FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 9 gennaio/marzo 2008 Luoghi narrati |
LA POESIA DI ENRIQUE GRACIA TRINIDAD a cura di Pablo Luque Pinilla |
La poesía sería sublime si los poetas no nos empeñásemos en escribirla. La poesia sarebbe sublime se noi poeti non ci ostinassimo a scriverla. Enrique Gracia Trinidad |
Enrique Gracia Trinidad, nato a Madrid nel 1950, è autore di un'opera poetica molto vasta, cresciuta parallelamente alla sua attività professionale in ambito culturale come conferenziere, rapsodo, voce recitante, docente di laboratori letterari, coordinatore di concorsi di poesia e collaboratore con diversi mezzi di comunicazione. Proprio in virtù di questa sua attiva partecipazione in ambito letterario, è autore di numerosi articoli, biografie, sceneggiature per eventi culturali, testi di cataloghi e conferenze. Dirige il Recital Poetico "Poetas en vivo" organizzato da Caja Madrid presso la Biblioteca Nacional Española, ciclo di letture poetiche dal vivo, inaugurato nel 1996 e che da allora si rinnova ogni anno. Gli autori che hanno partecipato a queste letture fino al 2001 sono stati raccolti nell'omonima antologia. Insieme a Xu Zonghui ha curato l'antologia bilingue spagnolo-cinese di poesie della Cina medievale, Cantos de amor y de ausencia (2002). La sua produzione personale comprende le seguenti raccolte di poesie: Encuentros (1973), Canto del último profeta (con adattamento musicale nel disco Abolición, 1978; edizione non in vendita, 1988), Crónicas del Laberinto (1992), A quemarropa (1993), Restos de Almanaque (1994), Tiempo de Apocalipsis (in Contrafábula. Poesía 1973-2004, 2004), Historias para tiempos raros (1995), La pintura de Xu-Zonghui (1995), Siempre tiempo (1997), Contrafábula. Poesía 1973-2004 (2004), Todo es papel (2002), Juego de Damas (edizione non in vendita, 2005), Sin noticias de Gato de Ursaria (2005).
La sua poesia si mostra attenta, innanzitutto, a tutte le questioni umane, affrontate sempre in modo crudo e diretto. Con vocazione da testimone, senza girarci attorno, EGT si misura con le questioni di carattere vitale a quemarropa1, a bruciapelo, facendo suo il celebre verso di Terenzio: "homo sum, umani nihil a me alieno puto". Così, la sua poesia ci trascina attraverso il fango della vita/scrittura che ci interessa proprio perché ci sporca e ci porta, a furia di spinte, fino al luogo delle nostre inquietudini e delle nostre incertezze, con una tenerezza e vicinanza che finiscono ogni volta per conquistarci e renderci complici. La sua opera è percorsa dal dualismo tra disincanto e speranza: l'amore, spesso, è delusione dell'esperienza amorosa, ma allo stesso tempo centro di attenzione permanente; Dio, un esiliato di lusso, considerato distante, lontano, anche se sembra, in realtà, che si desideri vicino, tanto che lo si invita a sedersi al proprio fianco; la solitudine, una costante, ma anche un'inesauribile fonte di ispirazione; la quotidianità, motivo di fastidio e di gioia; la tristezza, protagonista indiscussa delle sue poesie, trattata spesso, però, come un trampolino da cui prendere la spinta per immergersi in pieno nella vita; il tempo, un'inclemenza, qualcosa di estraneo, ma al contempo permanente e sicuro. Infine, la scrittura, uno sguardo sull'uomo e la sua realtà, un gesto d'amore, un'azione, che diviene oggetto, però, di riflessione in un intero libro, Todo es papel, in cui troviamo buoni esempi di metapoesia. In conclusione, come afferma José Pulido, «la poesia di Enrique Gracia Trinidad, ha un valore intrinseco, è come un acquazzone o un frutto. Scoppietta, crepita, addolcisce, conia amarezze e dolcezze, dopo essere riuscita a fluire dall'uomo»2, e aggiunge: «è una poesia in cui c'è tutto. Se fosse un vaccino, ci salverebbe dalla disperazione, facendoci disperare. Se fosse una musica ci spaccherebbe dolcemente i timpani. Se fosse una preghiera, arriveremmo a conversare col sublime e otterremmo risposte universali al centro di una piazza comunale. Se fosse un respiro, ci staremmo amando».3 A questi interessi, così umani per quanto diversi, corrisponde un rigore tecnico impressionante. Così, il nostro autore si presenta come un maestro nell'uso del metro italiano, ma anche del verso composto e del poema in prosa. Non a caso, EGT è un affermato docente di diversi laboratori letterari in cui si sono formati alcuni buoni poeti delle nuove generazioni. Il suo stile è narrativo, con un linguaggio volutamente discorsivo e colloquiale, senza tralasciare per questo il gioco metaforico e l'impulso lirico. Nelle sue poesie è frequente ritrovare personaggi che sviluppano una trama, sul cui itinerario, poi, si svolge il tema poetico. Spesso si serve anche dell'umorismo, l'ironia, la satira cui si aggiunge una decisa vocazione per la poesia orale dal respiro recitativo. In questo modo, il nostro autore è riuscito a creare una voce di straordinaria originalità, desueta nell'ambito della poesia spagnola che, come si è già detto, finisce col provocare, quando la si legge o la si ascolta, una qualche forma di reazione emozionale, di paura, di tenerezza, in sostanza, di commozione. Per il resto, questa scrittura, dalle numerose e diverse influenze, ci ricorda in non pochi aspetti buona parte della poesia nordamericana della seconda metà del secolo scorso. Non invano, l'autore ha dichiarato in più di un'occasione la sua ammirazione per Walt Whitman, padre letterario di gran parte della lirica statunitense di quel periodo, di cui apprezza, in particolare, l'opera di Lawrence Ferlinghetti. Ma soprattutto riconosciamo EGT nella tradizione satirica e orale dei classici spagnoli. Nel primo caso, l'autore ha espresso spesso la sua vicinanza ai grandi cultori dell'ironia, dall'Arcipreste de Hita fino agli scrittori del siglo de Oro. Nel secondo, la sua poesia si collega alla lunga tradizione di poeti rapsodi, tra cui si trova León Felipe, poeta per il quale ha provato particolare interesse alla fine degli anni Sessanta dopo la lettura della sua Antología rota. Inoltre, ha confessato l'influenza sul suo lavoro, tra gli altri, dei versi di Pablo Neruda, César Vallejo, Miguel Hernández, Blas de Otero e Jaime Gil de Biedma. Per concludere, ci troviamo di fronte a una poesia sulla quale il suo maestro Juan Ruiz asserisce che se dovesse definirla «non direbbe "tenerezza", non direbbe "ingegno", non direbbe "lacerazione", non direbbe "umorismo", anche se tutte queste definizioni si possono benissimo applicare all'opera di questo madrileno. Sceglierebbe "rischio, originalità" e "tenerezza".»4 Originalità, rischio, vicinanza al lettore, linguaggio quotidiano e profondo senso umano, che collocano l'opera di EGT, poeta in pieno fermento creativo ai suoi cinquantotto anni, in una posizione di rilievo dell'attuale momento poetico spagnolo.
Traduzione di Gloria Bazzocchi 1È il titolo di una sua raccolta di poesie del 1993 [N.d.T.]. 2José Pulido, A manera de prólogo. La poesía es tiempo de gracia., in La poética del vértigo, Sevilla, Jirones de Azul, 2007, p. 15. 3Ibid., p. 16. 4Juan Ruiz Torres, Desgarro y ternura del poeta Enrique Gracia Trinidad, in «Ediciones Blancas», n° 47, Madrid, Asociación Prometeo de Poesía, edizione non in vendita, 2006, p. 5. |
POESIE DI ENRIQUE GRACIA TRINIDAD |
TE QUIERO
Jean Ythier todo se paraliza. Los asuntos más graves adelgazan, las noticias se duermen en los ordenadores, las solemnes estatuas bajan del pedestal, juegan al mus y pierden compostura. Algo queda en suspenso, quizás la vida o cualquier cosa de mayor importancia. Cuando alguien las pronuncia, Da igual que tú después te calles (De Restos de Almanaque, 1994)
E fa lo stesso È uguale che poi tu taccia
de un pasado sin boca para besar la orilla de otra existencia hermosa que nunca se ha tenido, a pesar de las fiestas del corazón en llamas. Juan Eduardo Cirlot de cuando sólo era una rana del estanque. Un instrumento más, y prescindible, de la orquesta de anfibios que rondaba a la noche. Una charca, lo sé, más que un estanque, pero era al fin y al cabo nuestra casa, palacio de los juncos, húmedo hogar que, sin esfuerzo, hicimos habitable solamente cantando, nada más que con brincos y con lodo. Nunca faltaron moscas, y era un gozo mirar los renacuajos asomarse directos a la vida. Luego, fueron llegando las princesas, con sus juegos de risas, con sus bolas doradas que dejaban perder para que yo las encontrase. A fuerza de besarme y de besarlas dejé de ser aquella rana y el estanque empezó a ser un problema. Ahora voy bien vestido, escribo versos, en el estanque han hecho una piscina y todo está muy limpio. Saludo con respeto, hago el amor de frente, y hasta es posible que algún día alguien piense que sirvo para algo. No está mal, pero fui más feliz cuando era rana. (De Restos de Almanaque, 1994)
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(NOTA IV) M 40 El automóvil se desangra sobre esta carretera, víctima ritual de su cuchilla blanca y afilada, dorsal espina rítmica, limadura de nieve incandescente para las cuatro en punto de la tarde de junio, mientras mínimas vidas se suicidan contra el frente de vidrio. Sin pensarlo, recojo en esta grabadora el olor del asfalto requemado, la insistencia del hierro protector de las veredas, los símbolos que anuncian el cambio de sustancia que aguarda tras la curva, la letanía milagrosa para el próximo cruce. Mi voz suena lejana, se mezclará después con el sonido del motor, música pendenciera, cuando escuche estas notas que a noventa por hora se defienden contra la soledad, contra el calor, contra la vida. (De Historias para tiempos raros, 1995)
L'auto si dissangua su questa strada, vittima rituale del suo coltello bianco e affilato, dorsale spina ritmica, limatura di neve incandescente alle quattro in punto del pomeriggio di giugno, mentre minime vite si suicidano contro il vetro davanti. Senza pensarci, raccolgo nel registratore l'odore dell'asfalto bruciato, l'insistenza del ferro a protezione dei marciapiedi, i simboli che avvisano del cambiamento di sostanza oltre la curva, la litania miracolosa per il prossimo incrocio. La mia voce risuona in lontananza, si mescolerà poi col suono del motore, musica fastidiosa, quando ascolterò queste note che a novanta all'ora si difendono contro la solitudine, contro il caldo, contro la vita. |
CONTRAFÁBULA
El mundo está repleto de insectos ahorradores, Así que tú, cigarra, Cigarra amiga, cantaré contigo, (De Siempre tiempo, 1997)
Questo mondo è pieno di insetti risparmiatori, Così che tu, cicala, Cicala, amica, canterò con te,
en el que no estaremos para nadie, y en el más favorable de los casos seremos una máscara de polvo maquillando los libros de alguna estantería. Escribir para un siglo, si es que llega, Hacer que las palabras naveguen al futuro Escribir por si alguien, algún día, (De Siempre tiempo, 1997)
Scrivere per un secolo, se arriva, Far sì che le parole navighino al futuro Scrivere se qualcuno, un qualche giorno,
que me acogieron sin condiciones oscura, un pantalón vaquero; hace frío y escojo una chaqueta de paño negro y los zapatos gruesos; la cartera, las gafas, el reloj, y a la calle otro día igual que siempre. Ante el primer escaparate el vértigo me asalta y me doy cuenta de que el frío a evitar es otro frío, que estoy casi desnudo: hoy salí como tantas otras veces con todo el corazón al descubierto. (De Todo es papel, 2002)
Iba haciendo el Camino de Santiago Me dejó su cayado, la venera, (De Juego de damas, 2002)
Percorreva il Cammino di Santiago, Mi lasciò il vincastro e la capasanta, |
GATO DE URSARIA MUESTRA SU DESALIENTO Quiero dejar constancia de estas horas, cedidas al embrujo de la alquimia, perdidas entre frascos y papeles, libros, polvo, colores que ya no pueden más, fracasos y silencios buscando una salida razonable. Pero en el fondo no quisiera dejar constancia ni incitar recuerdo -dura contradicción es mi deseo- Si me entregué al conjuro y a la búsqueda, de qué le sirve a nadie. Si mi existencia se hizo turbia, imprecisa, somnolienta; si rebosó la mesa de papeles, matraces y morteros: todo sin concluir, todo sin dar sentido, sin hallar respuesta, de qué vale insistir en que se sepa. Si hasta la luz agonizó en mi estancia, se reclinó en el polvo de los libros, y acusó a los rincones de urdir patrañas en la sombra, a quién va a interesar que yo lo diga. ¿Dejar memoria o convocar olvido? Ojalá lo supiera. (De Sin noticias de gato de Ursaria, 2005)
Voglio rendere note queste ore, cedute al fascino dell'alchimia, perdute tra pozioni e carte, libri, polvere, colori sfiniti, insuccessi e silenzi in cerca di una ragionevole via d'uscita. Ma in fondo non vorrei rendere noto nulla né indurre alcun ricordo - forte contraddizione è il mio desiderio - Se mi son dedicato allo scongiuro e alla ricerca, a chi giova saperlo? Se la mia esistenza si è fatta cupa, imprecisa, sonnolenta, se il tavolo si è riempito di carte, matracci e mortai: tutto senza una conclusione, senza dare un senso, senza trovare una risposta, perché insistere che si sappia? Se anche la luce agonizzava nella mia stanza, si adagiava sulla polvere dei libri, accusando gli angoli di ordire menzogne nell'ombra, a chi può interessare che io lo dica? Lasciar memoria o acclamare l'oblio? Se solo lo sapessi! |
LA ÚLTIMA DAMA
Cuando la muerte tiene ganas de jugar Y lo peor (Inédito)
Quando la morte ha voglia di giocare E il peggio
Si tú no estás, quién va a querer estar. Sé que andan de tertulia por la puerta, incluso Dios mira el reloj y fuma y se hace el remolón hasta que llegues. Entonces todos entrarán de golpe. (Inédito)
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