Eterna impotente
Mi raccontava di un pozzo secco. Delle camminate faticose lungo i confini tracciati con pietre. E la delusione. Ogni volta, le ultime volte. Arrivata all'alba, pompava con speranza, poi l'entusiasmo svaniva e restava la sete. Ormai nemmeno andava più. Piuttosto seguiva il suo vecchio nella ricerca dei tuberi tra la sabbia. Tuberi selvatici da spremere per ricavarci poche gocce, la sua caccia quotidiana.
Gli altri erano andati via, mi diceva, in un villaggio laggiù, vicino le alture, a cercare una condivisione violenta e difficile del suolo e dell'acqua. Lei no. non ne aveva avuto la forza e la voglia, convinta che il pozzo avrebbe di nuovo donato la sua acqua appena gli uomini e le donne cattive fossero andate lontano. Perciò mi pregava tutte le notti.
Mi chiedeva di anticipare la stagione delle piogge. "Tu che sei la Madre", questa era la preghiera "fa che non fuggano da mio padre le ultime forze". E riconoscevo nella sua la mia voce, la voce di tutte le figlie. E mi sentivo eterna e impotente.
Come spiegarle che nella mia funzione di madre universale non mi è dato interferire nel destino delle singole terre affidate agli uomini? Che sono per intero responsabili delle loro azioni? Che sta a loro predisporre comportamenti che non entrino in conflitto con le mie leggi generali?
Eppure mi sarebbe piaciuto assecondarla, mandare la pioggia ristoratrice sulla sua capanna, ridare colore ai campi, riempire di linfa gli arbusti, far germogliare di nuovo le erbe, restituire i pascoli alle gazzelle, il latte alle mucche... Se solo i suoi fratelli sparsi nei continenti più fortunati avessero ascoltato le mie esortazioni, oggi tutto questo sarebbe stato possibile!
Se avessero dato un po' d'attenzione ai mille segnali con i quali ho cercato di metterli in guardia, questa loro sorella avrebbe ancora l'acqua nel pozzo. Ma poi che i fratelli maggiori sono stati arroganti e sconsiderati, questa giovane donna è destinata a vedere suo padre morire di sete e lei stessa a seguirne la sorte.
È ingiusto ma inevitabile.