FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 10
aprile/giugno 2008

Identità & Conflitto

DESTINAZIONE BUZESCU

fotografie e testo di Giorgio Cosulich



Tutto quello che sapevo di Buzescu era che si trattava di un nuovo insediamento stanziale di Rom in Romania, a nord del paese, nel raggio di 700 Km. dalla città di Arad. e tutto quello che avevo erano alcune fotografie riportate su una rivista francese dalla cui redazione non fui in grado di avere ulteriori informazioni. Arrivai a destinazione ed ingaggiai Flavius, un ragazzo sveglio del luogo, con auto e contatti di vario tipo. Ci incontrammo nel mio albergo e lui mi disse subito "Io conosco puttane, poliziotti e criminali. Possiamo arrivare dove vuoi." Mi disse anche che sapeva dove trovare le case zingare che cercavo. Mi sentii a cavallo.
Il fenomeno degli insediamenti stanziali zingari risale ad una decina di anni fa e nasce dall'esigenza primaria di testimoniare il passaggio su questa terra di un popolo nomade, che per tradizione non lascia tracce dietro di sè. Case e palazzine in muratura hanno cominciato a spuntare come funghi sia in Romania, che in Moldavia, in Bosnia e generalmente nell'area dell'est europeo. In Romania, per ciò che l'esperienza mi ha mostrato, questi insediamenti nascono in forma sparsa, con qualche casa che sorge limitrofa alle abitazioni dei rumeni, in paesini e cittadine già esistenti come Lipova, Syria, Strehaia, Timosoara, soprattutto a nord e ad ovest del paese. Ma questo non era il caso di Buzescu, un insediamento che aveva dato origine ad un vero e proprio agglomerato urbano puro, di sole abitazioni, senza servizi né infrastrutture. Buzescu, nasce intorno al 2000, in mezzo al nulla della sterminata e deserta campagna rumena.
Nonostante le ricerche, e oltre 3000 Km. percorsi, ciò che Flavius mi aveva fatto scoprire nella prima settimana di permanenza erano state case zingare sparse qua e là all'interno di villaggi rumeni.

Tre giorni prima del rientro previsto, decisi che Arad e dintorni non potevano più darmi nulla, così decisi di tornare a Bucarest per passare almeno un paio di giorni a girare per la città.
Avevo scattato molte fotografie, ma non c'era Buzescu, e non potevo far finta di essere contento e soddisfatto, forse avrei dovuto rifiutare l'incarico che mi era stato affidato dal Festival della Fotografia di Roma. Questi pensieri si rincorrevano nella mente, mentre in aereo tornavo a Bucarest.
Arrivai all'aeroporto nazionale, dove non ci sono taxi perché non si fanno buoni affari come nell'aeroporto internazionale Otopeni, e mi ricordai che all'andata avevo conosciuto un tassista, Florin, lo chiamai.
Era un uomo buono, piccolo di statura e dedito al lavoro ed alla famiglia. Parlava uno strano italiano, a volte incomprensibile, mi ospitò a casa sua perché non avevo un posto dove andare. Lui e sua moglie Maria furono ospitali e calorosi, e parlando a cena con loro delle mie infruttuose ricerche, Florin mi disse che aveva sentito parlare di un paese simile, che stava a circa 200km da Bucarest. Avevo un solo giorno rimasto nel mio carnet delle occasioni e lo spesi per fare l'ultimo tentativo. Di buon mattino, Florin ed io ci mettemmo in macchina, incamminandoci pian piano verso destinazione. Viaggiavo con qualche speranza ma anche disilluso, non volevo un'altra delusione, anche se ero già pronto a subirla. Dopo circa 4 ore di viaggio, giungemmo all'inizio di un paesino sperduto nella verde campagna rumena. Florin fermò l'auto. "Questo dovrebbe essere il paese", mi disse indicandomi lo stradone. Aveva una terribile paura degli zingari, come del resto gran parte dei rumeni. Da queste parti si dice che i Rom siano cattivi e che rapiscano i bambini, di conseguenza tra zingari e rumeni non corre buon sangue, vivono separati sfiorandosi appena. Ma riuscii ugualmente a strappargli un giro veloce in auto, barricati dentro, fino in fondo allo stradone e ritorno, almeno per avere una visione globale del paese. Florin accettò, facemmo un giro rapidamente ed al ritorno si fermò esattamente nello stesso punto di prima. Spense l'auto, tirò fuori gli occhiali dal taschino della giacca, prese il giornale dalla tasca dello sportello e si mise a leggere. Ma avevamo trovato il paese fantasma! Le case sui ritagli del giornale erano proprio quelle. Scesi dall'auto e mi incamminai per il paese, un po' timoroso ma pieno di entusiasmo.




Il paese era formato da una strada asfaltata principale e da traversine laterali in terra battuta. In tutto 500 metri da capo a piedi. Una chiesa in stile cristiano-ortodossa, dipinta di giallo e di verde, con annesso cimitero zingaro, vegliava l'entrata in paese. Architetture molto particolari che oltre la comune immaginazione, architetture che sembravano riprese da fiabe del nord Europa, come "Hansel e Gretel". Ogni costruzione appartiene ad una sola famiglia, sia che si tratti di una palazzina a quattro piani che di una villetta con giardino. Lungo la strada di Buzescu tutti hanno diritto ad una casa, tutti hanno spazio per testimoniare della loro esistenza, ma non tutte le case sono uguali.



Per un Rom, la casa è un concetto nuovo, ben lontano da ciò che invece rappresenta per noi popoli stanziali: una casa equivale alla nostra automobile, più è grande e bella e luccicante e accessoriata, più si lascia intendere quanto il proprietario sia proporzionatamente ricco. Così Buzescu ha case più o meno sfarzose, più o meno imponenti, e tutte riportano sui tetti, rigorosamente rivestiti in zinco, grandi placche di rame con inciso il nome della famiglia intestataria della costruzione.
Gli interni sono molto curati nei dettagli ed ogni elemento decorativo, come marmi, stucchi, ori, mobilio, cristalli, porcellane, lampadari, è stato importato dall'estero senza badare a spese. La moltitudine di stanze non viene sfruttata, l'importante è averle, non arredarle, non viverle, l'importante è ostentare. Di fatto molte famiglie vivono principalmente in un paio di ambienti della casa, tra cui la cucina, lasciando il resto della casa vuoto e disadorno. Alcune famiglie dormono addirittura con la tenda nel giardino.



 



 



 



Durante la mia breve passeggiata avevo constatato la presenza di diversi operai rumeni al lavoro nei vari cantieri edili, intenti a costruire nuove case. Il disegno architettonico è opera degli zingari, mentre la costruzione vera e propria è relegata ai rumeni, che i Rom considerano inferiori. Dopo un'ora circa della mia presenza sul luogo, avvertii che era giunta l'ora di andar via, così come mi fece capire la gente senza troppe parole.



Tornato in Italia la mostra fu allestita in tempo, ma l'esperienza mi aveva comunque lasciato dentro un senso di incompiuto, tanto che l'anno seguente decisi di tornare. Questa volta però cercai un contatto che mi permettesse di entrare a Buzescu con maggiore tranquillità. Faticosamente ero riuscito a conoscere Radu, uno zingaro che vive in un campo nomadi italiano, in procinto di partire per la Bucarest, e con gli anziani del campo organizzammo il viaggio.
Un mese dopo ero nuovamente in Romania, ospite a casa di Radu e della sua famiglia e avevo ricontattato Florin, il quale in auto ci portò nuovamente a Buzescu. Riuscimmo ad entrare in altre case, a parlare con i proprietari, ci offrirono da bere e da mangiare, regalai loro tavolette di cioccolata al cappuccino. Tornammo ancora un paio di ore al giorno per i successivi tre giorni, non di più, perchè dopo poco tempo si avvertiva comunque l'insofferenza degli abitanti del villaggio.


Tornai in Italia più soddisfatto, ma con la certezza che Buzescu era un progetto ancora da terminare.

 

giorgio.cosulich@fastwebnet.it