FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 8
ottobre/dicembre 2007

Tracce d'Europa

IL CINEMA A PAROLE

di Verónica Becerril


LE VITE DEGLI ALTRI
di Florian Henckel von Donnersmarck

L'Europa ha vissuto nel giro di qualche decennio due devastanti guerre mondiali, che non solo hanno lasciato dei bilanci orrendi alla storia dell'umanità in perdite di vite umane, ma hanno anche distrutto il mondo intellettuale e culturale dei paesi coinvolti.
A queste due Grande Guerre bisogna aggiungere la spaccatura dell'Europa, divisa tra filooccidentale e filosovietica, e la divisione della Germania con il suo muro di Berlino tirato in piedi nell'agosto del 1961 per bloccare l'emorragia demografica che avrebbe svuotato la RDT, visto che in quindici anni erano stati tre milioni i tedeschi orientali passati in occidente. Una spaccatura, un barriera nel cuore dell'Europa che la divide in due. E un muro lungo 46 chilometri che taglia Berlino: un evento vergognoso che purtroppo, oggigiorno, seguita a ripetersi in altri parti del mondo.

La RFT (Repubblica Federale Tedesca) e la RDT (Repubblica Democratica Tedesca) erano, per i giovani che non ricordano questo grande avvenimento storico, i due pezzi di una Germania che viveva da una parte guardando l'occidente e dall'altra guardando l'oriente, l'Unione sovietica. Ed è su questa zona della Germania che negli ultimi anni il mondo di celluloide ha girato di più: da "Good Bye Lenin" al recente La vita degli altri. Ci soffermiamo su quest'ultimo lungometraggio del 2006 del giovane e bravo esordiente Florian Henckel von Donnersmarck (Colonia, 1973), vincitore nel 2007 dell'Oscar quale Miglior Film Straniero. La pellicola ha inoltre vinto sette premi del Deutscher Filmpreis, che sono i premi del cinema tedesco, un Globo d'oro al miglior film in lingua non inglese, e tanti altri riconoscimenti.

Il film è ambientato nella Berlino Est del 1984, durante gli ultimi anni della RDT ed è un chiaro esempio di come si possa massacrare la cultura, controllandola e terrorizzandola fino al punto di renderla servile e insignificante. Colpisce parecchio il dato dei tanti suicidi in quegli anni nel mondo dell'arte e tra gli intellettuali, e come il protagonista riesca a sopravvivere allo sconforto grazie ai pochi amici che gli sono rimasti accanto e che credono davvero nell'essere umano, nell'arte, nella cultura e in una specie di "resistenza" che gli dà la forza di sperare e di agire.
Non è il caso di scendere nei dettagli del film perché secondo me dovete vederlo. Non aspettatevi la solita storia sulla triste e tetra Repubblica Democratica Tedesca retta da un regime comunista e guidata, dal 1971, da Honecker. Quella stessa dittatura che si sfalderà nel 1989, quando nell'estate inizieranno gli esodi massicci, aumenteranno le difficoltà economiche e il movimento popolare avrà la forza d'imporre le dimissione di Honecker, di aprire le frontiere e smantellare l'odioso muro di Berlino (9 novembre 1989). Poi, l'anno successivo, ci saranno le elezioni generali a dichiarare, dopo 45 anni, la riunificazione della Germania.


Bruxelles: un pezzo di muro di Berlno
collocato davanti al Parlamento europeo

Le vite degli altri è un film ben diretto che va al di là delle singole sofferenze dei personaggi, della paura che regna ovunque di vedersi accusati di qualcosa e quindi di perdere il lavoro o di essere arrestati, dei controlli per un semplice sospetto, della viltà di chi ha il potere, dei lunghi interrogatori e degli spionaggi maniacali dei servizi segreti della Stasi. È una storia intensa e delicata, incentrata sulla vita, sui valori e sul bisogno di vivere e di lottare in quello che si crede: può essere la propria "causa" (o quella alla quale ti hanno fatto credere), ma che a volte può essere sostituita da una realtà che si scopre all'improvviso, magari ascoltando (spiando di nascosto in un sottoscala) la "vita degli altri", appunto, una vita intensa e coraggiosa, fatta d'amore e gentilezza, e che ti fa spalancare e dire amaramente: mi sa che ho sbagliato tutto, ma forse non è troppo tardi per cambiare, forse posso fare ancora qualcosa di buono, di giusto, forse posso tornare a credere nell'essere umano. Magari nell'amore e nella giustizia.

Davvero commovente, intensa e convincente la prova di Ulrich Mühe (morto per un cancro allo stomaco nel luglio scorso) nel ruolo dell'inflessibile capitano della Stasi Gerd Wiesler: il suo idealismo non sfocia nel cieco fanatismo e la sua capacità d'ascolto lo porta a comprendere, e a ravvedersi.


Le vite degli altri (Das Leben der Anderen, 2006. Produzione: Germania).

Un film di Florian Henckel von Donnersmarck.
Con Martina Gedeck, Ulrich Mühe, Sebastian Koch, Ulrich Tukur, Thomas Thieme, Hans-Uwe Bauer, Volkmar Kleinert, Matthias Brenner.

 

vbecerril@periodistas-es.org