorro.
Qualcosa di lieve mi ferisce ed ascolto un altro silenzio
dopo un altro suono.
Senza rotta.
Rinchiuso in celle traslucide
che non posso rompere,
somiglio
a uno che ancora non è nato.
Le cose fuggitive ci girano attorno
in strani modi.
Usiamo abitudini conosciute,
parole solide e parole vuote
per ritornare a uno stesso punto: noi stessi.
Gli altri rimangono e sono uno,
si ascoltano l’un l’altro dividendo il loro unico lignaggio.


X

Estoy de nuevo en mi principio.
Hay peces extranos que de pronto saltan
como pájaros ensangrentados
picoteándonos el pensamiento.
Hay conjunción de amantes
guardadores de secretos ácidos
y frescas humedades y tactos de musgo
avanzando oscuramente.
Cuerpos en los que nos incrustamos
como jabalinas
y somos uno y todos a la vez
en el momento del vértigo
o en el del abandono.


X

Sono di nuovo nel mio principio.
Ci sono pesci strani che all’improvviso saltano
come uccelli insanguinati
e ci beccano il pensiero.
C’è congiunzione di amanti
guardiani di acidi segreti
e fresche umidità e percezioni di muschio
che avanzano oscuramente.
Corpi nei quali ci conficchiamo
come giavellotti
e siamo uno e tutti allo stesso tempo
nel momento della vertigine
o in quello dell’abbandono.


XI

Sepultamos los gestos.
Obstruimos el paso de la lluvia.
Soñamos con un cuerpo o con un rostro,
da lo mismo si todo se desploma.
Fabricamos historias
con retazos de asombros infantiles
y arañamos al sueño agonizante,
a la alegría que ciega,
al último espasmo
de un cuerpo extranjero.


XI

Seppelliamo i gesti.
Ostruiamo il passo alla pioggia.
Sogniamo un corpo o con un viso,
non importa se tutto precipita.
Fabbrichiamo storie
con scampoli di stupore infantile
e graffiamo il sonno agonizzante,
l’allegria che acceca,
l’ultimo spasmo
di un corpo straniero.


GENEALOGÍA DEL AGUA

IV

Agua. Caracolas o espirales girando,
nubes y pájaros y cielos
volcados de pronto entre tus ojos.
Vibraciones. No reposo del cuerpo
que en su centro perfecto y escondido
todo gira.
Agua. Espuma abriéndose paso por tus venas,
largas anguilas partiendo claridades
y orillas inmensas que se extienden
de las manos al aire, de la frente al cielo.
Agua. Agua. Pausas rotas y follajes
que crecen y avanzan en los ojos.
Una flor el viento trae.
Una indefensa flor de pétalos quebrados
que cae sobre el agua,
incorporándose a la verde
viva eternidad gozosa de tus ojos.


GENEALOGIA DELL’ACQUA

IV

Acqua. Conchiglie o spirali che ruotano,
nuvole e uccelli e cieli
rovesciati all’improvviso nei tuoi occhi.
Vibrazioni. Non riposo del corpo
che nel suo centro perfetto e nascosto
tutto gira.
Acqua. Schiuma si fa strada nelle tue vene,
lunghe anguille dividendo chiarezze
e spiagge immense che s’estendono
dalle mani all’aria, dalla fronte al cielo.
Acqua. Acqua. Pause spezzate e fogliami
che crescono e avanzano dentro gli occhi.
Un fiore portato dal vento.
Un indifeso fiore dai petali frantumati
che cade nell’acqua,
incorporandosi alla verde
viva eternità gioiosa dei tuoi occhi.

Testi tratti da Árbol del tiempo (Albero del tempo, 1967)


RÉPLICA

Envejecer es tarea desagradable, no lo niego.
Rodeado de objetos comunes, vajillas plásticas,
cornamentas colgando en el vestíbulo,
trajes tenuemente coloreados por el tiempo
y un reloj reluciente, señalando el paso.
Envejecer puede ser oficio digno
cuando se tiene cerca la mano de la muerte
y se aprende a ser su amigo y nunca el adversario.
Es importante amar para saber envejecer.
En singular, o en plural, la vida adquiere
un tono diferente.
Se vive para morir, abierta la sonrisa.
Como si la muerte fuera una mariposa
y el seguir erguido, entre la muchedumbre,
el dulce oficio de saberse eterno
bajo el rocío de la mañana.


REPLICA

Invecchiare è compito spiacevole, non lo nego.
Circondato di oggetti comuni, stoviglie di plastica,
corna appese all’ingresso,
abiti delicatamente colorati dal tempo
e un orologio rilucente che segna il passo.
Invecchiare può essere un degno mestiere
quando si sta accanto alla mano della morte
e s’impara a essere suo amico e mai avversario.
È importante amare per saper invecchiare.
Al singolare, o al plurale, la vita acquista
un tono differente.
Si vive per morire, aperto il sorriso.
Come se la morte fosse una farfalla
e il seguire eretti, tra la moltitudine,
il dolce mestiere di sapersi eterno
sotto la rugiada del mattino.

(1990, da www.artepoetica.net)


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




ALFONSO CHASE
è nato a Cartago, in Costa Rica, nel 1944 e vive a San José. Di formazione autodidatta ha poi svolto corsi di studio nel suo paese e all’estero (Messico, Stati Uniti, Venezuela). Esordisce come poeta nel 1966 con la raccolta Los reinos de mi mundo, seguita, l’anno successivo da Árbol del tiempo, forse il libro più importante e bello del suo percorso poetico. Nei primi lavori s’intrecciano diverse influenze: quella americana del movimento beatnik, della tradizione poetica del proprio paese e quella colloquiale. Nelle raccolte successive l’impegno sociale e per il futuro del proprio paese appaiono più marcati. Ha pubblicato tre romanzi e diversi libri di racconti per bambini. Suoi testi poetici sono inseriti nelle antologie del suo paese e del Centroamerica. Ha svolto un importante lavoro di riscoperta e valorizzazione di poeti dimenticati o poco noti del suo paese, come Carmen Lyra, Eunice Odio e Yolanda Oreamuno.

Raccolte poetiche

  • 1966   Los reinos de mi mundo
  • 1967   Árbol del tiempo
  • 1972   Cuerpos
  • 1975   El libro de la Patria
  • 1978   Los pies sobre la tierra
  • 1983   El tigre luminoso
  • 1988   Cultivo una rosa blanca
  • 1991   Entre el ojo y la noche
  • 1995   Jardines de asfalto

Antologie

  • 1982   Obra en marcha (poesía 1965-1980)


alexbrando@libero.it